«Esiste un’unica trilogia, cerebrolesi che non siete altro.»
– Randal Graves, Clerks II
Se il me del 2013 avesse dovuto fare una scommessa sull’andamento dei successivi dieci anni, probabilmente “Pandemia globale” sarebbe stato più in alto nella classifica rispetto a “Trilogia di Diabolik diretta dai Manetti Bros.”.
Sto iniziando a scrivere questo pezzo ancora prima di aver visto Diabolik – Chi sei?, terzo e ultimo (?) capitolo di una delle saghe più improbabili e inspiegabili di tutti i tempi. Il primo film non è andato tanto bene, ma i Manetti stavano già girando gli altri due quando sono venuti a saperlo e quindi niente, te li becchi lo stesso. Onestamente non ho ricordi di una situazione analoga in altri ambiti del multiverso, ma magari sono io che ho la memoria del pesce rosso.
I primi due film, ve lo abbiamo detto e in gran parte avete concordato, erano brutti forte, figli di due registi che hanno sempre gettato il cuore oltre l’ostacolo, solo che l’ostacolo erano loro stessi e neppure un’endovenosa di Olio Cuore TM li avrebbe fatti volare tanto lontano. I Manetti si ostinano a dirigere film d’azione pur non essendone capaci, e i risultati li abbiamo visti: gli inseguimenti in auto più lenti del mondo, Luca Marinelli che si nasconde dentro un armadio e una generale aria da fiera del cosplay, ma mica Lucca Comics, la fiera del paesello che ci prova a cavalcare il trend e si accontenta di posizionarsi tra la tenerezza e la tristezza.
Come sarà questo terzo film? Azzardo una previsione e, dopo la sigla, passeremo alla recensione vera e propria (nel frattempo saranno passati dei giorni e avrò visto il film: non vi sta esplodendo il cervello? Ah, i potenti mezzi dell’Internet!): more of the same. Non penso che i Manetti, a questo punto, abbiano avuto la forza e la capacità di correggere più di tanto il tiro, anche perché questo e il precedente Diabolik che vuoi? Diabolik – Ginko all’attacco! sono stati girati insieme, e dunque, anche avessero voluto fare delle modifiche, è difficile che abbiano rimesso mano all’intero film. Mi aspetto più Monica Bellucci, meno Giacomo Gianniotti (Lorenzo Zurzolo interpreta Diabolik a vent’anni nei flashback), in quella che è la cosa più vicina a una course correction, ma che, sono certo, qualche megafan dirà che “era così anche nella storia originale” e quindi mettiamoci l’anima in pace, non è che a metà strada i Manetti si siano accorti che Gianniotti era un cane maledetto, hanno fatto questa scelta because Giussani.
Soprattutto, mi aspetto di ridere meno, perché lo scherzo è bello quando dura poco, e mi aspetto le solite scene d’azione girate come le farei io con gli amici. Ma con più gente acchittata anni ’70, perché fa figo citare i poliziotteschi come se bastasse a coprire i limiti dell’operazione. E perché me lo ha detto il trailer.
Troverò conferma dei miei sospetti? Verrò clamorosamente smentito? Rinascerò a nuova vita imbevuto del verbo delle Sorelle Giussani? Lo scopriremo dopo la…
SIGLA!
È brutto. Direi che su questo c’erano pochissimi dubbi. È brutto quanto il precedente, cioè un po’ più brutto del primo film perché c’è Monica Bellucci. E, a proposito di Monica Bellucci, sì: c’è più Monica Bellucci a ‘sto giro, o per lo meno ha un ruolo più importante perché agisce in prima persona per salvare la vita a Ginko, intrappolato insieme a Diabolik. E sì, lo scherzo è bello quando dura poco eccetera, però devo ammettere che qualche risata me l’ha strappata la Monicona nazionale, più o meno ogni volta che apre bocca, fa tutta l’intensa e dà invece l’impressione di essere costipata. Vorrei dirvi che ancora oggi mi chiedo come sia possibile che questa persona abbia avuto una carriera cinematografica pur essendo evidentemente incapace persino di fingere di saper recitare, ma è un discorso che probabilmente abbiamo già fatto e giassapete, insomma.
