Walter Hill ha segnato indelebilmente l’immaginario del genere action con uno stile inconfondibile: non ha bisogno di introduzioni ma di celebrazioni. In occasione del suo ultimo film, per la rubrica Le Basi, a voi il nostro speciale più ambizioso a lui dedicato.
ATTENZIONE: con questo numero finisce la prima parte, per darci il tempo di recuperare alcune visioni su cui siamo rimasti indietro nel 2023; la seconda ripartirà a gennaio.
C’è una frase del primo 48 ore che mi ha sempre colpito.
C’è Nick Nolte che ha appena passato la notte dalla sua morosa Annette O’Toole, e ora si è svegliato e deve andare in ufficio, che poi significa andare a indagare su qualcuno, cercarlo, aspettarlo, trovarlo, molto probabilmente menarlo, potenzialmente spararlo se quell’altro spara per primo o fa comunque il gesto di farlo, se va bene ci si spara una volta sola ma non è detto… In ufficio, insomma.
La sua morosa vorrebbe qualche coccola in più, un impegno sentimentale, qualcosa.
Litigano.
E Nick Nolte le fa: “Tu mi fai stare bene, io ti faccio stare bene, che altro vuoi da un uomo???”.
Nel momento in cui scrivo è il 21 novembre 2023: questo è un argomento caldissimo, scottante, bollente, e non ci posso fare nulla perché l’attualità è tra le pochissime cose che si trovano fuori dal mio controllo. Ma ormai ci eravamo strutturati così: il calendario era stilato dal tempo, Xena doveva parlare di 48 ore concentrandosi su Eddie Murphy, e io dovevo parlare del sequel concentrandomi su Nick Nolte, sempre nell’originale, perché c’erano cose su cui mi volevo soffermare e del sequel non c’è quasi un cazzo da dire. Non mi sto divertendo, già due settimane fa parlare di Danko fischiettando è stato abbastanza spericolato, ma l’alternativa sarebbe segare metà pezzo e insomma… Se non altro l’argomento non è la possessività ma praticamente l’opposto. Persone del presente, portate pazienza; persone del futuro, spero che tutto ciò vi risulti incomprensibile perché riguardante una tematica ampiamente risolta.
Vi metto una sigla e torno al dunque.
Quella frase di Nick mi ha sempre colpito innanzitutto perché noi uomini siamo effettivamente così. Dolcemente (questa gag è segabile) semplici.
O per lo meno quello è il modello con cui molti di noi sono cresciuti. E Walter Hill, che è un fuoriclasse quando si tratta di dialoghi economici, ha fatto una sintesi perfetta di come spesso gestiamo istintivamente i rapporti interpersonali. C’abbiamo le cose da fare, e poi quelle persone intorno che rendono il resto della vita più facile da sopportare.
Prima di tirare una conclusione vi racconto un’altra scena di 48 ore che è fra le mie preferite.
C’è Nick Nolte al telefono con la morosa, e stanno litigando di nuovo perché lui non se la fila abbastanza.
Lui è in un momento morto dell’indagine, si è temporaneamente staccato da Eddie Murphy, per cui insomma, sì, ha tempo di litigare, diciamo che c’ha uno slot libero nell’agenda.
E litiga forte, perché lui dopo tutto vuole tenersela la morosa, ci tiene, lo fa stare davvero bene, non è una qualsiasi, è una cosa seria. Potrebbe davvero essere la donna della sua vita. Anzi, dai, lo è, ne è sicuro.
E insomma è lì che promette mari e monti ma di colpo gli dicono che sull’altra linea c’è Eddie Murphy… Non è un gran momento, ma deve prenderla.
Nick dice ad Annette di non riattaccare che deve fare una roba urgente ma poi le giura che finisce la discussione.
Parla con Eddie. Eddie ovviamente ha nuove informazioni importanti, devono vedersi subito, entrare in azione.
La telefonata con Eddie dura pochissimo: Nick riattacca, prende la giacca e parte.
A quel punto il collega Brion James lo blocca… Che fazza classica da villain che ha Brion James, eh? Ma in 48 ore non fa il villain, fa il semplice collega di Nick. Non gli capitano quasi mai ruoli così, neutri, perché come lo vedi ti viene da guardarlo con sospetto, e invece… E niente, è proprio Brion a bloccare Nick per ricordargli che ha ancora la morosa che lo attende sull’altra linea. Nick ha un sussulto, piglia il telefono, ma è tardi: lei lo manda affanculo e riattacca.

L’anno seguente, Annette è Lana Lang in Superman III.
