John Woo è tornato nella palestra di periferia. Dopo anni di film a budget alti, effetti visivi, storie epiche e durate lunghissime è tornato in America ma dalla porta sul retro, con un film piccolo e dalla trama che grida serie B. È tornato dove tutto era iniziato decenni fa con Senza tregua. Questo è il maestro che fa un film come una volta, senza manierismi e tutto quello che ha a disposizione uno con la sua credibilità e la sua carriera. È il maestro che dice ai registini: “Tenetemi la birra che c’ho un film d’azione da dirigere”.
Questa versione ridotta all’essenza di John Woo mantiene solo qualche vaghissima traccia dei suoi stilemi. In controluce proprio. Ci sono un paio di personaggi-purezza che vengono contaminati dalla violenza, proprio come spunto, ma in realtà il resto sembra più la trama di un film di Neveldine & Taylor (ve li ricordate? Che belli che erano….), uno che inizia in corsa. Nel senso proprio con il protagonista che corre sporco di sangue in fuga da criminali ma con il recondito fine di trovare una maniera per farli fuori mentre scappa. Perché e per come lo capiremo. Questo è un padre di famiglia on a mission, pronto a incattivirsi e allenarsi per una vendetta.
Il punto di tutto sarà l’assenza di parole, il limite autoimposto per fare un film che funzioni il più possibile con l’azione, ovvero con le immagini. Se c’è una cosa che caratterizza John Woo è l’aver ampliato il linguaggio dell’azione moderna, attingendo al wuxia pian. Nei suoi film, da sempre, l’espressività delle scene d’azione è ben superiore a quella delle scene di dialogo o recitate. Tutto quello che un film ha da dire lo dice con quelle scene lì e, se c’è un senso più alto, sta nei momenti in cui i personaggi si muovono: da quello capiamo chi sono, cosa vogliono, che relazione hanno con il mondo circostante e in quale società sono inseriti.
Fare film così in America non è semplice, come dimostra una buona parte della sua filmografia americana. Silent Night aggira il limite con un trucco tipico da studio, uno di quelli che mandano in sollucchero gli executive e che fanno approvare i film, li rendono perfetti per il marketing. Ma intanto questa è una storia d’azione in cui uno dei cineasti più riconoscibili in assoluto rinuncia a tutto quello che lo rende riconoscibile e prende un attore, Joel Kinnaman, che fino a quel momento ha avuto una carriera d’azione incolore, e lo trasforma nel mezzo perfetto per la sua di vendetta.
Anche il training montage qui ha tutto un altro sapore, musicato con un passo diverso rispetto al solito, montato diversamente e di fatto ripensato da capo per arrivare alla stessa destinazione seguendo un altro percorso. È comunque un percorso di allenamento, ma non ha niente dell’etica calvinista che guida di solito i training montage, cioè non ha niente del percorso di purificazione di sé attraverso la dedizione a una pratica o una pratica: anzi, è una discesa. Perché questa alla fine della fiera è la storia del peggioramento di un uomo mangiato dentro dal desiderio di vendetta. Anche il titolo, Silent Night, fa riferimento alla trovata, un po’ assurda, un po’ John Woo, di aver stabilito mesi e mesi prima il giorno di Natale come data per la vendetta, quella a cui arrivare preparati.
Ce ne vuole davvero per rinnovarsi così, per decidere di fare un film come una volta e farlo con uno stile estremamente moderno, a 77 anni. E un finalone con finto pianosequenza nella tromba delle scale sembra quasi una risposta ad Atomica bionda. Non la perfezione rigorosissima delle arti marziali, degli stuntmen al massimo livello (occidentale) e della tecnica registica, ma il cinema vecchio stampo, un po’ montato nonostante finga il pianosequenza, molto più controllato come ritmo ma sempre interessante e calamitante. Dritto all’essenza senza dover accelerare il passo, ma sapendo mantenere un ritmo costante.
Dvd-quote:
“Che ci posso fare? Sono un romantico. Mi sono commosso.”
Jackie Lang, i400calci.com
Ho visto i 2 minuti e mezzo di trailer e già quelli mi sono sembrati una palla assurda, figuriamoci l’intero film. Capisco l’artificio narrativo di togliere la voce al protagonista, ma che anche tutti gli altri non spiccichino una parola è una scelta senza senso. Per me 👎
Venduto.
Per me, se è l’azione a raccontare tutto, meno parlano meglio è. Non sapevo di questa cosa, ora mi intriga ancora di più.
Mi sa che vado a vedermelo al cinema.
O.t. (ma neanche tanto) qualche giorno fa ho fatto vedere a mia moglie (straniera, non parla italiano) per la prima volta “Altrimenti ci arrabbiamo “. È impazzita.
Non mi ero mai reso conto di quanto sia quasi un film muto. Funziona benissimo anche senza capire cosa dicono, la messa in scena dice tutto. Fantastico.
Per curiosità, ha apprezzato lo psicologo che parla con l’accento tedesco 😂?
Fatto bene a condividere, sono considerazioni che ho fatto anche io l’ultima volta che ho visto “Arma Letale”
visto il primo giorno in sala
5/10, buone idee ma il ragazzo non si impegna
Discreto, la prima parte funziona meglio grazie alle accensioni melodrammatiche, poi bisogna ricordarsi spesso che si tratta di un film di John Woo. Più che altro è proprio il tema delll’handicap fisico del protagonista (il suo mutismo, in questo caso) ad essere sprecato.
Ero partito carichissimo, ma arrivati alla fine direi che tutto si può riassumere con mia moglie che mi chiede “ma di chi è ‘sto film?” io le rispondo John Woo e lei “ah…”.
Per carità, non è malaccio, ma dal padre dell’heroic bloodshed, che girava ci metteva tonnellate di squib e litrate di sangue, vedere tutte le sparatorie fatte con cgi pacco mi ha fatto girare i coglioni non poco.
Il piano sequenza con sparatoria sulle scale mi ha ricordato il gioco di Max Payne. Questa e un altro paio di scene mi han preso x il cuore. Lui che miete vittime muovendosi da veterano alla sua prima missione, quella invece pareva + una presa x il . . . .