In occasione del suo 40esimo anniversario, vi abbiamo raccontato del seminale Superman di Richard Donner e dei suoi tre sequel, incluso lo spin-off Supergirl. Ma com’è proseguito il rapporto tra il cinema e i fumetti dopo quel rivoluzionario successo? Scopritelo con la nostra nuova rubrica #EroiDiCarta:
Nel ‘77 esce Guerre Stellari.
Nel ‘78 esce Superman.
“Ah sì?”, dice il leggendario produttore Dino De Laurentiis.
Ce l’ha lui l’idea perfetta per gareggiare con entrambi.
Avventure nello spazio + eroi dei fumetti = Flash Gordon, vien da sé.
Altro che Popeye (che usciva letteralmente la settimana dopo).
E allora De Laurentiis si prende su e organizza Flash Gordon.
La storia della produzione è roba da scriverci un libro. O da farci un documentario (che per fortuna esiste, si chiama Life After Flash, è freschissimo, ci torno su dopo).
Per cui sintetizzerò.
Montate con me sulla navicella spaziale – SIGLA!
Ok, non è andata precisamente così: in realtà erano anni che De Laurentiis voleva fare Flash Gordon e che ne aveva opzionato i diritti, ed è appunto uno dei motivi per cui Lucas finì per fare Guerre stellari invece che direttamente un film sull’iconica creazione di Alex Raymond.
Flash Gordon è forse una delle cose più americane che esistano, proprio in senso classico e popolare, ma per qualche ragione De Laurentiis si era fissato col fare un gigantesco art movie europeo. Prima prova a farlo con Fellini, poi chiede a Sergio Leone, infine riesce a convincere Nicolas Roeg. Roeg prova a convivere con De Laurentiis per un annetto buono – e soltanto il cielo sa quanto avrei voluto vedere una sua allucinatissima versione – e poi rinuncia.
Erano più o meno gli stessi anni in cui si provava a fare il Dune di Jodorowski, il che potrebbe portarmi ad aprire una parentesi enorme sugli anni in cui si provava a dare i grandi blockbuster popolari in mano ai grandi autori, cosa che come abbiamo visto andò malissimo col Popeye di Altman. La cosa che mi incuriosisce è che la maggioranza di questi tentativi muore sul nascere, quasi sempre per differenze creative con la produzione, e questo forse dovrebbe insegnarci qualcosa, perlomeno nell’ambito di settare le aspettative/pretese. De Laurentiis, non pago, pochi anni dopo riuscì a strappare Dune a Jodorowski e farlo girare nientemeno che a David Lynch, con risultati non esattamente considerabili come un grande e indiscutibile successo, ma a parte quello si contano pochissimi casi.
Di norma va a finire come Flash Gordon: si scende di qualche gradino, si trova un talento un po’ meno noto, un po’ più malleabile.
Nel caso di Flash si tratta di Mike Hodges, regista di Get Carter, la cui prima reazione, per farvi capire la malleabilità, fu “ma checcazzo c’entro io con questa roba???”.
Dino se ne fotte e lo convince.

Ladies & Gentlemen we’re floating in space
La produzione inizia e subito gli aneddoti si moltiplicano a dismisura.
Tra i problemi macroscopici, la crew: De Laurentiis mischia italiani e inglesi e spesso la traduzione latita.
Diversi, tra cui Hodges, raccontano che Danilo Donati, storico collaboratore di Fellini incaricato di costumi e scenografie, si chiuse nel suo studio a ideare ogni cosa in totale autonomia senza aver letto lo script, per poi consegnare e salutare.
Un altro problema: Sam J. Jones, l’interprete di Flash Gordon.
Scelto alla Christopher Reeve tra un mare di sconosciuti (il più accreditato dei quali pare che fosse Schwarzenegger, post-Uomo d’acciaio ma pre-Conan, bocciato solo per via dell’accento), Jones si rivelò un personaggio dal caratterino poco accomodante, ma soprattutto mal consigliato. Pare che durante le riprese si facesse spesso coinvolgere in risse, finendo persino una volta in ospedale, ma soprattutto iniziò da subito a litigare con De Laurentiis sugli aspetti finanziari, arrivando ad assentarsi occasionalmente dal set e a farsi infine licenziare in post-produzione, sostituito senza cerimonie da qualcun altro al doppiaggio e tenuto lontano dalla fase promozionale. Non prende benissimo quando vuoi lanciare una nuova saga kolossal e tieni il tuo protagonista, completamente sconosciuto, nascosto alla stampa.
A parte lui, De Laurentiis aveva accumulato un cast particolare.
