Mi sono preso l’incarico di scrivere di Halloween e, dico la verità, mi cago un po’ addosso. È sempre difficile scrivere di un classico su cui tutti hanno già scritto tutto, trovando qualcosa di nuovo o per lo meno non banale da dire. Comunque ci proverò, e mi faccio aiutare dai miei amici Blue Oyster Cult in
Sigla!
Sono passati quarant’anni, ci pensate? Al cinema sta per uscire un nuovo capitolo della saga di Michael Myers che si presenta come il sequel definitivo. Il titolo è un po’ ridicolo (“Halloween”, punteggio bassissimo sulla scala Sticazzi/Mecojoni), la puzza di operazione nostalgia è intensa (c’è persino il povero Nick Castle a interpretare Michael a 70 anni), e il trailer si sbraccia per assicurarci che “QUESTO È IL VERO SEQUEL !!UNDICI!”, che ignorerà tutti i capitoli successivi compreso Halloween II. Una scelta che davvero non capisco, essendo quest’ultimo di fatto il secondo tempo di Halloween, ma vabbè, non divaghiamo. Siamo qui per parlare di altro, ovvero di quel primo episodio che, nell’autunno del 1978, terrorizzò il pubblico e si impresse a fuoco nella memoria collettiva.
Halloween – La notte delle streghe (Mecojoni!) nasce in realtà da un’idea dei produttori Irwin Yablans e Moustapha Akkad, che volevano realizzare un horror incentrato su delle babysitter (titolo proposto: The Babysitter Murders. Sticazzi). Lo proposero a John Carpenter dopo averne visto il (vero) debutto Distretto 13 – Le brigate della morte, gli staccarono un assegno di 10 mila dollari, ne sborsarono 300 mila per il budget (bassissimo all’epoca) e pedalare. Carpenter lo ambientò a Halloween su richiesta di Akkad e si mise a scrivere la sceneggiatura insieme all’allora morosa Debra Hill (fun fact: era cresciuta in un posto chiamato Haddonfield, nel New Jersey).
Il risultato, manco a dirlo, fu uno spartiacque del cinema. Prima di tutto perché fondò del tutto il genere slasher. Certo, non fu il primo film di questo tipo: anni prima erano già usciti Silent Night, Bloody Night (1972) e Black Christmas (1974), e si potrebbe anche discutere sul fatto che Non aprite quella porta racchiudesse già elementi chiave del filone (il gruppo di adolescenti braccati da un assassino mascherato, la final girl). Ma c’è un prima e un dopo Halloween: tutti gli slasher seguenti avrebbero incluso pedissequamente le regole stabilite da Carpenter e Hill. Queste sono, a grandi linee:
– una tragedia passata ha scosso una comunità;
– quella tragedia viene evocata da una ricorrenza o un anniversario;
– la ricorrenza attiva o riattiva un killer legato in qualche modo all’antico trauma, che inizia a mietere vittime;
– il killer indossa una maschera o un costume iconico;
– le vittime sono in genere teenager ingrifati;
– l’unica a sopravvivere e affrontare il killer sarà una ragazza casta e possibilmente vergine.
Le conosciamo più o meno tutti perché le ha elencate Kevin Williamson in Scream, ma in effetti fu Carpenter a usarle per la prima volta tutte insieme, influenzando la qualunque. Pensate solo alla saga di Venerdì 13 che, partita come un giallo con tanto di killer donna e senza maschera, già dal secondo capitolo si sentì in dovere di introdurre un assassino dall’iconografia sopra le righe, possente e dalla resistenza sovrannaturale e dotato, naturalmente, di mascherazza.
Premesso tutto questo, e stabilita oltre ogni ragionevole dubbio l’importanza storica di Halloween, analizziamo il film in sé per quello che è. E partiamo da un’affermazione per la quale, forse, mi odierete un po’: Halloween non fa più paura. Ci pensavo rivedendolo per scrivere questo pezzo. Non vuole essere un’affermazione provocatoria, né tantomeno assoluta. Ma dovreste essere totalmente digiuni da qualunque esperienza horror per spaventarvi ancora davanti al film. All’epoca era avanguardia, era terrificante perché nessuno aveva mai girato gli spaventi così. Carpenter adotta un montaggio interno che rivela la presenza di Myers sullo sfondo, fuori fuoco, con abili movimenti di macchina. Sceglie un ritmo lento che gela il sangue e una colonna sonora (non solo nel senso di musica, ma anche di rumori ambientali) minima, che evita tutti i cliché dell’orrore. Ma nel frattempo, in questi ultimi quarant’anni, questo è diventato il linguaggio corrente dell’horror, è stato perfezionato e limato allo sfinimento e dunque il suo impatto è inevitabilmente attutito.
