[The Curse of Miike – Blood and Money]
“Dunque, compilato il 723 dovremmo solo procedere alla ripartizione delle imposte in tre rate con l’anticipo sull’anno prossimo”
“Sì, va bene”
“Ha per caso delle spese sanitarie da detrarre?”
“Non credo, l’asilo del bambino?”
“Posso controllare… È a carico di entrambi i coniugi?”
“Credo”
“Lei ha qualche iscrizione a qualche ente benefico?”
“Ogni tanto faccio qualcosa per i gruppi di autoaiuto per i fan dello Snyderverse”
“Mi dia qualche giorno per controllare, intanto lei faccia la recensione di Winnie the Pooh: Blood and Money”
“Come scusi?”
“Miike! Bentrovato!”
“Nanni?! Nanni! Ma come…”
“Me la cavo ancora coi travestimenti, eh?”
“Ma che ne hai fatto del mio commercialista?”
“Stanlio gli ha fatto credere di aver vinto una vacanza di due anni su un’isola caraibica…”
“Un’isola caraibica?”
“In realtà son due anni che sta su un terrapieno costruito in mezzo a una risaia di Vercelli. Però non si è accorto di nulla. Ma torniamo alla recensione”
“Te l’ho detto, ho smesso con quelle cose”
“Io invece credo che tu debba tornare in servizio”
“E cosa ti fa pensare che accetterò?”
“Per due anni sono stato il tuo commercialista, Miike…”
“Io non ho niente da nascondere. Sono pulito e lindo come l’attivismo di Mattel contro il patriarcato”
“Vero. Però c’è una cosa che hai sottovalutato”
“Quale?”
“Io non ne so niente di regimi fiscali, Miike”
“…”
“Scegli: o noi o la finanza, Miike”
“…”
“Si torna a Valverde, Miike?”
“Si torna a Valverde…”
La matematica mi ha sempre affascinato parecchio. Il motivo è che la matematica è in grado di collegare dati apparentemente incoerenti tra di loro (purché appartenenti a un medesimo sistema di riferimento) permettendoci di leggere il quadro generale che da essi emerge.
La matematica ci consente, in altre parole, di vedere il mondo dall’alto, con l’occhio degli Dei, offrendoci uno sguardo d’insieme di ciò che altrimenti apparirebbe casuale, caotico, pulviscolare.
Prendete ad esempio la gaussiana di Spielberg: esso è il grafico che ci permette di visualizzare la qualità di un’opera cinematografica attraverso una funzione che mette in relazione proprietà intellettuali e qualità della sceneggiatura.
La gaussiana di Spielberg risulta più o meno così.
Per contestualizzare meglio il grafico, collochiamo al suo interno alcune opere cinematografiche più o meno recenti.
Volendo spingerci nella stretta attualità, la gaussiana potrebbe essere aggiornata così.
Bene. Dovete sapere una cosa: la gaussiana di Spielberg l’ho inventata io.
Dovete saperne anche un’altra: non è poi così lontana dalla realtà.
SIGLA!
Winnie the Pooh: Blood and Honey (d’ora in poi WtPBaH Winnie, se no ci impiego tredici minuti a scrivere solo il titolo) è un film scritto, diretto, prodotto, montato da Rhys Frake-Waterfield che forse voi conoscerete per The Area 51 Incident in cui, al ruolo di produttore, regista, sceneggiatore e montatore, ha aggiunto anche quello di compositore della colonna sonora e The Killing Tree (aka Demonic Christmas Tree) in cui, oltre che produttore, regista, sceneggiatore e montatore, è stato anche allestitore di scena.
È uno così Rhys, un one-man-band.
Cioè quel tipo di artista che si porta appresso la grancassa sulla schiena, i cembali sotto le ascelle, le trombette sulle scarpe e un sacco di tristezza addosso.
Quanta tristezza? Tanta. Tanta tristezza.
Ci sono due cose interessanti nella storia produttiva di questo Winnie. La prima è che il buon Rhys ha potuto appropriarsi di una delle proprietà intellettuali sui libri di Winnie the Pooh sfruttando la norma che fa decadere i diritti d’autore, per opere create da enti diversi da singoli individui, per 95 anni dopo la prima pubblicazione e questa norma è conosciuta come Mickey Mouse Protection Act.
La seconda è che Rhys, nello sfruttare una IP (intellettuale property) di Disney, si è perfettamente allineato al tipo di cinema della casa di Topolino, ben rappresentato dalla gaussiana di Spielberg e riassunto nel motto affisso all’ingresso dei Marvel Studios: “A cosa serve una storia quando hai Hulk?” (“I have a Story. And we have a Hulk.”)