Dale Arden era un’altra sconosciuta, Melody Anderson.
L’imperatore Ming era Max Von Sydow, un grande attore che aveva raggiunto la notorietà grazie ai film di Ingmar Bergman, e che aveva già grande esperienza di blockbuster hollywoodiani, ma non esattamente un divo.
Sua figlia Aura era invece sì una diva, ma in Italia: Ornella Muti. E c’era Mariangela Melato, che anche gli americani conoscevano per via dei film di Lina Wertmüller (non esattamente l’americano medio però).
C’era Topol, il Max Von Sydow israeliano, nel ruolo del Dr. Zarkov.
C’erano tre attori teatrali di impostazione classica: Timothy Dalton, Peter Wyngarde e Brian Blessed.
E – forse l’unico a suo agio con la materia – in un ruolo troppo minuscolo c’era Richard O’Brien, il creatore del Rocky Horror Show.

Si narra che Brian Blessed improvvisò la scena in cui palpa il sedere a Melody Anderson, e che la reazione che vedete nel film è quella naturale. A essere circondati da italiani…
Questa collezione di gran curriculum per cosa?
De Laurentiis voleva un film comico, e aveva assunto Lorenzo Semple Jr, già sceneggiatore per il vecchio telefilm di Batman.
Donati aveva costruito set incredibili, ma più o meno a caso.
Le comunicazioni fra la crew erano una faticaccia.
In quello che viene raccontato come il più costoso film improvvisato di sempre, Hodges riuscì a trovare il bandolo della matassa contrastando le difficoltà con un’atmosfera più spensierata possibile.
Flash Gordon è un film che farei una gran fatica a raccontarvi oggi, senza farvelo vedere, se non ne esistesse un plateale omaggio come Thor: Ragnarok.
È un film che parte senza mezzi termini: il malvagio Imperatore Ming del pianeta Mongo decide di devastare la Terra con disastri “naturali” (esplicitamente scritti sulla sua pulsantiera) perché sì, perché si stava annoiando e cercava un nuovo passatempo. In dialoghi che ti aspetteresti pronunciati da che ne so, il Dr. Male di Austin Powers o qualche campione di faccette isteriche da telefilm dei Power Rangers, c’è Max Von Sydow, seppellito da pesante trucco alla Fu Manchu, che declama il tutto con inflessibile gravitas.
Sulla Terra, lo scienziato Zarkov aveva previsto tutto da tempo ed è pronto a partire per il pianeta Mongo con un razzo costruito a casa sua (su cui l’assistente comprensibilmente si rifiuta di salire). Con lui Flash Gordon, popolare campione di football, e Dale Arden, giornalista, entrambi scampati a un incidente aereo causato da Ming e atterrati casualmente dentro casa di Zarkov (sopra al suo assistente, che fa ridere perché muore).
Una volta a Mongo, i tre terrestri trotterellanti finiscono dritti nelle grinfie di Ming, e sta all’eroismo di Flash risolvere la situazione e ribaltare il tirannico impero malvagio di Max Von Sydow truccato da cinese.

Un attore bergmaniano & friends.
Flash Gordon è da subito un trionfo del camp: esplicitamente fumettoso e coloratissimo, immerso nel cielo pesantemente psichedelico del pianeta Mongo, popolato da costumi e scenografie grandiose e folli, naviga platealmente a vista ma riesce a trovare quel perfetto equilibrio che sta fra il bambinesco, giocoso e senza pretese e si ferma prima di diventare una continua strizzata d’occhio o un’aperta buffonata.
Là dove Thor: Ragnarok ne ricalca colori, suoni e atmosfere ma rimpiazza Max Von Sydow con Jeff Goldblum e prende la strada della commedia pura, Flash Gordon contrasta l’impassibile Ming con un carichissimo Zarkov, un serissimo Timothy Dalton principe della giungla di Arboria con uno scatenato Brian Blessed principe degli uomini alati, la seducente e perfida Ornella Muti con l’esuberante, americanissima Melody Anderson, il subdolo Klytus di Peter Wyngarde con Mariangela Melato che fa Ilsa la belva delle SS. Jones dal canto suo appare mezzo spaesato e mezzo divertito, e tutto sommato funziona.
È un film che non ha paura dei suoi momenti più kitsch (“No! I vermi carnivori nooo!!!”) ma che nonostante tutto non cede, non si abbandona alla farsa e mantiene un coinvolgente senso di avventura, tra pianeti incredibili, sfide mortali, partite a football improvvisate, Ornella Muti che gira con un nano al guinzaglio chiamato “Fellini” (frecciatina a Donati).