Ciò non significa che il film sia invecchiato male, anzi. Potrei aprire una lunga parentesi parlandovi di come, a mio parere, si sopravvaluti l’importanza dello spavento nei film dell’orrore. Non ho mai capito chi dice: “Quell’horror non mi è piaciuto perché non mi ha fatto paura”. Certo, anch’io amo spaventarmi al cinema, ma sono anche consapevole che, a 38 anni, è difficile che mi ricapiti di vivere un’esperienza di visione come quelle della mia adolescenza. I film dell’orrore che mi fanno davvero paura li conto sulle dita di una mano e fanno parte di un determinato filone che, evidentemente, tocca in me delle corde profonde e inconsce (il cinema di fantasmi e possessioni demoniache, tanto per completare la mia confessione). Tutti gli altri li posso apprezzare per ragioni diverse: stilistiche, tematiche. Tanto per citare ancora gli zombi, un film di Romero vi fa necessariamente paura? No, o per lo meno non in senso classico. Diciamo che, più precisamente, inquieta. È INQUIETANTE (che brutta parola). Siamo d’accordo?
E allora, partendo da questo presupposto, ci sono pochi film inquietanti come Halloween, e pochi registi in grado di penetrare sotto pelle come John Carpenter. Nel cinema di Carpenter, il mondo è un luogo brutto e pericoloso a monte, prima ancora che una minaccia terrificante arrivi a colpire. La gente è diffidente e paranoica e individualista, non si interessa del prossimo e non lo vuole tra i coglioni. Haddonfield, Illinois non è che sia esattamente un posto idilliaco, e che Carpenter la pensi così si capisce da come utilizza le sue musiche per creare da subito un clima di angoscia latente. Siamo lontani anni luce dalla celebrazione della small town America di Spielberg: a Haddonfield non troverete ragazzini in bicicletta, luna park e balli di fine anno. Troverete invece un posto freddo e inospitale, fatto di genitori assenti, ragazzi e bambini lasciati soli in balia del male, porte chiuse e strade relativamente vuote.
Carpenter mette in scena tutto questo con la semplicità per cui è ben noto. Non si mette mai davanti alla storia, preferendo mimetizzarsi sullo sfondo e lasciando che inquadrature, movimenti di macchina e montaggio parlino da sé. Persino il piano sequenza in soggettiva che apre il film, perfetto nel suo agghiacciante pay-off, non è per nulla virtuoso o gratuito. Lui è sempre stato questo, un regista d’altri tempi, portavoce di un modo di fare cinema appartenuto alla vecchia Hollywood, quando regia e montaggio di regola dovevano essere invisibili. Quando distrarre lo spettatore da ciò che veniva raccontato era un’onta imperdonabile.
È per questo che vogliamo bene a John Carpenter. Perché, dall’alto del suo indiscutibile genio, è sempre stato uno di noi. Non ha mai cercato di farci sentire scemi per ostentare la sua caratura intellettuale. Che si trattasse di macchie solari, carceri a cielo aperto o yuppie extraterrestri, per esprimere la sua visione del mondo Carpenter ha sempre scelto metafore semplici e concept basilari, di quelli che avranno fatto dire a più di uno spettatore “A questo potevo pensarci anche io”. Sì, ma non l’hai fatto.
Un’ultima considerazione sulla figura di Michael Myers, aka “The Shape”. Quello di Carpenter è un mondo relativo, un cinema che rifiuta gli assoluti e che rivela come la nostra percezione della realtà sia fallata e dunque ci confonda. Da questo, dal non sapere mai cosa ci sia di vero e cosa sia fumo negli occhi, nasce la paranoia che pervade gran parte della sua opera. Eppure in mezzo a tutto questo un assoluto c’è, ed è Michael Myers. Lo dice chiaramente il dottor Loomis: “Per otto anni ho tentato di riportarlo a noi, ma poi per altri sette l’ho tenuto chiuso, nascosto, perché mi sono reso conto con orrore che dietro quegli occhi viveva e cresceva… il male”. Michael Myers non è un uomo. Michael Myers è il Male per antonomasia. Ed è per questo, per il fatto di essere l’unica cosa indubbia e assoluta in un universo di cose relative, che non l’abbiamo mai dimenticato.
DVD-quote:
“J’ammolla since 1978”
George Rohmer, i400Calci.com
Bella recensione George. Che cosa si può dire di più? “Halloween” è un Capolavoro Assoluto e una Pietra Miliare. E John Carpenter un genio a cui dovreste dedicare un ciclo “Le Basi”.
