Questa recensione avrebbe anche potuto intitolarsi “I pericoli dell’high concept”. L’high concept può essere una cosa figa, se lo sai gestire; se, cioè, oltre all’idea iniziale hai anche la capacità di creare un intreccio per svilupparla come si deve, se la sai usare come fondamenta per fare emergere delle tematiche e degli archi coerenti. Se, insomma, ti ricordi di costruirci intorno un film. Sigla!
I.S.S. inizia molto bene, con un’idea obiettivamente bellissima anche se super-deprimente: a bordo della Stazione Spaziale Internazionale ci sono sei astronauti, tre americani e tre russi. Sotto di loro, a un certo punto, iniziano a scoppiare delle cose e in breve un intero emisfero è in fiamme: è la guerra atomica, baby, e non c’è niente che loro ci possano fare. Peggio ancora: entrambi i capisquadra ricevono da Terra l’ordine di prendere la Stazione “con ogni mezzo necessario”.
Dicevo che, obiettivamente, è una premessa-bomba (hi hi hi). C’è tutto: la claustrofobia di un ambiente ristretto e fragile come solo una capsula sperduta nel vuoto dello spazio può essere, amici che diventano nemici e un sottofondo di disperazione apocalittica. C’è, sulla carta, una suspense che si taglia col coltello, tale da rendere Alfred Hitchcock fiero: lo sai che tutto andrà in merda, ma è il COME andrà in merda a tenerti incollato alla poltrona.
Esattamente come questa recensione. Perché dai, avrete già capito dove stavo andando a parare: I.S.S. avrà pure questa premessa-bomba, ma purtroppo non sa che farsene. Nel momento in cui scoppia la prima bomba atomica sulla superficie del pianeta, il film inizia ad andare a vuoto, dando per scontato che, siccome l’ambientazione è figa, tutto il resto venga da sé. Ma non è così e I.S.S. è carente proprio in fase di sviluppo e scrittura. Partiamo dai personaggi: il film introduce la protagonista, interpretata da Ariana “Cazzo vuoi, ho vinto un Oscar con West Side Story” DeBose, come la nuova recluta che arriva a missione già iniziata e deve fare i conti con un cameratismo da cui si sente esclusa, e un ambiente di lavoro in cui tutti si conoscono già e hanno sviluppato una serie di rapporti complessi e sfumati, di cui lei è ignara. Va benissimo, è un topos che abbiamo visto milioni di volte perché tendenzialmente funziona. Solo che funziona quando ti sei preso la briga di creare dei personaggi credibili, con una loro backstory e caratteristiche ben definite. Qui invece procediamo per stereotipi: c’è il russo cattivo, il russo buono, l’americano vigliacco, la coppia russo-americana che si ama di un amore impossibile e, nel mezzo, la protagonista, Kira, definita soprattutto dal suo essere la protagonista. A un certo punto viene detto che Kira è gay, giusto perché non si dica che i nostri non sono personaggi con una loro complessità!
C’è solo una scena che funziona, ed è quella da cui deriva la sigla di questo pezzo: il gruppo ascolta Wind of Change degli Scorpions a cena, e ciascuno riflette sul senso della canzone dal proprio punto di vista. Ora, vi faccio questa confessione: lo so che è pacchianissima, ma a me Wind of Change piace, perché sa cogliere alla perfezione il senso di speranza che si avverte nell’aria quando avviene un cambiamento positivo nella società. Non a caso è diventata il simbolo del disgelo tra le potenze e della caduta del Muro di Berlino (per quanto non ne parli esplicitamente nel testo). È un pezzo tamarro ma efficace, e usarla così, in apertura al film, rende benissimo la sensazione di perdita della speranza nel futuro che ci portiamo appresso in questi anni brutti e molto strani, e che porterà inevitabilmente al conflitto nucleare del film e ai conflitti umani a bordo della stazione spaziale. Ma le buone idee, purtroppo, si fermano qui.