E la ciliegina sulla torta è la colonna sonora.
Nessuno poteva interpretare un’atmosfera simile meglio dei Queen, e sono stati ingaggiati i Queen.
Il tema principale è entrato nella leggenda e sintetizza il film alla perfezione: diretto, potente, sfacciato, giocoso ma allo stesso tempo impassibile.
Per il resto dello score collaborano con Howard Blake, e sembra che il sound della chitarra di Brian May sia stato inventato apposta per questo: il rock, la psichedelia, la maestosa arroganza.
Un’opera del genere si sarebbe probabilmente retta da sola, e uno score del genere avrebbe probabilmente salvato qualsiasi film, ma messi insieme sono un trionfo.
Il resto è storia.
1980: Flash Gordon floppa male (tranne in UK).
1987: diventa uno dei miei film preferiti di tutti i tempi.
2012: Seth MacFarlane lo sdogana in Ted, e rispolvera un rinsavito Sam J. Jones. Lo stato di cult diventa ufficiale.
2017: Taika Waititi diminuisce le dosi di droga, aumenta a manetta quelle di umorismo, e sostanzialmente ci ricalca sopra un film della Marvel.
2019: è ancora uno dei miei film preferiti di tutti i tempi. E Taika Waititi ne sta curando un adattamento animato.

Ma com’è bello andare in giro con le ali sotto i piediii…
Tornando al documentario Life After Flash: ci sono tutti, tranne Hodges (che però racconta la sua versione negli extra del dvd) e quelli troppo seriosi (Von Sydow, Dalton, gli italiani).
Ma si concentra soprattutto su Sam J. Jones: la sua vita movimentata, la sua carriera incredibile.
Sam entra in dolorosi dettagli quando si tratta di raccontare come la sua testa non fosse nel posto giusto, come il successo l’avesse ubriacato e la faticaccia nel trovare altri ruoli dopo Flash (compare in qualche action basso budget qua e là), fino alla consapevolezza di non poter campare come attore.
Segue la solita parabola: il detox, il ritorno alla modestia, la scoperta del Cristianesimo.
E infine una nuova carriera: quella di bodyguard specializzato in gite a Tijuana.
Aveva detto che avrebbe salvato tutti e che dire: a suo modo, lo sta facendo.
Thanks Flash.
DVD-quote:
“Gordon’s alive!!!”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
Tempo addietro lessi che l’unico veramente entusiasta di fare il film era (incredibilmente) Max Von Sydow che a quanto pare da ragazzino leggeva avidamente i fumetti di Flash Gordon e quindi non vedeva l’ora di fare il film.
Per il resto, che dire, è stato veramente un film in anticipo di vent’anni sui tempi. Se fosse venuto dopo, quando ormai un certo tipo di fantascienza epica, la trasposizione cinematografica delle space opera, si era ormai sedimentata nei gusti del pubblico, girato in maniera completamente ironica per non dire comica avrebbe anche potuto avere successo. Cosi, indeciso se essere un film d’avventura spaziale o la parodia dello stesso, non è andato da nessuna parte. Ed è un peccato, perchè come dici aveva tutto per essere una pietra miliare della storia del cinema, almeno di quello di genere.
Gran bel pezzo Nanni.
Per dovere di cronaca, ma anche per motivi cronologici (lo precede di ben 6 anni), mi sembra doveroso citare anche “Flesh Gordon”, la parodia soft porno:
https://www.imdb.com/title/tt0068595/?ref_=nv_sr_1?ref_=nv_sr_1
Due parole
Una merda
Grazie un mondo, cognato!
Sono ricordi che ti svoltano la giornata!
Bonus: Suite dalla Score di Howard Blake al netto dei Queen:
https://www.youtube.com/watch?v=i4DIW8zhQ7A
Adattamento animato?
Hai la mia curiosità. Con uno stile rotoscopio tipo Fleischer o Bakshi a imitare le anatomie di Raymond sarebbe una chicca.
Ehhhh quanti ricordi. In particolare la patria Ornella e il biondo palestrato seriamente candidati ai premi cagnaccio
Che estetica, per il resto! e si’, diciamocelo: come sarebbe stato il Dune di Jodorowski?
Lo vidi da bimbo in un’estate anni novanta e non ricordo praticamente nulla, se non un indistinto e potentissimo alone di fascino visivo/visionario e che il trip su Mongo mi aveva di base divertito molto. Forse ricordo quello che va ricordato, proverò a rivederlo oggi.
Ora mi hai messo voglia di rivederlo, ma ammetto che me lo ricordo come uno spettacolo pachidermico e inerte. Ma lo rivedero’.