+1 per “Le Basi” su Carpenter
Mi aggrego! Carpenter tra le basi assolutamente!
Alla grandissima, sarebbe una meraviglia
Assolutamente,Carpenter è un regista calcista di serie A,ci vorrebbe propio.
Yes concordo rega
Anche per me un Le Basi dedicato a John Carpenter sarebbe meraviglioso (ma visto che avete già fatto una grandissima recensione de Il Seme della Follia a questo punto per lo stesso film ci vorrebbero almeno due redattori contrapposti, tipo True Detective 2)
Uno dei villain più iconici e cool dell’universo “Batmaniano”, Bane (the Man who broke the Bat) ha detto: “Il male assoluto è puro come l’innocenza”. Non so se sia una massima originale o importata dalla “letteratura alta”, ma di sicurno ne è degna. La GRANDEZZA di Michael Myers sta proprio qui, e la MAGNIFICENZA di Carpenter nell’averlo inserito in una provincia americana raffigurata con stile sontuoso e inconfondibile: dire che ha fatto scuola equivarrebbe a sminuirlo, lo hanno solo imitato.
Nel videogioco Dead by Deadlight, Michael è un personaggio giocabile: slashare gli altri giocatori nei suoi panni è una GODURIA.
Lo consiglio a tutti, in luogo della terapia psicanalitica del dottor Loomis.
Credo venga da “Omen” originale, il terzo capitolo per la precisione.
Ci sono alcune lines che sono divine.
Una è quella, “Il male assoluto è puro come l’innocenza”, un’altra (che è diventata una sorta di tormentone spirituale nella mia vita, oserei dire la sua spina dorsale) “La vita è dolore, la morte è dolore, la BELLEZZA, è dolore”
Non nel senso che il dolore è bello, nel senso che nella sua forma quintessenziale la percezione è invasiva, struggente, così bella ma anche così viscerale da essere quasi insostenibile.
Ed è diventata la quintessenza di ogni cosa in me, sesso, arte, occulto, quotidianità. La vita è dolore, la Bellezza è dolore. E allora viviamo così forte da farci male.
Ottimo pezzo davvero, che sottolinea aspetti che andavano sottolineati (specialmente su Carpenter) e ricordo perché siamo ancora qui a parlare di Halloween.
Mi ricordo parecchi anni fa, mentre guardava In The Mouth of Madness per la prima volta, come mi pare di aver avuto un`illuminazione riguardo appunto il cinema di Carpenter: c`e` sempre una fallacia, un errore, nella percezione del mondo dei suoi personaggi che crea un distacco, o un risveglio (veramente un elemento alla Philip Dick)… Snake Plissken con un occhio solo, gli occhiali da sole di They Lives, la follia di Michael Myers, persino l`invisibilità di The Invisble Man…
Mi accodo alla richiesta di una serie “Le Basi” dedicata a mastro John.
Per quanto riguarda la pellicola di prossima uscita mi sto tenendo alla larghissima da ogni spoiler, ma i giudizi delle anteprime parlano di un filmone, speriamo bene
Gran recensione. Ho rivisto ‘sto filmone non molto tempo fa e ne ho ricavato le stesse sensazioni. Oggi non puo’ piu’ spaventare come all’epoca (e ancora dieci anni dopo quando lo vidi per la prima volta: cazzo, se spaventava ancora), ma resta bello inquietante e comunque mantiene una sua misteriosa originalita’ rispetto all’infinita’ di imitazioni che ne sono state fatte (film piu’ imitato di sempre?), forse per via del ritmo lento e strano.
Quindi sottoscrivo tutto il discorso degli horror che non devono per forza fare paura. (Tranne che il mio punto debole sono gli horror orientali con le tipe coi capelli in fazza: oh, non so cos’e’, ma anche le peggiori cagate di quel tipo mi mettono strizza.)
Sono sinceramente interessato, per avere qualcosa di buono da vedere: quali sono i pochi film che ti fanno sinceramente paura che hai citato nell’articolo?
Mi permetto di risponderti io:
The Woman in Black per gli jump scares.
The Descent per tutto.
Serbian Film per il raccapriccio.
Hostel e Hostel 2 come sopra.
Session Nine per il finale.
Girl Next Door per deprimerti.
Guarda, non si tratta proprio di qualità dei film ma del tipo di storia raccontata, poi ovvio che se la raccontano bene mi fanno più paura. Ho proprio un grande problema con i film di case infestate (Wan su tutti mi mette una strizza senza senso) e quelli sulle possessioni o i riti satanici fatti bene (mi sono abbastanza cagato sotto con Hereditary).