Da lì in poi, I.S.S. diventa un accumulo di luoghi comuni e situazioni ben poco sorprendenti, con una scrittura che procede per compartimenti stagni: si presenta un problema, questo crea un incidente che si risolve con la morte di qualcuno e poi si passa al problema successivo. Il tutto si conclude con un climax risibile, una scena che vorrebbe essere tutta suspense e giochi di sguardi e che, invece, risulta solamente maldestra e interminabile.
Se la premessa di I.S.S. è super-deprimente, lo è soprattutto per colpa dell’atmosfera che si respira oggi sul pianeta e, chissà, forse qualche anno fa lo sarebbe stato molto meno. Negli anni ’70 e ’80 si facevano un sacco di film sulla guerra atomica, poi, dopo la fine della Guerra Fredda, se ne sono fatti molti meno e adesso, guarda caso, si torna a farli, ovviamente perché siamo tornati a temere un conflitto nucleare su larga scala. Il film di Gabriela Cowperthwaite sfrutta proprio questa paura, o per meglio dire non la sfrutta: non si percepisce mai la cupa disperazione di un gruppo di persone bloccate in un tubo nello spazio mentre, sotto di loro, l’intera società umana viene annichilita. C’è un filo di speranza ad animare i membri dell’equipaggio, e la sceneggiatura di Nick Shafir – esordiente, va detto – è popolata di dialoghi nonsense tipo “Se torneremo giù con questo importantissimo MacGuffin, saremo considerati degli eroi”. Giù dove?! E da chi?!? Il film vive di questo controsenso profondo, tra le immagini di un pianeta letteralmente in fiamme e personaggi che sembrano non aver colto la sfumatura della situazione un po’ del cazzo in cui si ritrovano.
E sapete come è giustificato tutto questo? A un certo punto, il capo americano (interpretato da Chris Messina, un tizio che fino a poco tempo fa non sapevo manco chi fosse e adesso è ovunque) dice a Kira/Ariana DeBose “Tienili lontani dalle finestre”. Da questo momento il problema non si pone mai più: la sceneggiatura dà per assodato che Kira sia riuscita nel suo compito e che nessuno si sia più preso la briga di dare un’occhiata fuori per rendersi conto dell’inferno che li aspetta. Ed ecco, caro studente del corso di scrittura creativa, come mantenere un filo di speranza in un film che si rifiuta categoricamente di affrontare di petto l’angosciante tristezza del suo stesso incipit, preferendo spazzarla via al grido della morale più banale possibile: “L’importante è restare uniti”. Grazie al cazzo.
I.S.S. è un film a cui manca coraggio, scritto e diretto da gente che non sa gestire questa materia. Un prodotto medio destinato alle sale, ma chiaramente pensato per le piattaforme. Più deprimente di una guerra nucleare scoppiata mentre sei a bordo di una stazione spaziale.
Post-atomic quote:
“Taaaake meeeee / to the magic of the moment / on a gloooory niiiight…”
George Rohmer, i400Calci.com
“Nel vuoto, a vuoto”
(ma immagina la potenziale figata di questa premessa + un approccio alla “The Martian”…)
A pensarci e’ incredibile che con la tecnologia visiva attuale, dove potenzialmente potremmo mettere in scena di tutto e mostrare l’impossibile, sia proprio la fantascienza il genere piu’ mortalmente in crisi.
Da quanti anni, nella migliore delle ipotesi, davanti alle uscite fantascieziose ci lamentiamo delle premesse buone (quando almeno ci sono) ma “sviluppo meh!”? Personalmente lo dico anche di film che mi sono piaciuti come “Gravity” o “Blade Runner 2049″… cioe’, sono carini, ma la sensazione anche li’ e’ di impianti visivi superi buttati via per storielline un po’ del cazzo.
Da quanti anni non vediamo un film di fantascienza che convintamente, ci fa dire a tutti in coro a tutti i livelli, ellamadonnacheroba!? (Fury Road ok, ma e’ fantascienza molto secondariamente.)