Il discorso più interessante, se mai, è sul fatto che i Manetti non saprebbero dirigere un attore nemmeno se ne andasse della loro sopravvivenza: ne escono malissimo tutti, figurarsi una come Monica Bellucci, a cui servirebbe un regista tra il miracoloso e i fratelli Coen per riuscire a sputar fuori una decente approssimazione a una performance. Gianniotti è terribile, ma onestamente non ho mai seguito Grey’s Anatomy e non saprei dire se sia per colpa dei Manetti o meno. Posso però constatare tranquillamente che, sì, il buon Giacomo è bilingue finché vuoi, ma qua e là pronuncia le battute in modo strano e i Manetti non hanno avuto la presenza di spirito di dirgli “Magari rifalla”. Al solito, l’unico che riesce a non coprirsi di ridicolo è Valerio Mastandrea, ma il suo Ginko, colpa di una sceneggiatura che si attiene troppo ai fumetti, è un personaggio talmente monocorde da rendere difficile anche a Mastandrea trovare un barlume di personalità a cui appigliarsi, quando l’unico tratto distintivo del suo personaggio è “odiare Diabolik”. Anzi, mi correggo: c’è un altro attore che inaspettatamente ne esce bene ed è Mario Sgueglia, quello che fa il capo della banda di ladri che rapisce Diabolik e Ginko. Sgueglia ha una calma naturale e un carisma da leader che funziona nonostante tutto, ed è uno dei pochi a convincere in un marasma che include Carolina Crescentini, sottoutilizzata, Massimiliano Rossi, diretto malissimo, Barbara Bouchet, terrificante, e la povera Miriam Leone, come sempre iconograficamente perfetta e anche qui usata poco e male.
Per non parlare, raga, del fatto che questi sono riusciti a fare due film di fila in cui Diabolik ha un ruolo minore, è assente o bloccato da qualche parte e non fa praticamente un cazzo per tutto il film. Al solito, si alzeranno svariati ditini tra la folla, a ricordarci quanto i Manetti si siano attenuti fedelmente alle parole scolpite sul marmo da un roveto ardente posseduto dall’anima delle Giussani e, al solito, dovremo ricordare a queste falangi rompine che sticazzi, questo è un film, mica un fumetto degli anni ’60. Evocare l’atmosfera da fumetto anni ’60 non equivale a riprodurre un fumetto anni ’60 esattamente identico, con tutte le sue incongruenze e ingenuità, perché così si ottiene solamente l’effetto di farsi ridere dietro. Voglio dire, nel film c’è un personaggio che si chiama “Contessa Viendemar”, ce ne rendiamo conto? Sarà stato anche nel testo, ma dopo questo veramente vuoi ripropormi la cosa senza modifiche?
Il problema, qua, è che i Manetti sono dei simpatici cialtroni. La scena che secondo me dice tutto del loro modo di confezionare un film è quella in cui un dolly ci riprende la strada (di Bologna, credo) in cui si svolgerà un doppio appostamento dalla finestra di un hotel. La macchina da presa indugia un po’ troppo a lungo su un dettaglio che mi ha strappato una risata in mezzo alla sala: l’insegna di un locale/negozio che di nome fa “La baita formaggi”. Ora, io capisco che Clerville è un posto immaginario in cui la gente ha nomi a volte ammeregani ma parla italiano e, credetemi, approvo l’idea molto argentiana di ricreare la città mescolando Trieste, Bologna e non ricordo che altro. Però, per dio, sul serio non si riusciva a nascondere questa insegna? Sul serio non vi siete resi conto che aprire una scena di tensione con “La baita formaggi” era come dichiarare in partenza la sconfitta?
Per il resto, Diabolik – Ku fu? procede con quell’andazzo da pseudo-poliziottesco che i Manetti troppe volte hanno tentato di azzeccare senza mai riuscirci, tra canzoni finto-beat ridicole (compresa una vera e propria sigla iniziale eseguita, ahimè, dai Calibro 35, con un testo che pare scritto all’epoca d’oro delle sigle di Cristina D’Avena), gli effetti sonori “whoosh” ogni volta che c’è una zoomata a schiaffo, che manco io e te che facciamo il filmino nel cortile di casa fingendoci Tarantino, e la gente vestita anni ’70 con pantaloni a zampa e parrucconi che si sbraita addosso sempre tesa come nei migliori banditeschi. Cosa che non fa che ribadirci una grande verità, ovvero che i Manetti non sono Mario Bava: non lo sono quando vogliono fare il film pop art su Diabolik e non lo sono quando vogliono rifare Cani arrabbiati. Meno male che almeno la colonna sonora di Pivio e Aldo De Scalzi azzecca quel misto di progressive e funky d’ordinanza in queste situazioni.