Detto ciò, The Woman in Black non mi ha fatto paura, The Descent mi fa stare male fisicamente ma non tenere la luce accesa di notte, per intenderci.
Per dire, a me fece paurissima anche il primo Paranormal Activity (l’unico in realtà) e quando ho visto Insidious (da solo, al buio e con le cuffie) per poco non ho fatto un infarto quando mi hanno acceso la luce a sorpresa alle spalle.
Dai?!? Paranormal Activity?!?!
Ah, sì.
Sbattiamoci dentro anche l’oltraggioso Lovely Molly.
Che ti devo dire, penso che il primo faccia il suo lavoro bene. Però ripeto, sono anche certo che sia una cosa personale, a me quel tipo di roba lì terrorizza, soprattutto l’idea che sei a letto e a un certo punto senti una voce che sussurra il tuo nome. Ci sto male. :D
Oh, per carità @George, ci sta eh. I gusti e le paure sono cose personali (del tipo che io mi sono cagato addosso al cinema guardando Gothika con la scena della piscina fa un po’ tu…) ma non avrei mai pensato a Paranormal Activity che personalmente reputo da sempre una paraculata micidiale.
Pensavo citassi The Ring.
Bello il tuo ragionamento sugli horror e la paura. Non ci avevo riflettuto, è molto condivisibile.
Però vale sicuramente il ragionamento contrario: se fa paura, è un bel horror (The Ring per la cronaca non mi ha fatto dormire).
Il primo PA secondo me riesce nel suo intento, il problema è arrivato poi quando hanno iniziato a complicare la premessa aggiungendo una “mitologia” davvero inutile e confusa e, soprattutto, a moltiplicare i punti di vista rovinando l’effetto found footage.
“se fa paura, è un bel horror”. Concordo.
io c’ho un grave problema… non mi spaventa più una ceppa. T_T
dei film citati zero proprio..e neppure raccapriccio. Hostel ad esempio? al massimo diverte…forse un po’ Martyrs qualcosa..
Sono perfettamente d’accordo. PA è l’esempio tipico di film che preso da solo va più che bene, e viene poi gradualmente ma decisamente rovinato dalla mitologia che ci han costruito sopra a tutti i costi. Fino ad arrivare a Dimensione Fantasma che è LA cazzata. Cioè è proprio la definizione stessa di cazzata.
A me ha fatto paura Beyond the Black Rainbow, per dire.
“Quando distrarre lo spettatore da ciò che veniva raccontato era un’onta imperdonabile.”
Inarritu, anyone?
anche secondo mw dovete dedicare un LE BASI a Carpenter.
Come si fa a non innamorarsi di Caroenter quando di parla del suo cinema? Non lo so!.
Mi accodo alla richiesta di un Le Basi.
Che dire, Carpenter è uno dei miei registi preferiti, anche e solo per un motivo: è uno che a bravura da filo da torcere a Kubrick o Bergman, e nonostante ciò riesce a fare film per il grande pubblico.
Che dire, andrò rivederlo di corsa al cinema.
Al contrario, temo il nuovo film, più che altro perché trovo stupido togliere dal canone Halloween II, film sottovalutato a mille ma che a me piace, anche perché come detto nella recensione rappresenta una vera e propria parte 2, nonché una degna concluso (e infatti con la saga mi sono fermato al carino Halloween 3, perché non vedevo a cosa servisse il ritorno di Maters e soprattutto perché ho un amico che mi ha parlato di trovate terribili, come Michael che si accoppia con la nipote o qualcosa del genere).
Sì d’accordo le basi di Carpenter, free Mandela, Valpreda e mio cuggino, ma parliamo di cose serie: manca poco a Luccacomics, ci sarà il CONVEGNO MONDIALE?
Avrete presto notizie.
Bah, che dire di Halloween? Un capolavoro assoluto, sul podio dei migliori del regista, subito sotto La Cosa e 1997:Fuga da New York. L’ho sempre considerato una versione horror di Psycho piú che una ripresa dello slasher d’exploitation di Baviana memoria, ma comunque, visti i palesi riferimenti mi vanno bene entrambe le definizioni. Ció che davvero mi stupisce, in riferimento alla sua intera filmografia, é il suo stile puramente “americano”: riesce a cambiare genere e toni con una disinvoltura disarmante senza troppe pretese stilistiche, ma con uno sviluppatissimo senso dell’ironia dello spettacolo che Michael Bay, John McTiernen e John Woo(che rimane comunque un fenomeno) si sognano giorno e notte. Il tutto attorno a soggetti e tematiche serissime e senza rinunciare alla sua critica, decisamente “di sinistra”. Un regista estremamemte consapevole del mezzo cinema come finzione, e quindi di genere, ma conscio delle sue enormi potenzialitá di narrazione della realta. A mio modesto parere, penso che i tempi siano abbastanza maturi per definire il buon vecchio John l’erede legittimo di Howard Hawks.
niente da dire sul buon Carpenter.. avanti anni luce …e la cosa è uno dei film più inquietanti mai visti (anche questo non scherza ma siamo su un altro livello)…ringrazio Tarantino per la citazione nel suo ultimo perché quella musica non mi usciva più dalle orecchie
Mi associo anch’io per un LE BASI su Carpenter.
