Walter Hill ha segnato indelebilmente l’immaginario del genere action con uno stile inconfondibile: non ha bisogno di introduzioni ma di celebrazioni. In occasione del suo ultimo film, per la rubrica Le Basi, a voi la seconda parte del nostro speciale più ambizioso a lui dedicato.
PROLOGO
Benvenuti a Le basi: Robert Zemeckis.
È il 1972, e l’imminente responsabile dell’amato classico Ritorno al futuro va al cinema con il compagno di scuola di cinema Bob Gale, altrettanto imminente responsabile dell’amato classico Ritorno al futuro. Si guardano una cosa leggera e rilassante: Un tranquillo weekend di paura. La classica cosa che pensi possa piacere agli imminenti responsabili dell’amato classico Ritorno al futuro. Un anno dopo i due si laureano in cinema e iniziano a pensare a roba da scrivere, possibilmente produrre, girare, usare come trampolino per la loro carriera. Leggono un articolo su scontri di bande nel Bronx, si ricordano di Un tranquillo weekend di paura e si confrontano: “E se scrivessimo una roba del genere, ma ambientata in contesto urbano? Con le street gang al posto dei boscaioli del nord della Georgia? O più precisamente, per essere chiari, con i neri dei quartieri più trascurati a sostituire – con funzione analoga – i pericolosi e inquietanti buzzurri selvaggi maniaci psicopatici quasi sicuramente incestuosi delle paludi? Più lo diciamo a voce alta più suona come un’idea chiaramente vincente che non dovrebbe procurarci alcun problema”. E la scrivono.
SVOLGIMENTO
Incredibile questa cosa che Zemeckis e Gale non trovarono nessuno che producesse loro quell’idea geniale.
C’è da dire però che lo script finale – non si sa quante bozze stilarono – non assomigliava poi così tanto a Un tranquillo weekend di paura, ma aveva finito per diventare più che altro un omaggio a Il tesoro della Sierra Madre, con caccia a bottino d’oro e tutto il resto.
COMUNQUE: è il 1991. Walter Hill non ha un cazzo da fare. Bussa alla porta del vicino d’ufficio e gli chiede “Scusa c’hai mica uno script?”. Fa ridere ma è andata davvero così. Il suo vicino di ufficio era Neil Canton, uno dei produttori dell’amato classico Ritorno al futuro. Gli risponde “No guarda ho l’ultimo e poi ho finito il pacchet Sì!” e gli slunga quello che all’epoca si intitolava ancora The Looters (“I saccheggiatori”).
A me piace un sacco l’approccio di Walter Hill al cinema.
Nel senso: siamo abituati alla figura dell’autore come del vulcano di idee, una persona dal percorso artistico in continua crescita e a tappe inesorabili, guidato dalla propria crescita umana e intellettuale verso i nuovi obiettivi che il sacro fuoco dell’ispirazione gli inietta nel cuore e nel cervello.
Walter è un autore indiscutibile, e uno di quelli il cui inconfondibile stile ha influenzato decenni di cinema seguente.
Ma è anche una di quelle persone che dirige volentieri quello che gli capita per caso tra le mani, se ha tempo ed è di suo gradimento. È uno di quelli che ascolta proposte, si fa assumere per progetti altrui, non si fa troppi scrupoli a lasciarsi trasportare dal fato e dalle occasioni estemporanee, se gli sembrano la miglior cosa da fare in quel momento. E ha una cazzo di mano talmente solida che ogni massa semi-informe che tocca si trasforma in una gemma delle sue.

I padroni del villaggio
Ok, interrompo la suspense: la mia descrizione iniziale dello script di Zemeckis e Gale è sleale.
Sì, l’ispirazione dichiarata era davvero quella: rifare Un tranquillo weekend di paura con le street gang al posto dei buzzurri selvaggi. Ma il trattamento delle gang stesse era molto meno aderente al modello di quanto si potrebbe temere, e – nei loro limiti di ventenni bianchi del ’76 – molto meno problematico.
Quando Walter Hill legge il copione lo trova già quasi perfetto, cambia davvero poco.
La trama in estrema sintesi: due pompieri trovano una mappa del tesoro che punta a un edificio abbandonato a St. Louis, decidono di andare a pigliarselo, ci trovano una gang che si sta facendo i propri affari da gang all’oscuro di tutto, la situazione degenera alla velocità della luce.
Il cambiamento più grosso che fa Hill è levare l’unico personaggio femminile per metterci il tizio che faceva Argyle in Die Hard e, se lo chiedete a me, è effettivamente meglio non mettere nessuna donna che mettere una sola donna nel ruolo di una che per il 90% del suo screen time sta legata in ostaggio a frignare.
Il resto gli garba eccome, perché lui una versione riveduta e corretta di Un tranquillo weekend di paura, con i “buoni” ben più coglioni dei “cattivi”, l’aveva già fatta e si intitolava I guerrieri della palude silenziosa.
Di base si tratta di riprendere più o meno quello spirito, di farne di nuovo un action teso tra maschi alfa che fanno a gara di alfitudine e peggiorano la propria situazione proprio per questo, e semplicemente di approfittare del cambio di ambientazione per sperimentare un nuovo approccio alle riprese.