Ora, io lo so che sono stato un po’ cattivello, e voglio ribadire dunque che i Manetti mi stanno simpatici. Ammore e malavita mi era piaciuto, perché aveva trovato un modo per cavalcare pressapochismo e cialtroneria della messa in scena costruendo un film imperfetto ma divertente, con anche un paio di prove d’attore sorprendenti (Claudia Gerini e Carlo Buccirosso). Ecco, lì i Manetti sono riusciti a far sembrare tutto naturale, come se fosse una cosa studiata a tavolino e non il massimo che riescono a fare. È quando si mettono in testa di fare i raffinati, di ricreare un mondo, un’atmosfera, di giocare con i codici dei generi, che mostrano tutti i loro evidenti limiti.
Speriamo davvero che questo sia l’ultimo Diabolik (anche perché, di nuovo, i risultati al botteghino sono abbastanza miseri), e che finalmente Marco e Antonio tornino a dedicarsi a progetti originali, senza strafare.
Giussani Fan Club quote:
“Non c’è due senza tre. Ma adesso basta, eh?”
George Rohmer, i400Calci.com
per me caffè doppio macchiato freddo in tazza grande senza cucchiaino…. facciamo lavorare i portatori di caffè in arrivo che questo è il terzo e poi magari non li vediamo più.
Il secondo inguardabile dalla prima scena … questo posso solo immaginare.
Più che il film attendevo questo commento :)
Comunque mi sa che per curiosità o per masochismo uno dei tre me lo guarderò
a sto giro poche soddisfazioni…avran tagliato il catering per pagare il noleggio della Bellucci
A me il secondo piacque non poco, anche perche’ rispetto al primo era meno “fumetto anni Sessanta” e piu’ film (tenuto in pedi da quel demone di Mastandrea a cui avevano dato qualcosa su cui lavorare). Il primo e questo, purtroppo, sono irricevibili per certi tratti e semplicemente brutti per altri: il primo perche’ vuole essere esattamente come il fumetto ma sento Iddio siamo nel 2022 e stai facendo un film svegliatevi, questo a me pare che nessuno avesse manco la voglia di lavorarci, tutto incredibilmente pigro nelle trovate (unica simpatica la macchinina sopraelevata) e nella scrittura (basta vedere come la banda gestisce Diabolik e Ginko). Veramente un peccato.
“due registi che hanno sempre gettato il cuore oltre l’ostacolo, solo che l’ostacolo erano loro stessi” ecco la sintesi perfetta,. I due brothers sono due cinefili veri, anche simpatici, ma proprio il cinema non lo sanno fare. Hanno imborccato per puro culo un film Piano 17. Purtroppo sono l’espressione della cricca romanocentrica che imperversa nel cinema Italico, una volta che ti sei infilato sei a posto qualsiasi merdata tu decida di fare i soldi li trovi, chiaramente devono esserci sempre i solito attori noti o almeno uno dei soliti e stai apposto.
Che ricordo che hai sbloccato. All’epoca guardai come una sorta di sfida comparativa Following di Nolan costato qualcosa come 30mila sterline e Piano 17 dei Manetti costato 70mila euro per vedere chi con poco riusciva a realizzare qualcosa di interessante. E be’, che gli vuoi dire a Nolan? Già da quel primo lavoro si intuiva il talento.
Dei Manetti la cosa che ho preferito è stato Coliandro, ma quando le cose sono girate in farsa gli si perdona tutto.
Però Coliandro è televisione e non cinema e quindi dato il livello medio già basso della tv prodotta da noi e dato il contenitore, la serie risulta guardabile se piace il genere ,anche se alla lunga stanca. Quando invece la stessa farsa la mettono in scena per il cinema ne escono robe imroponibili vedi Song’e Napule e Ammore e malavita.
Piano 17, l’arrivo di Wang, Ammore e malavita con i loro difetti, e Coliandro (I duetti Morelli-Sassanelli alla macchinetta del caffè sono godibilissimi) mi sono piaciuti, ma é vero che dalle scene d’azione e da certe prolungate estenuanti sequenze di raccordo capisci come non siano maestri del ritmo. E anche nella direzione degli attori ti accorgi troppo delle differenze tra chi sa cavarsela da solo (come nella rece, Mastandrea), e gli altri.