Zio caro, “2001” e’ un film di 56(!) anni fa e a livello visivo sfonda ancora il culo praticamente ad ogni cosa. Dovrebbero essercene uno al mese di film che come impianti visivi ci provano “alla 2001”. Invece stiamo sempre ai cloni tristi di Star Wars o ai film spaziali che, nonostate i milioni e le possibilita’ della CGI, sembrano debbano provare a sfangarla come faceva Antonio Margheriti e suoi modellini di cartone.
“Da quanti anni non vediamo un film di fantascienza che convintamente, ci fa dire a tutti in coro a tutti i livelli, ellamadonnacheroba!?”
Dal 2021.
Dune. Speriamo risucceda quest’anno.
Eh, Dune però è stato scritto (il libro) 60 anni fa o giù di lì quindi il discorso sulla premessa visiva buona ma la storiellina del ca77o non si applica…
A me pare che il problema è che sono finite le storie “belle” da trasporre, gli Asimov, i Dick ecc ecc e quindi anche i film ne risentono, ma ammetto che non sono un gran lettore di fantascienza quindi magari sbaglio eh…
Per me Dune rappresenta invece perfettamente il problema odierno del non sapersi inventare NIENTE di minimamete originale, sia per quanto riguarda il cosa che il come.
Il vecchio film di Lynch era un disastro sotto molti aspetti, ma era ed e’ ancora qualcosa di unico a livello visivo. Il film di Villenueve sicuramente funziona meglio a livello narrativo, ma a livello visivo e’ un campionario dell’usato sicuro.
Condivido in buona parte, ma andrei più cauto coi paragoni. Gravity visto su uno schermo adeguato è un trip clamoroso, proprio come lo fu 2001. Di momenti ellamadonnacheroba me ne ha dati, forti. Il plot di Gravity è meh e con maccosa belli grossi, ma non raccontiamoci che 2001 aveva tanto di più a livello di trama. Anzi, pure meno. Come del resto Fury Road. La trama nella fantascienza deve mettersi al servizio degli occhi. Senza ovviamente venire trattata da pezzotto come negli Avatar. Quello anche no.
Secondo me invece Dune a livello visivo è splendido, seppure in modo diverso dal film Lynch ma, come correttamente spiegato nell’ottima recensione su questo sito, più efficace del predecessore. Una storia ambientata in un universo militare e militarizzato, per di più su un pianeta dove fanno 60°C all’ombra ha molto più senso con l’essenzialità di Villeneuve che con il tardo barocco di Lynch, regista al quale farei in una statua in ogni città del globo, sia chiaro.
Riguardo la storia invece, è vero che di grandi e belle storie di fantascienza non ne escono più (per quanto…”Il problema dei tre corpi”…vediamo se Netflix riuscirà a fare la cagata), ma semplicemente perchè di belle storia non ne escono più, a prescindere dal genere.
No, cavolino acciderbolo :_(
A parte il discorso di Avatar, che difendo a spada tratta, se non altro come un signor cinema d’autore, mi rattrista capire che alla fine District 9 non si è guadagnato lo status di classico o almeno di culto fantascienzo.
Non è mai stata così popolare, apple TV ci punta così tanto che pure una mega merda come Invasion l’hanno rinnovata per la terza stagione.
No dai… 2001 è imparagonabile con qualunque cosa su, non scherziamo. Difficile pure prenderlo come film di fantascienza, se fosse stato ambientato in un mondo fantasy con i maghi al posto degli astronauti e uno stregone malvagio al posto di Hal probabilmente avrebbe funzionato lo stesso… Il miglior Kubrik e quindi con buona probabilità il miglior film di sempre. Dune è bellissimo ma non arriva a metà della potenza, visiva e di significato, di 2001… Gravity… è un filmetto, girato estremamente bene ma è un filmetto. 2001 non lo scomodiamo per favore.