In effetti questo Winnie si inserisce perfettamente nell’alveo delle ultime produzioni firmate Disney: un film girato sostanzialmente con il pilota automatico, terribilmente prevedibile in tutte le sue parti, poco ispirato e che punta tutto sulla gimmick di un ribaltamento legato ai personaggi iconici che mette al centro della scena. Winnie è uno slasherino totalmente innocuo, privo di uccisioni fantasiose, dove la violenza grafica è ridotta al minimo (per scarsità di fantasia o di mezzi o d’entrambi) e in cui una coppia di generici redneck, non particolarmente dissimili da quelli che abbiamo visto in tante produzioni degli anni 80, hanno come unica peculiarità quella di indossare delle maschere di gomma dismesse dal tiro a segno del luna park della contea. In più volte durante la visione del film c’è la sensazione che questo Winnie sia stato creato prendendo una sceneggiatura standard, probabilmente già scritta o fatta scrivere da un’intelligenza artificiale con i prompt #slasher #80s #horror #tobehooperstyle, e poi incollandoci un prologo animato (inutile), un paio di maschere (orribili) e una scena in cui un uomo con la maschera mangia il miele (inutile e orribile).
La trama non fa che confermare la totale pigrizia dell’opera.
Winnie the Pooh e Pimpi (Tigro no perché troppo riconoscibile e se no la Disney affila gli avvocati) vengono abbandonati a loro stessi da un maledetto ragazzino borghese vestito Petit Bateau che prima gli portava le briochine senza olio di palma e il miele di castagno bio, e poi niente. Winnie e Pimpi iniziano ad avere fame. Tanta fame. Così fame che si si mangiano Ih-Oh scoprendo così le gioie della dieta Duncan. Sconvolti dall’atto di cannibalismo (?) giurano vendetta per quanto successo. Seguono uccisioni di donne (??) a caso.
Tutto in Winnie è un tripudio dello stereotipo: la compagnia di donne che si imbattono nel dinamico duo zoomorfo è composto dall’influencer che influencera, la coppia omosessuale in crisi, l’intellettuale sensibile che passa il tempo a stringersi nelle spalle e la capobanda con un trauma alle spalle che vuole dimenticare.
Se fosse tutto qui, beh, sarebbe ben poca cosa.
Ma.
(e c’è un ma)
Grattando la patina che riveste la superficie, Winnie the Pooh: sangue e miele si rivela un film molto diverso. Pieno di profondità e sorprese. Metaforico oltre l’inverosimile. Doloroso e disturbante.
!ATTENZIONE!
Quello che leggerete nelle prossime righe potrebbe non piacere a molti di voi. Pur tuttavia, se sentite l’esigenza di scrivere una critica, ecco vi prego di fermarvi un attimo e, facendo mia l’intuizione dello YouTuber Ciancianguilla, vi chiedo di non scrivere il vostro commento ma bensì riportare queste parole:
“Miike, non sono d’accordo con quanto hai espresso. Ciò nonostante, anziché scriverti le mie rimostranze, voglio ringraziarti pubblicamente per tutto il tempo che hai sottratto alla tua famiglia e al tuo tempo libero per offrirmi un contenuto di qualità e pieno di intelligente intrattenimento. Per tale ragione ecco cinquanta euro come breve forma di ringraziamento” (segue messaggio privato a Nanni Cobretti per avere l’IBAN verso cui indirizzare il pagamento).
Pensateci bene.
Un ragazzino viene emarginato a tal punto da doversi rifugiare in un universo di creature immaginarie che lui nutre sottraendo risorse ai propri genitori.
Questo stesso ragazzino però a un certo punto cresce e spinto dalla società abbandona questi amici per cercare di farsi una vita come tutti.
Questi amici segreti, nati da quel disagio che si cerca di dimenticare, in una prima fase deperiscono, poi si cannibalizzano e alla fine crescono. Crescono. Crescono e cambiano.
Il ragazzino, ormai alla soglia della maturità, si decide a mostrare alla sua futura sposa il suo segreto più nascosto, e torna dai vecchi amici con lei per farglieli conoscere. Ma i vecchi amici non sono più lì. I vecchi amici non sono più amici. Sono brutali. Sono cattivi. Non hanno pietà di lui. Lo vogliono solo punire.
Questi stessi amici che lui ha nutrito, ora vogliono nutrirsi di lui, delle sue relazioni, della sua vita espandendosi anche verso l’esterno e rivalendosi con violenza verso un generico mondo femminile colpevole di egoismo e poca sensibilità.