Pezzo magistrale George. A La baita formaggi mi sono piegato in due dal ridere. Vogliamo aggiungere qualcosa su questo film? Mi fido della recensione e credo che a logica possa essere solo peggio del primo.
Sarebbe interessante capire come sia stato possibile finanziare questa trilogia che credo sia costata non poco per gli standard del cinema italiano.
Aspetto con ansia la recensione su Adagio di Sollima.
Prima o poi un indagine andrà fatta ai produttori di questi film messi in piedi solo per cuccarsi le sovvenzioni…perché non sta da nessuna parte che dopo gli incassi loffissimi del primo si mettano in piedi due sequel backtoback…con i loro soldi non lo farebbero mai.
Concordo. Report dove sei?
Ringraziandovi per il sacrificio, l’ unica curiosità che mi rimane è sapere chi ha messo i soldi per questa operazione, cosa si aspettava? Perché?
Aspettava di rientrarci come è successo, visto che i film sono stati ben venduti all’estero.
Allora, premesso che non ho nulla contro l’ambizione e il desiderio di fare qualcosa di nuovo e per certi versi autoriale nel cinema, definire la trilogia su Diabolik un successo mi sembra quanto meno azzardato. Il primo è costato 10 milioni di euro e ne ha incassato 3, il secondo 15(???) e ne ha incassato un milione e mezzo. Il terzo non ho controllato.
E’ stato un grosso salto nel buio, che se per il primo a mio parere poteva essere giustificato visto che nel cast c’erano Luca Marinelli e Valerio Mastandrea e l’utilizzo di una proprietà intellettuale forte come il fumetto di Diabolik che avrebbero potuto farlo vendere bene, per gli altri due no.
Mi pare che i film siano stati prodotti dalla Rai, e qui mi fermo.
Non ho visto, e non intendo farlo, neppure un film di questa trilogia, ma leggere la recensione è sto un vero piacere. Divertentissima. E poi, visto il commento, sacrosantissimo, sulle doti recitative di Mme. Belucci, non posso non fidargli ciecamente su tutto il resto! Mi piacerebbe tanto sentire le suoi opinioni su films come “Favolacce”, “The Nest (Il Nido)”, “Hai mai avuto paura” e particolarmente “The Book of Vision”. Comunque complimenti. Sa fare. Nella tristissima panorama di critica cinematografica (non solo italiana ma mondiale), è uno dei pochissimissimi che sappia recensire films come films (regia, fotografia, recitazione, messa in scena, musica, costumi, luci, ecc.) e non come i pezzi letterari (trama, trama, trama, “significato” [mo’ vomito], e la “morale” [mo’ arrivomito]). Veramente una bella sorpresa. A tener d’occhio questo recensore!
1) Che la Bellucci sia il vero archetipo di Corinna Ne*ri mi pare sotto gli occhi di tutti. Malignamente si potrebbe insinuare che abbia fondato la sua carriera solo sulla sua innegabile avvenenza (spesso mostrata con generosità in effetti) epperò la chiamano anche ora che, seppur piacente, è comunque una signora di 60 anni. Mah.
1b) Segnalo che me la ricordo perfettamente in parte solo in N Io e Napoleone. Virzì io l’ho sempre apprezzato molto (chiamatelo guilty pleasure) e checché se ne dica secondo me è un grande direttore di attori. Cfr. Ovosodo (1997), in cui quell’altra Corinna insalvabile di Nicoletta Braschi risulta straordinariamente credibile.
1c) Qualcuno vuole esporsi e sostenere che N Io e Napoleone sia un film migliore di Napoleon di Scott? Non posso dirlo perché non ho visto il secondo ma sospetto di sì.
2) Per me i primi due erano uno passabile (grazie a Leone e Marinelli), l’altro a tratti imbarazzante (solo Leone non è bastata). Questo non l’ho ancora visto ma quando arriva nel cinemino parrocchiale scontato sotto casa mi sa che gli do una chance, specialmente per sghignazzare “Capovaroh! Posso andare?” ogni volta che qualcuno dice “Contessa Viendemar”.
Riguardo il punto 1), il fatto che la Bellucci non lavorasse solo per la sua indiscutibile avvenenza (e siamo in lizza per l’eufemismo dell’anno) mi era già balenato quando, ancora giovane, ha smesso di fare la bonazza nei film dei Vanzina (“I mitici: colpo gobbo a Milano”), dove avrebbe avuto un senso, ed ha cominciato a fare film seri/drammatici/autoriali.
