Mi sento che sto invecchiando. E, tra parentesi, ora come non mai lo scopo della vita è uno e uno soltanto: non diventare un vecchiodimmerda. Nonostante le sigarette, i grassi saturi, la mancanza di pensione, il sistema sanitario pubblico che ha come modello il Mississippi e l’eventuale sfiga, la statistica dice che probabilmente la mia vita sarà lunga quasi quanto il pisello di Willem Defoe (oppela la ravanata): vorrei tanto non anzianovolvermi in un barbogio reazionario, in una cariatide avvelenata che non ascolta nessuno e odia tutti in maniera sgradevole, che ha Vittorio Feltri come intellettuale di riferimento e che tutto quello che non comprende lo odia per partito preso senza nemmeno tentare di capirlo. Però mi sento che sto invecchiando. Oggi, se devo scrivere una recensione, prendo appunti mentre guardo il film, se sono al sicuro nei meandri della mia caverna multischermo. Sai mai che mi scordo qualcosa, che il brivido del momento svanisca dopo che il film è finito e magari ho esorcizzato la tensione e l’adrenalina facendo molta cacca. Oltretutto, mi sento anche che sto un po’ invecchiando dimmerda, perché a volte prendo gli appunti preventivi. Interrompo la visione perché ho visto qualcosa che vorrei segnare e mentre scrivo mi scappa la frizione; dico al film come dovrebbe andare avanti, ché tanto le note sono 7 e più o meno la solfa è quella. Oh, ci azzecco più sì che no (purtroppo). E anche Ballerina è un film dalla fabula dritta come un fuso, prevedibile (ma non per questo meno godibile) e archetipica. Però poi, se ti appoggi alla pigrizia come ho fatto io, ti frega nei semplici dettagli con cui è costruito l’intreccio, si fa beffe di te con la sobria economia di didascalismo con cui sono caratterizzati i personaggi e ti stupisce positivamente con la rara capacità di essere stiloso senza risultare stronzo. A proposito di stronzi, sigla! (Qui nella versione lunga e bella, e qui in quella ancora più lunga e matta).
Ballerina, insomma, è uno di quei film che, quando torni a leggere gli appunti tracotanti che hai preso in corso d’opera, ti accorgi di aver scritto una sfrigolante montagna di spazzatura prossima all’autocombustione perché anche lei sa di meritare una morte lenta e dolorosa. Gli appunti sono pattume non tanto perché il film fa cose assurde e/o mai viste, quanto per il modo in cui riesce a scartare, fermarsi, ramificarsi, stratificarsi, tornare indietro, rallentare, accelerare. Anche utilizzando stratagemmi basilari, come il flashback sbloccato dalla protagonista che rimira una fotografia: se fatti senza enfasi pacchiana, anche i fondamentali sono aggeggi funzionali per dare al racconto una svirgola in più. Anche perché, come detto, la vicenda in sé è talmente paradigmatica (un saluto alla carissima Clitemnestra) che si potrebbe riassumere in una frase: uomo cattivo fa cose davvero brutte a ragazza indifesa, donna a lei cara la vendica come se non ci fosse un domani. Per dire, anche in 1Q84 dell’eterno candidato al nobel Murakami c’è quella storia qui, tutta infiocchettata da altre faccende decorative. Solo che Ballerina prende Murakami e ci aggiunge un mezzo Glasgow smile, un infortunio sul lavoro con sega elettrica che è stato certamente fra i migliori del 2023, una scena di sgranocchio coatto di vetri che farebbe la gioia di ogni dentista sadico che si rispetti e almeno un paio di bordate di lanciafiamme, la prima di prova e la seconda per davvero, con un anche una carica di simbolismo che magari ti aspetti, ma in ogni caso soddisfa assai.