Semplice! Winnie The Pooh: sangue e miele parla chiaramente di videogiochi.
Tutto il film non è che la parabola sanguinaria di un vecchio videogiocatore anni 80, cresciuto a pane e SuperNintendo, che dopo una lunga fase di allontanamento dalle console ad eccezione di qualche sporadica partitina a Football Manager, decide di riprendere in mano un pad in età adulta, trovandosi davanti un gioco FROMSOFTWARE.
Non è un caso che tutte le uccisioni (o quantomeno la maggior parte delle stesse) abbiano, come punto d’impatto, la testa: è infatti la testa quella che viene coinvolta maggiormente nell’attività videoludica. Il corpo invece deperisce, si fa “incatenato” (ai controller), si smagrisce, perde dignità, si incrosta. La fantasia diventa inarrestabile, dilagante e divora tutto sotto i nostri occhi.
Questa è una possibile lettura.
Oppure
Oppure c’è anche la possibilità che Winnie The Pooh: sangue e miele risulti, nella sua ingenuità, uno dei film più maschilisti usciti negli ultimi anni, catalogandosi come il manifesto perfetto per l’incel che l’unica cosa che vuole fare nella vita è “farla pagare a quelle stronze là fuori”. Potrebbe essere un film che mette in scena il desiderio di veder massacrare senza alcuna ragione una serie di donne che hanno -nell’economia della storia- l’unica colpa di essersi autodeterminate.
Potrebbe essere così. Ma io propendo per la metafora sui videogiochi.
Sarebbe terribile non fosse così, no?
Ah, hanno già confermato il sequel. E, già che c’era, Rhys si è preso pure i diritti di Peter Pan per fare la stessa cosa. Speriamo che quello che gli digita i prompt la sceneggiatura sia quantomeno originale.
DVD-Quote suggerita
“Potrebbe essere solo un film mediocre. E invece…”
Bongiorno Miike, i400calci.com
Sai Miike che sono un po’ sconcertato dalla gaussiana? Dato il bassissimo livello delle recenti produzioni la Disney non dovrebbe essere a sinistra della curva e non a destra? La parte destra è l’eccellenza.
In realtà dovrebbe essere qualità che tende a zero derivante dal notorietà infinita dei personaggi e qualità poco maggiore di zero per la sceneggiatura
Ok. Forse andava meglio un asse cartesiano, ma non voglio essere pedante.
Per il trivia. Il Mikey Mouse Protection Act è conosciuto come Sonny Bono Copyright Term Extension Act. Il che apre un mondo, perché non sapevo che Sonny fosse stato deputato degli Stati Uniti, e questo apre una possibilità anche per Al Bano.
Un po’ di tempo fa ricordo che il Berlusca voleva candidare quale senatore a vita un tuo quasi omologo, Mike Bongiorno, ma poi non se ne fece niente. Al Bano avrebbe naturalmente tutto un altro spessore e manderebbe un chiaro segnale su dove sono assestati gli attuali valori italici.
La gaussiana del caso mostra che la qualità della sceneggiatura si distribusce come una normale in funzione della notorietà del personaggio: fa schifo quando il personaggio è troppo o troppo poco famoso, tende al suo massimo quando il personaggio è famoso giusto. Che non so se vale per Indiana Jones e l’ultima crociata con Ford e Connery ma ok.
Pardon, personaggio non attore in effetti. Però non so se Indy era famoso solo 5 su 10.
50 euro no, ma un bancale di pesos argentini per la rece te li farei recapitare volentieri.
Miike, grazie per aver estratto sangue da una rapa.
Mi piacerebbe dire che mi hai evitato un proiettile, ma ‘sto coso penso che nessuno l’avrebbe toccato neanche con un palo.
Me ne torno a casa felice con la mia Gaussiana di Spielberg: è sempre bello poter dimostrare con la scienza perché le cose fanno cagare.
“Ah, hanno già confermato il sequel.”
Ma perché in questa epoca moderna più una novità è oggettivamente orrenda (e magari nemmeno poi così tanto “novità”) e più monetizza? E’ sufficiente che si tratti di una provocazione?
Dove abbiamo sbagliato?
In questo specifico caso, il film è costato talmente poco che penso bastasse che lo guardassero in 17 per arrivare pari e incoraggiarne un altro…
quando vedo perculato quel Joker sono sempre felice…meno per il povero Miike costretto all’ennesima fatica.
Personalmente ritengo che un film non debba tener conto dell’opinione comune.
Se la trama richiede che il personaggio odi le donne e ne abbia una pessima considerazione, cosi’ dev’essere.