Dato che ovviamente non era scelta per la sua bravura (altra frase concorrente al premio di cui sopra) come cavolo sia accaduto non me lo spiego. Avrà gli stessi amici di Veltroni.
Be’, in metà dei film in cui ha recitato non dice una battuta. In Dobermann faceva la muta.
“Vorrei dirvi che ancora oggi mi chiedo come sia possibile che questa persona abbia avuto una carriera cinematografica pur essendo evidentemente incapace persino di fingere di saper recitare”
Perchè è fica, clamorosamente fica anche ora a quasi 60 anni
C’è addirittura gente che arriva a parlare della Loren come di una GRANDISSIMA attrice, solo perchè era fica come la Bellucci ma “recitava” nei favolosi anni’50-’60-’70 in cui tutto era bello, felice, allegro e tutte le altre cazzate che si scrivono su quei decenni ridicoli che hanno gettato le basi per il paese ridicolo che siamo oggi
Niente di nuovo
Ma che cazzo stai dicendo, la Loren era un mostro a recitare, guarda Una giornata particolare di Scola e te ne rendi conto
Capitano, la tua sembra una provocazione. Negli anni 50-60-70 è nata la commedia all’italiana, che è la capacità di ridere delle cose tristi. La banalizzazione dei temi è avvenuta in epoca recente.
Sulla Loren non ci sarebbe da aggiungere nulla, ma basta vedere i film girati con De Sica per capire che era una grande attrice.
chissà cosa spinge le persone a rendersi ridicole scrivendo cose…
@maybe Provocazione? Scusa ma in che senso, io parlavo seriamente la Loren era oltre il brava a recitare
sono arrivato col dito pronto ma poi dembo mi ha preceduto, quindi torno nell’oscurità
@Dembo. Con provocazione mi riferivo a quanto scritto da Capitan Ovvio.
Niente errore mio, sono un bruciato l’ho pure letto che avevi scritto Capitano, ecc ecc. Più tabacco la prossima volta, adesso abbracciamoci
La grandezza del cinema italiano di quegli anni è stata proprio andare oltre l’apparenza, oltre le lucine del boom economico, e scorgere il vuoto pneumatico che c’era dietro e che inevitabilmente prima o poi (spoiler: ora) sarebbe tornato a galla. Monicelli insegna.
Ma anche a voler sminuire la Loren, come si fa a paragonarla alla Bellucci, dai. La Bellucci gioca nello stesso campionato dell’Arcuri e di Tomba.
Il miglior film della Bellucci rimane Dobermann, dove è muta.
+ le tette, sempre tante tette!
Tutta questa recensione negativa non la capisco. D’accordo che regia e cast non sono di prim’ordine, ma l’ avete visto il film del 68? Di sicuro fatti meglio questi dei Manetti, nonostante l’epoca lontana. Diabolik è così ed è ben rappresentato dai Manetti, chi critica o è un perfezionista o non leggeva il fumetto dell’ epoca.
Capito tutto della rece eh?
sono un perfezionista
Il problema è che un fumetto, specie degli anni ’60, ha un linguaggio diverso da un film, specie se di oggi. A voler fare la trasposizione fedele non funziona.
Il film del ’68 di Bava ha uno stile visivo unico, influenzato dalla pop art, e riesce a creare scenografie all’apparenza colossali con sapienti giochi ottici e con vetrini dipinti. I Manetti, per quanto gli si può voler bene, non hanno minimamente la padronanza del mezzo cinematografico di un grande artigiano della macchina da presa come era Bava. Anche con il doppio del budget, i loro film sembrerebbero sempre delle poveracciate. Poi se un film si valuta solo per la fedeltà al fumetto, che ho sempre trovato piatto e formulaico fino alla morte ,ok. Io preferisco il lato visivo strabordante e i toni da wannabe 007 del film di Bava. Film che oltretutto è diventato un cult anche all’estero, dove è più famoso del fumetto stesso. Anche il video di Body Movin’ dei Beastie Boys è ispirato al film di Bava, per dire.
Negli anni 60 si usava anche le macchine da battere tipo Underwood od Olivetti. Tenendo questo in mente, oggi si potrebbe assolvere uno stampante più scadente perché stamperebbe i testi sempre di miglior qualità a confronto con queste vecchie machinacce artigianali. Però, sarebbe questo il modo di valutare un prodotto contemporaneo?