La bravissima e davvero manza Jeon Jong-seo – non guardatevi Burning: è un film d’autore fatto da un intellettuale che è stato anche ministro della cultura e soprattutto c’è una femmina che mostra il petto nudo – è colei che mena le mani della protagonista Ok-ju, ex guardia del corpo di mazinga fuori scala che assumono solo il top della gamma. Che la ragazza sia top di gamma lo afferriamo subito grazie all’incipit, in cui svranga di mazzate quattro brutti ceffi armati che volevano rapinare il minimarket in cui era andata a comprare i cereali. Ok-ju, però, si è pre-pensionata peggio di un ferroviere negli anni ’80, perché quel mestiere qui la fa sentire vuota e sola. L’unica gioia della sua vita è Min-hee la ballerina pasticcera, vecchia compagna di scuola che ritrova per caso dopo molti anni e per la quale scopre di provare un certo feeling non detto ma palpabile, che però è ricambiato in maniera del tutto eterosessuale e senza creare tensioni eccessive. All’inizio del film, Min-hee scrive all’amica dopo non essersi fatta sentire per qualche tempo e la invita da lei a sbronzarsi. Ok-ju si precipita tutta contenta dal bangla a prendere i gin tonic e quando arriva all’appartamento trova una scatola di scarpe da ballerina – con dentro un biglietto con su scritto “ti prego, vendicami” – e trova anche una vasca con dentro l’amica morta suicida. Giustamente scatta il putiferio.
Min-hee è stata spinta al suicidio da Pro, maschio narcisista dominante spacciatore di rohypnol, gangster e magnaccia da due soldi. Uno che non le chiama per nome, le donne che abborda, droga e filma per rimpolpare l’archivio di porno sadico estremo che sostituisce un sano rapporto con un* psicoterapeuta; il bomber missile terra-aria, infatti, le etichetta in base alla loro professione. Min-hee è solo “ballerina”. Che, fatalità, è anche il nome con cui è salvata (con altri intenti) nello smartphone di Ok-ju. Ma la coincidenza fa chiudere definitivamente la vena a Ok-ju. Manipola Pro, si fa rimorchiare e si lascia portare nel suo scannatoio fingendosi una preda, ma col cacchio. Sembra tutto plausibilmente finito, ma lo stronzo l’ha portata in un hotel a ore gestito dalla criminalità organizzata per cui lavora, dove il concierge ha il fucile a pompa sempre carico e arriva in soccorso appena prima dello slamo. Ok-ju viene a sua volta salvata da una delle ragazze costrette a prostituirsi, sgommando a bordo del cazzo a forma di Lamborghini del maschio.
La fuga causa uno spiacevole incidente diplomatico con il boss di Pro, invero alterato per il disdoro causato dal sottoposto che gli ha appena fatto perdere una femmina, oltre a fare lo smargiasso vendendo droga dello stupro sottobanco e usando l’albergo per girare porno snuff in combutta con un farmacista psicopatico. Insomma, riesco a spiegarmi? Ballerina è figo. È il terzo indizio che Lee Chung-hyun, regista e sceneggiatore, è uno da tenere d’occhio. Il primo indizio era il cortometraggio da cui è stata tratta la serie Paramount+ Bargain, che è (praticamente) tutta girata in pianosequenza e si dà davvero da fare per farti dire ELLAMADONNA ogni tre per due. Il secondo indizio era l’horror (sempre Netflix) The Call (non quello con Abigail Breslin), che è figo allo stesso modo – derivativo ma non banale – di Ballerina, anche per la presenza della sempre brava e purtroppo non nuda Jeon Jong-seo.
Opéra national de Netflìx quote:
“La chiamo già: meglio questo dello spin-off di John Wick con Ana de Armas”
Toshiro Gifuni, i400calci.com
Lo guarderò solo per la scena della rapina al supermercato che fa molto anni 80.
Scena che ho visto per caso su youtube (grazie algoritmo!) ed è così che ho scoperto il film..anche se poi googlando Ballerina invece di trovare info su questo film usciva appunto il lo spinoff con la DeArmas…:D
Grande recensione.
Magari stai invecchiando, ma resti uno dei meglio recensori psicopatici del sito.
Non ricordo se eri tu quello prolisso, ma anche fosse oggi ti sei fatto perdonare.
Bro, io giuro che non c’ho capito niente della rece, ma se dici che è bello mi fido!
aspetta ma veramente non è lo spin-off di J Wick.. io pensavo fosse un titolo sarcastico e l’ho capito solo a metà recensione
Ballerina merita
Bargain non perdetevelo 6epX50 Min l’uno clamorosi
6epX40min.
Quando googlo Ballerina il mio algoritmo mi mette sempre il trailer di L’uomo che usciva la gente. Che mi riguardo volentieri e mi fa dimenticare cosa stessi googlando.