Visto che si tira in ballo la Disney, ultimamente da quelle parti sono piu’ preoccupati di fare la spunta (minoranze? Fatto. Omo, sia in declinazione maschile che femminile? Fatto) che di tutto il resto.
Col risultato che spesso si dimenticano del film.
È buffo perché io invece sono dell’opinione che in certi filmetti siano più preoccupati di odiare le donne che di tutto il resto, col risultato che spesso si dimenticano del film (vedi caso in oggetto), mentre non bisognerebbe tenere conto dell’opinione comune e, se la trama richiede che ci siano minoranze e omosessuali maschili e femminili, così dev’essere.
che poi le sceneggiature non è che appaiono sotto un cavolo nelle notti di plenilunio, (presumibilmente) le scrive qualcuno, e (sempre presumibilmente) con un intento preciso.
e mi rendo conto che in epoca di social “questa cosa è gratuita” è gergo per “questa cosa non mi piace / mi dà fastidio”, ma il concetto di “gratuito” è reale e verificabile: sta cosa fa parte di un tutto organico, aiuta/arricchisce/precisa/evoca? no? ok, è gratuito.
se in una trama ha senso che il protagonista odi le donne, la si scriva come tale; se tutto ciò che traspare da scrittura/messa in scena è “ahahahah morite tutte, p*****e!” tu sceneggiatore/regista sei un incel dei peggiori, e come tale ti si tratterà.
Trovo molto meno stronza l’idea di fare un film di incelploitation, piuttosto che un metaforone sui videogiochi e sul diventare grandi che significa trasformarsi in dei vecchi scurreggioni.
Rece spassosa as usual.
Probabilmente la cosa migliore del film è questa recensione. Come sempre: Grazie ;)
Questo film non lo guarderò mai, ma neanche per sogno.
Non sono un amante né un nostslgico dei cartoni/racconti di winnie pooh, anzi… ho sempre pensato che di fondo le storie trattassero una sorta di apologia del furto, dato il comportamento ladresco di winnie con il miele…
Eppure nonostante non provi particolare empatia o simpatia per winnie, trovo molto fastidiosa questa messa in scena svilente e didturbata, ancor più che disturbante.
Ciò detto la rilettura in chiave videoludica non è male, se non che i giochi anni ’80/primi ’90 erano generalmente più punitivi di un qualsiasi soulslike odierno, quindi nell’esempio del caso il videogiocatore al limite sentirà un po’ di ruggine, ma non un particolare senso di difficoltà. Quest’ultimo lo ha provato chi negli anni ha continuato a giocare ed è passato (anche solo sporadicamemte, oppure soprattutto se solo sporadicamente) attraverso tutte le generazioni.
Uno zelda a link to the past era molto più impegnativo di un dark souls 1.
Per dire ho recentemente ottenuto in un paio di settimane di gioco il platino di sekiro (considerato il più difficile dei soulslike) senza particolari difficoltà (l’occasionale boss o miniboss richiedeva più tentativi per riuscire a batterlo, come previsto del resto); è invece metal gear 2 (gioco per msx) pubblicato recentemente nella master collection di mgs che mi sta dando grattacapi e sta risultando punitivo anche solo affrontare e passare i primi livelli/schermate.p
Io questa merda la ho vista…
Ed ero incuriosito ad esser onesto.
Senza dubbio i personaggi delle fiabe hanno in loro una dose violentissima di psicosi, lo sappiamo bene senza doverci vantare di aver letto le VERE fiabe dei Grimm etc.
Ma se penso ai personaggi Disney la curiosità di vederli in un ambiente a loro non consono, ad una violenza brutale ed efferata un pò mi intriga.
Non lo ho scritto però sul CV questo.
Quindi pensando alla storia del Bosco dei 100 Acri le possibilità c’erano ed erano notevoli, partendo dal tizio che ha il cervello in pappa, si inventa tutto e si maschera da assassino ad una storia di entità di altri mondi che vengono nel mostro fingendosi pucciosi orsacchiottoni.
E invece?
E invece mi capita un coglione che pensa che basti mettere Winnie Pooh per far un film, ci infila una trama del cazzo che peggio non si può, personaggi profondi quanto una pozzanghera e sul fattore splatter si intasca i soldi per metterci dentro un paio di scene fatte con il culo.
Ma un film di merda così…
Almeno, e non lo lodo, Terrifier pur avendo lo stesso spessore nei personaggi e nella trama si impegna nel mostro e nelle morti, qua manco quello.
E sto pezzente gliene fanno pure fare altri.