Mai, mai e poi mai ho associato che l’Hodges di “Get Carter” fosse lo stesso di “Flash Gordon”.
Il disco dei Queen uscì molto tempo prima del film, e a causa dell’attesa ci si aspettava tutti almeno qualcosa al pari di Guerre Stellari. Inoltre, al cinema l’audio era ancora monofonico, per cui la parte migliore del film veniva penalizzata (accadde la stessa cosa per Xanadu). Rivisti oggi entrambi con un potente audio 5.1, acquistano qualche punto. Ad ulteriore danno per Flash Gordon, il primo riversamento in dvd era poco luminoso e con una pessima risoluzione, mentre il più recente bluray ristabilisce un’immagine con i giusti parametri.
io di questo film ricordo solo che flash gordon ha cantato a mente tutte le canzoni dei beatles. bellissimo. <3
Grazie!! Uno dei miei film preferiti in assoluto. Un baraccone colorato e musicale, che diverte e si diverte. Certo alcuni performance sono inguardabili, ma la Melato in Latex e Von Sidow luciferino sono l’esempio vivente che i grandi possono fare tutto, e farlo da Dio. Love love love !
Mitico! Da bambino era uno dei film preferiti. Ottimo pezzo.
Capolavorone.
Condivido ogni parola, Nanni, una per una.
“A che ora arriveremo nella Capitale?”
“Alle otto di stasera, SE NON CI SONO SCIOPERI”
Santo subito.
Apoteosi.
Assurdità del doppiaggio italiano, così come il riferimento a Mike Bongiorno. Perché cosi’ com’era il film non era abbastanza assurdo.
Vero, vero, ma secondo me è parte di ciò che lo ha reso così colorato!!!
Cazzo mi ricordo Ted, la scena dove il vicino viene a lamentarsi del casino, e gli fanno “Senti un po’ come ti chiami?” e quello fa “Mi chiamo -nome che non ricordo- MING!!!”
E lui lo “vede” in allucinazione tutto vestito e truccato pari pari e gli salta addosso, oddio, cazzo, quello è lo spirito del film originale, ahahaha!!!
MORTE A MING!!!!!!!!!
Fantastico e iconico…..ricordo anche il cartone con scene uguali in loop di puntata in puntata con un’animazione per l’epoca da green screen!!!
speriamo che nel prossimo film di ted sdoganino anche popeye…
ps: non sono un robot, e comunque anche se lo fossi dovrei esser un robot proprio scarso per non riuscire a cliccare su tutte le foto con un semaforo.
Fermi tutti. Robert Altman ha fatto un film su Braccio di Ferro? E perché non sono stato avvertito? X–D
Perchè Altman, buonanima, ha una filmografia ricca di strane zone d’ombra.
C’è anche una recensione recente, non troppo convincente, su queste pagine
http://www.i400calci.com/2019/06/il-manuale-di-come-lavorare-male-popeye-1980/
Ammetto che dopo il suo pezzo dedicato a Doc Savage anni fa e dopo la recensione a Line Ranger pensavo che Darth Von Trier avrebbe coperto anche Flash Gordon per ultimare la Sacra Trinità delle Icone Pulp USA (a cui comunque ancora mancano Shadow, Dick Tracy, ecc.). Però ricordavo per qualche motivo che anche il Capo fosse fan di Gordon e insomma, non sarò io a lamentarmi. Bella recensione, bellissimo casino produttivo e a questo punto il film ho voglia di vederlo.
Rivisto stasera. Credo per la cinquantesima volta. Finito cinque minuti fa. Capolavoro.
Il Dottor Zarro con l’indice puntato e accanto la bandiera americana, o la gnocchina che fa “Voi uomini avete il pallino della rivoluzione” HAHAHAHAHAHAHA
Cazzo capolavoro. Oddio quel film è qualcosa di indicibile .
…ma nessuno ha notato che Ming sembra pari pari LaVey???
Grande film. Visto da bambino durante gli anni 80 grazie a mio padre grande amante del Flash fumettistico. E’ vero che all’epoca ci voleva poco a farti sognare, ma la partita di rugby con la pigna dorata e’ una delle scene cult nella mia memoria. Oltre alle musiche di un gruppo che io non sapevo nemmeno chi fossero.
C’hai gli stessi identici gusti di mio padre c’hai
Il che vuol dire ottimi. Tutta roba che mi faceva vedere di contrabbando da mia madre, non lo ringrazieró mai abbastanza
Sono così vecchio che l’ho visto in prima visione al cinema, se non ricordo male proprio in Duomo a Milano.