@ Cicciput non per nulla consigliavo di andarci piano coi paragoni. Anche io in effetti avrei dovuto specificare, 2001 è una pietra miliare assoluta del cinema, Gravity al massimo come cinema di genere, offrendo un’esperienza visuale clamorosa e una valida prova di recitazione. Quindi concordo, non siamo al livello di 2001, però lo trovo abbastanza esagerato definirlo un filmetto. Ha una trama debole con buchi abbastanza clamorosi, fattore a cui ho sempre dato molta importanza (in effetti è sempre stata la mia principale fonte di contrasti su questi spazi, visto che ad esempio per me Avatar non esiste proprio, lo giudico al livello dei bellissimi filmati Disney per le loro attrazioni dei loro parchi divertimenti). Quello che mi interessava sottolineare (imho, chiaramente) era che la trama anche in 2001 è l’elemento di gran lunga meno importante, e infatti sono sostanzialmente d’accordo che avrebbe potuto funzionare anche stravolgendo l’ambientazione e facendone un fantasy. Del resto il film fu molto celebrato per essere più rigoroso della media nel presentare l’ambiente spazio in modo scientificamente corrretto (ci voleva molto poco, quando la media dell’epoca erano astronavi che sterzavano come sulle provinciali e facevano piu-piu sparando), ma al monolite alieno in quanto tale era concesso tutto e di più, per cui si era in pieno nel fantasy.
@ chi si lamenta della mancanza di storie originali in ambito fantascientifico, non posso dare torto, ma posso consigliare Greg Egan (La scala di Schild è notevole), e i due Anathem di Neal Stephenson (credo l’abbiano ripubblicato in forma unica). Molto vicini al livello di Asimov o Heinlein. Purtroppo solo libri, tocca leggere. Ma del resto, anche Asimov e Heinlein tocca leggerli. Ad oggi, nessuno è riuscito a portare degnamente sullo schermo i loro classici. Ma forse…
dovrebbe essere illegale lamentarsi, anche poco, di Dune e/o di Avatar …
Bugo, District 9 è un film di satira di politica, non di fantascienza, nemmeno un pochino proprio. E poi Blomkampt ha fatto schifo in qualsiasi cosa abbia fatto dopo, schizzando fango anche su sulo vecchio bel film
E il problema è proprio questo: quando ci si doveva arrangiare con effetti speciali artigianali, la creatività la faceva da padrone perchè bisognava aggirare i limiti tecnici. Col digitale, nell’era del tutto è possibile, è sopraggiunta una sorta di pigrizia, unito a soluzioni amioccugginolofaugualeon50euro, e la scrittura passa in secondo piano perchè “tanto qua li sparaflashamo di lucine pew pew”…
Più che fanta-scienza, si adopera.uno sfondo di pulsanti e tute spaziali per portar in scena altri generi: thriller, horror, avventura. E’ difficile sostenere una fanta -tesi su premesse teoriche che implichino conoscenze diverse o superiori a quelle attuali e far quadrare il cerchio fino alla fine. Ma se si è ravanato nello sgabuzzino di stephen king per anni non capisco perché non guardare più di quanto sia già stato fatto a Lem, Dick, Asimov, Clarke ecc. Forse perché (ed è per me il suo limite) la fantascienza d’autore lascia poco spazio alle caratterizzazioni dei personaggi ed alle emozioni ed oggi più che mai pare che la gente voglia il solito spartito interpersonale e men che mai elucubrazioni intellettive
Scusate l’OT, ma qualcuno nelle risposte lo chiedeva…tra l’altro bella riflessione, quella sugli fx e l’assenza di un filone sci-fi degno di questo nome.
Dune parte II è praticamente il secondo tempo di Dune: se ti è piaciuto, impazzirai.
Topoi vecchiarelli, la storia è quel che è (ma regge comunque e scorre bene): impianto audio/video da sturbo come al solito.
Tornando a I.S.S.: è così bruttarello da evitarlo o merita comunque una visione a cervello super spento?
Io non credo molto nelle visioni a cervello spento, ti dirò. E’ un film noioso, diciamo, e non avendo visivamente nulla da dire non so davvero se consigliartelo. Giusto le immagini della terra in fiamme sono suggestive.
Massa mi rendo conto solo ora che non avete coperto The Expendables 4?
https://www.i400calci.com/2023/09/i-mercen4ri-expend4bles/
“Moon”, everyone?
Giusto, “Moon” era una figata
T O P
Visto ora…concordo con la rece…banale e sprecato!