Quando ho letto “Giacomo” ho pensato subito “Poretti!” e invece no : ( E dire che Giacomino ha già dato grande prova di saper indossare la calzamaglia nera come si deve.
Recensione spettacolo! Già alla sigla ridevo e contemporaneamente piangevo pensando ai fondi pubblici (inevitabili) sperperati per questa assurda TRILOGIA.
Sono riusciti a stento a tirare fuori tre film da “smetto quando voglio” che a confronto sembra davvero il trittico di Die hard.
Grazie ma questo ultimo lo passo.
Io piango quando penso ai fondi che danno a Nanni moretti
Se non ti piace Diabolik guardati i cartoni animati di Topolino! Beota che non sei altro.
Apparte che Diabolik, come temi, personaggi ed iconografia risulta datato, come un Zagor, che faceva “duro” andare con le braccia scoperte come Mengoni. Funzionerebbe in un operazione-vintage in cui calcare la mano su certi aspetti pop. Ed è quello che han tentato di fare, semplicemente gestendo male il linguaggio scelto.
ohh finalmente sto caffè
Fabio, per me un caffè e una sfoglia di riso
Grazie
PER ME UN MACCHIATO, GRAZIE
@Fabio. Sicuramente più godibile, divertente e originale un quasiasi prodotto con topi o paperi. Gli autori hanno innovato e sperimentato, modificando profondamente i personaggi e mantenendoli al passo con i tempi. Ho letto recentemente un paio di albi moderni di Diabolik e mi sono sentito intrappolato in un « giorno della marmotta » anni ‘60. Stesse situazioni, personaggi monodimensionali, spiegoni ripetuti all’infinito…
Se facessero un quarto film, proporrei come titolo “Diabolik…ma perché?!”
No: “Diabolic, con chi parli alla RAI?”
Ho visto anche questo film al cinema e anche qui ho pagato il biglietto dei tre il meno peggio voto 7 bob
“Tre scotches, per favore.”
BUAHAHAHHAH!
Molta prevenzione nella recensione ( già il fatto che venga fatta prima di averlo visto la dice lunga)
Come la dice lunga averla interrotta prima di scoprire che il film lo ha visto
stanno arrivando…pochi e stanchi ma arrivano
CHE COMMENTO FIACCO. POCHI FONDI STATALI DA QUELLE PARTI, EH?
Prevenzione, in effetti, c’è. Del genere: se lo conosci lo eviti, e qui ti si avvisa. Poi fai tu.
Il problema è’ che diabolik era un fumetto del cazzo già negli anni 60. Due coglioni. Lo leggevo da bambino e mi sembrava una sequela di cazzate. A partire dal nome. Diabolik. Siamo seri dai. Lèggevo anche Satanik. Anche lì il nome era del cazzo ma almeno era disegnata bene e con delle storie sensate. Il successo di diabolik (fumetto) per me resta un mistero. I manetti poi cazzari come pochi.
Non li ho visti per una serie di motivi, ma non escludo di recuperarli in una fase di abbrutimento.
A leggere i commenti ho la sensazione che abbiano voluto fare Diabolik e ne sia uscito Alan Ford. O per lo meno che abbiano involontariamente centrato la giusta chiave per portare Alan Ford al cinema.
Non capisco perché tanta cattiveria come se chi ha scritto l’articolo avesse cacciato dei soldi per la realizzazione del film. Sicuramente però non conosce Diabolik e quindi non è in grado di esporre a tutto tondo il suo parere. Tanto per dirne una Diabolik/Marinelli si è nascosto in un armadio perché così accadeva nel fumetto originale a cui si è ispirato il primo film. Come fan di Diabolik ho comunque ritenuto piacevoli i film e forse rimarranno più impressi così piuttosto che con uno stile tipo 007 o Mission Impossible a cui invece sembrava si fosse allineata, almeno vedendo il trailer, la serie che doveva uscire anni fa su Sky ma poi annullata.
si ma è gelato sto caffè
“come se chi ha scritto l’articolo avesse cacciato dei soldi per la realizzazione del film”
Beh si: avranno preso un treno di contributi statali sul cinema per fare questa porcata. Quindi se paghi le tasse ci hai messo i soldi anche te
Il bello di questi tre film è proprio: “iprodurre un fumetto anni ’60 esattamente identico, con tutte le sue incongruenze e ingenuità”