Gli sprovveduti
Mettiamola così: la differenza principale fra I trasgressori e gli altri titoli sopracitati è che la street gang è composta da personaggi, non da figurine mono-dimensionali e/o mono-funzione.
I due pompieri bianchi sono figure discutibili: Don è il classico leader stronzo, avido e senza scrupoli; Vince fa da contraltare morale tanto per rappresentare anche quel punto di vista, ma è troppo ingenuo per essere uno per cui si possa davvero tifare.
La street gang, pur entrando in scena dopo, finisce per avere praticamente lo stesso screen time e un suo microcosmo di personaggi che vanno e vengono e hanno qualcosa da recriminare. È il loro territorio. È un edificio abbandonato. Sono posti in cui non passa senza motivo nemmeno la polizia, figurarsi due bianchi a caso.
A livello casting viene fatto un piccolo capolavoro.
Vola qualche nome noto, ma alla fine i due bianchi sono due caratteristi di lusso come William Sadler e Bill Paxton.
Per la gang, scatta il colpaccio: viene fatta richiesta per Ice-T e Ice Cube, all’epoca entrambi all’apice della fama, e accettano entrambi. Pare non fosse scontato che volessero recitare insieme – erano praticamente gli Stallone e Schwarzenegger del gangsta rap, se vi ricordate e capite questo termine, “gangsta rap” – ma finiscono per inchinarsi subito davanti a Walter Hill: sono entrambi fans sfegatati dei Guerrieri della notte.
Entrambi sono carichissimi ed esplodono carisma da tutti i pori. Ice Cube è caldissimo, più fomentato che mai: uno dei maggiori intoppi produttivi capita quando, durante la prima proiezione di test con un’audience all black, alla scena in cui il suo personaggio muore tre quarti di sala si svuota imprecando. Vengono quindi organizzati dei reshoots d’urgenza per rifare il finale. Ice-T è l’unico che sembra avere un guardaroba dal film sbagliato di Walter Hill, tipo I cavalieri dalle lunghe ombre, ed è di conseguenza quello meno street di tutti, il leader già pronto ad espandere il suo regno. E ci sono altre fazze impagabili: Glenn Plummer, Tiny Lister Jr., e quella cartola incredibile di Stoney Jackson che a tratti pare la seconda venuta di Super Fly.
La vera chicca però capita per il ruolo di Bradlee, il personaggio neutro, un senzatetto che viene catturato dai due pompieri e diventa un po’ l’equivalente del vecchio Howard nel Tesoro della Sierra Madre. In produzione sono tutti d’accordo: è il classico ruolo alla Samuel L. Jackson. Viene chiamato Samuel L. Jackson. Ma fa un provino anche Art Evans, e spacca di brutto: per la prima e credo unica volta nella storia del mondo, Samuel L. Jackson provina per un ruolo perfetto per lui ma viene superato da qualcun altro. La scelta, se lo chiedete a me, è assolutamente vincente.

Not your average influencer
Hill gira rapido e veloce, assecondando il crescendo di follia violenta dello script.
Per limitare le brutte figure su dialoghi sicuramente datati (per non dire altro), permette al suo cast di riscriverli come sembra più appropriato.
Legge inoltre un articolo in cui scopre che ad alcune gang piace filmarsi mentre compiono i loro crimini, e decide di incorporare la cosa: il film si alterna ogni tanto alle traballanti riprese della videocamera di uno dei personaggi per aumentare frenesia e coinvolgimento, e visto oggi sembra che inventi gli Youtubers 15 anni prima dell’invenzione di Youtube.
L’idea in generale era di schivare la politica e rifarsi semplicemente a certi action vecchia scuola giocando sulla tensione sociale in modo puramente circostanziale, ma l’attualità esplode al momento meno opportuno: scoppia la rivolta a Los Angeles a film in procinto di uscire, e nessuno ha voglia di vedere una cosa che si chiama “I saccheggiatori” dopo un’esperienza simile. Uno dei produttori ha quindi un colpo di genio: reintitolarlo Trespass (“intrusione abusiva”, tipo) e farlo uscire come controprogrammazione il giorno di Natale. Salta fuori che non era un genio: il film floppa duro.
Ma sfiga economica a parte, il 1992 è ancora un buon anno per Walter Hill: reduce dalla triste e creativamente limitata esperienza di Ancora 48 ore, ha modo di prendere in mano un film più modesto che gli permette sia di correre su binari conosciuti che di trovare spunti per divertirsi con qualcosa di fresco. I trasgressori (bel titolo italiano, per una volta) non è un film imprescindibile, ma è un esercizio frenetico e divertente di un autore che ha ancora la mano calda. La fase discendente è rinviata.

La coppa della vita (per gentile intercessione delle proiezioni di test)
EPILOGO
Delusi dall’esito sfortunato del loro primo script, Robert Zemeckis e Bob Gale si buttano su una nuova idea: la storia di un ragazzo che finisce catapultato indietro nel tempo, dove incontra sua madre da giovane che se lo vuole trombare. Diventa un amato classico.
DVD-quote:
“Not a Christmas movie”
Nanni Cobretti, i400calci.com
Ebbene si’.
Aspettavo questo pezzo da tanto.
Bravi Ice, bravo Sadler, bravi tutti.
Bravo John.
Bravo Nanni.
“Forse non era così fortunato (Lucky)” ……
Una delle trovate dell’ epoca fu quella di dotare tutta la gang di telefoni cellulari (eravamo agli albori della commercializzazione di codesto strumento del dimonio) … più o meno la stessa idea che ebbe ” Paul Uerhouven” in RoboCop di ricalcare il look del grandissimo Clarence Boddicker sulla falsariga dei broker walstreettiani veri villains di quegli anni….
In sostanza per me e come quasi sempre un grande Walter Hill.
Vero, ricordo che la cosa dei telefoni cellulari mi colpì tantissimo.
Bel film, bel pezzo.
Quando Ice-T e Ice Cube, rispettivamente reduci da NewJack City e Boyz n the Hood, trasudavano street cred ed incutevano ancora paura.
Sarebbero poi finiti a fare i poliziotti in serie tv e commedie dimenticabili.
Si nasce gangsta, si finisce pantofolai.
Ice <3 Coco
Non gli do torto
Peccato non inserire il terzo- e migliore- degli Ice : Vanilla