Impareggiabile Nick: l’uomo in missione. L’uomo che non deve chiedere mai. L’eroe che prima deve essere eroe, e il resto sono sciuocchezzuole.
Sapete cosa mi ha colpito?
Che questo è esattamente il template dell’eroe classico che ci siamo sorbiti per tutti gli anni ’80.
Anzi, più o meno dall’inizio del cinema.
Classico quanto? Classico che persino nel quarto Expendables c’è una scena paragonabile: Jason Statham che litiga con Megan Fox, Megan che strilla a macchinetta e fa la difficile, lui che fa l’aria simpaticamente scocciata, poi arriva Stallone e si lanciano sguardi di complicità maschile…
Ma il vero punto è che, in 48 ore, quando Nick Nolte dice quella frase all’inizio e quando dopo si scorda di avere Annette che lo sta aspettando al telefono, non ci fa la figura del figo.
Ci fa, sinceramente, la figura del povero coglione.
Ci fa la figura del grezzo irrecuperabile. È un essere umano: è un poliziotto determinato, e quello è il rovescio della medaglia.
Hill, abbastanza chiaramente, e non solo tramite il rapporto fra Nick e Annette ma anche tramite il rapporto fra Nick e Eddie, ti fa capire che Jack Cates è un umano con pregi e difetti e ampie zone di grigio, e che se quando fa il suo lavoro ci mette un’energia encomiabile, fuori da lì fa la figura opposta. E non in senso da compatire simpaticamente: proprio in senso che quel suo lato lì non va bene. Sembra di colpo un coglione. E in un film in cui Eddie perdona il razzismo di Nick (o non ci sarebbe il film), se non altro Annette, dopo averlo mandato affanculo, effettivamente non torna più.
Il grande fraintendimento dell’eroe action è questo, e succede ogni volta che qualcuno prova a dipingere personaggi complessi che però hanno successo. Un giorno arriva William Friedkin che ci presenta quello psicopatico di Popeye Doyle, il giorno dopo arriva l’ispettore Callaghan e tutti i lati oscuri diventano parte integrante di una inequivocabile celebrazione, l’irruenza e sbrigatività come “male necessario” che in fondo non è neanche così tanto male. Dieci anni dopo Walter Hill sta ancora facendo una versione decisamente più morbida ma sempre un pochino ambivalente di Popeye Doyle in 48 ore, e non lo ascolta nessuno. Il pubblico non vuole personaggi davvero difficili: il pubblico vuole ritratti possibilmente interessanti e sfaccettati ma con una morale chiara, tipo “il fine giustifica i mezzi”. Vuole un trionfo, una redenzione o un martirio. Il resto è ingestibile, e se qualcuno ci prova (vedi Mel Gibson in Arma letale) dura poco (vedi Mel Gibson in Arma letale 2).

Fazze da sequel con budget aumentato.
In 48 ore, contrariamente a come tutti se lo ricordano per via dei miliardi di cloni successivi che rifanno la stessa formuletta, Nick Nolte e Eddie Murphy non diventano amici.
Imparano a rispettarsi, ma non diventano esattamente Mel Gibson che va alla cena di Natale in famiglia da Danny Glover, e neanche Danko che regala il suo orologio a Belushino.
Jack Cates ha dei valori, mantiene le promesse, ma non va a trovare Reggie Hammond in galera. Fin qui tutto bene.
Meno bene Reggie Hammond che s’incazza ma hey, non c’è un film se tra i due c’è soltanto rispettosa indifferenza.
E il punto è esattamente questo: non c’è un film.
Walter Hill non lo voleva fare.
Ma Nick Nolte gli aveva detto “A me offrono un sacco di soldi, a te offrono un sacco di soldi, che altro vuoi da un film???”.
Ok non esattamente, però il succo era quello.
Eddie Murphy aveva sbagliato un paio di mosse e voleva giocare sul sicuro. L’idea di fare un sequel di 48 ore era sua.
Walter Hill aveva commercialmente sbagliato un po’ di più di un paio di mosse ultimamente, ma… Non gliene fregava un cazzo. Stava ancora lavorando con costanza, e questa era l’unica cosa che gli interessava. Come spesso succede nella vita, Walter aveva davanti due sole opzioni: una che faceva schifo, e l’altra che pure. Le pesa entrambe, e decide che quella in cui prende un sacco di soldi e fa un film senza speranza è leggermente meglio di quella in cui non prende i soldi e qualcun altro gioca con personaggi a cui dopotutto è affezionato.
Nick era più integralista. Non era sicuro di volerlo fare.