Certo che il buon John ha sempre avuto una rogna pazzesca…e anche Halloween non fa eccezione.
Dopo questo arriva Caz…Cunningham col suo Venerdi’ 13, che altro non e’ che la versione burina.
Ma alla fine Jason finisce per diventare persino piu’ popolare di Michael Myers.
Al punto che per parecchio tempo molti hanno pensato che fosse Halloween ad aver copiato da Venerdi’ 13, e non viceversa!
Uno dei classici esempi in cui un’ imitazione ha persino piu’ sucesso dell’originale.
E’ raro ma succede.
E a chi doveva succedere, se non a Carpenter?
Veramente rognato, quest’ uomo. Davvero.
Nel remake di Rob Zombie non ho gradito il fatto di aver voluto dare una famiglia disastrata al piccolo Michael.
Voglio dire…con elementi simili, chiunque sarebbe diventato un serial killer!
La cosa inquietante del primo era proprio che la famiglia Myers appartenesse alla fascia medio – alta.
Una famiglia di perfetto stampo borghese, dove nulla potesse lasciar presupporre l’insorgere di psicopatologie omicide.
E invece…a volte il marcio si nasconde proprio li’.
Voglio essere sintetico: Rob Zombie del personaggio di Michael Myers non ci ha capito una minchia.
Ma un modo per trovare una parte alla moglie doveva pur trovarlo
Non so voi,ma io, se vedo Halloween,il giorno dopo o addirittura il giorno stesso devo vedere Halloween 2- il signore della morte. Tra tutti e due non dureranno neanche tre ore,ed’effettivamente l’ultima volta li ho visti insieme,una goduria. Ora,viene fuori un sequel intitolato come l’originale che ignora Il signore della morte ??? No vabbeh…, e io che ho sempre sperato, facessero un edizione dei due film in un unico montaggio, pensa te… ,a stò punto la speranza che lo facciano muore per sempre.
Mi associo: pire per me Il signore della morte è la degna parte 2 del primo film, e trovo ridicolo escluderlo.
Avete notato che Neil Blomkamp ha dato vita ad’una moda paracula che più paracula non si può ? Sta arrivando il “vero” seguito di Halloween,poi sara la volta del “vero” seguito di Terminator 2,e lo stesso Blomkamp forse vuole fare il “vero” seguito di Robocop. E tutto è nato dalla sua idea di fare il “vero” seguito di Aliens, in pratica una moda nata da un film mai realizzato ? Sotto i migliori auspici quindi ? ” Scusate,i veri seguiti facevano cagare e allora li canceliamo ufficialmente,contenti ? ” Che tradotto è ” vogliamo guadagnare vagonate di milioni con un franchise che già conoscete e amate ” . Vabbeh,sempre meglio dei remake no ?
io non ce l’ho mai fatta a spaventarmi durante un film, (non lo dico come vanto credo che al massimo sia un difetto) peró si mi ha spaventato dopo.
Tipo quest’estate dopo la visione di the VVitch mi son trovato solo a fumarmene uno nel giardino della casa in campagna (isolata da qualsiasi cosa umana) di mia sorella e a sentir tutti quei bei rumorini provenienti dal bosco erano effettivamente abbastanza inquietanti…
Non farà paura, ma disturba…. cristo se disturba!
Complimenti per la recensione. Seria, concisa, tecnica e senza cazzate. La migliore che leggo su questo sito da parecchio tempo a questa parte. ^__^
Grazie!
Lo sto rivedendo ora mentre scrivo e devo dissentire sull’ultima parte del (bellissimo) pezzo. Il cinema di Carpenter ha un altro personaggio che è ancora più distillato del Male di Myers, ed è Christine. Il film è minore, il successo imparagonabile, la fonte mediata (adattamento di King) e non anche scritta da Carpenter… ma Christine è ancora più “pura” di Michael.
Posso proporre un diniego?
Christine è posseduta dal male colato fuori dall’agonia del bimbo che ci è morto dentro (o era una bambina?!)
Myers non ha “giustificazioni”.