Aveva bisogno di sapere che non si trattava di un progetto che veniva realizzato unicamente per soldi, e riescono a mentirgli con convinzione.
Ma nei video di backstage la sua brutale voce dell’onestà viene fuori: Eddie Murphy fa il buffone per la telecamera e dice “sono passati sette anni e non siamo cambiati per nulla”, Nick senza batter ciglio gli risponde “tu veramente sembri più ricco e più grasso”. Sul set dovranno tenerlo d’occhio, per evitare che si deprima. Walter ha già lavorato due volte con lui e più o meno sa come fare.

“Quanto avete detto che pagate?”
Non so quanti di voi si ricordano il 1990: era un’epoca in cui i sequel erano qualcosa che alla gente prendeva male, perché molti studios li trattavano con arrogante superficialità, come una specie di goal a porta vuota, buttando fuori ciofeche inguardabili.
Nel 1990, se parlavi di sequel allo spettatore medio, ti rispondeva che facevano tutti schifo e per smentirlo potevi citare solo Aliens e Il padrino – Parte 2.
Nel 1990, Ancora 48 ore segue pedissequamente la formula classica del sequel brutto: sette anni dopo, per circostanze forzose, i protagonisti del film originale si ritrovano nella stessa esatta situazione e rivivono le stesse avventure. Nick va a prendere Eddie in galera, Eddie canta Roxanne mentre la ascolta col walkman, i due collaborano controvoglia, c’è un interrogatorio in un bar che si evolve in rissa, il film finisce con una sparatoria speculare a quella del primo. Il villain è il fratello del villain dell’originale. È tutto uguale, e di una pigrizia deprimente. Va giusto grassa che ci sia ancora il cast dell’originale, in un’epoca in cui non ci si formalizzava troppo a sostituire anche i protagonisti (Corto circuito 2, La mosca 2, Voglia di vincere 2, ecc…).
Walter sapeva in partenza che certe difficoltà narrative e di dinamiche fra i protagonisti erano insormontabili. Racconta anche che non c’era uno script: la firma nei credits è di Roger Spottiswoode (il primo 48 ore), Jeb Stuart (Die Hard) e, per qualche assurdo motivo, quel John Fasano che fino a tre anni prima faceva film semi-casalinghi di demoni e metal insieme a Jon Mikl Thor.
Quello che può fare è godersi il budget di lusso e ideare qualche bella sequenza. L’apertura è un western con i motociclisti, in una tavola calda nel deserto che sembra un saloon. La seconda sequenza è Nick che decide di inseguire un criminale nel bel mezzo di una gara di motocross, coi piloti che gli volano attorno e gli cadono a mezzo metro. C’è poi una sequenza con l’autobus che sta riaccompagnando Eddie a casa che viene attaccato dai motociclisti e fatto cappottare svariate volte: con una certa frustrazione, Walter racconta di come allora fosse una cosa mai vista che i migliori stuntmen del circondario stavano pianificando e affrontando per la prima volta, e di come oggi non faccia nessun effetto in confronto a quello che si riesce a fare con i computers, signora mia. Cos’è un autobus che si ribalta in confronto a che ne so, Independence Day: Rigenerazione dove i marziani tirano una città sopra a un’altra città?
Ma a parte questo, non ha idee. Se la gioca a salvaguardare la dignità almeno parzialmente.
Eddie e Nick, tra di loro, se la cavano. Nick è sempre sul pezzo; Eddie è quello con più pressione addosso e non è più il fulmine di guerra di una volta, è adeguatamente brillante e poco più. La scena migliore di Eddie è quella dove fa l’imitazione di James Brown. La scena migliore di Nick è quella in cui, durante la rissa al bar, a un certo punto tira un calcio nelle palle al suo avversario. Un attore non è solo faccette e battutine, è anche fisicità: Nick che tira un calcio nelle palle a uno con saltello, con un cazzo di saltello che rincula e ammortizza la potenza del calcio appena tirato, è allo stesso tempo di un grezzo micidiale e di una bellezza michelangiolesca. Il film finisce con i nostri due protagonisti che incassano l’assegno della produzione e tornano a casa.
Al botteghino, Ancora 48 ore incassa il doppio dell’originale di pura inerzia: non è un fiasco, anzi. Ma verrà dimenticato subito da tutti. Esce la notizia che fino a due settimane dall’uscita il film durasse sopra le due ore, poi segate a 95 minuti, ma nessuno – nemmeno Walter Hill – ha mai provato a sostenere che valesse la pena recuperare l’integrale.

Chef’s kiss
DVD-quote:
“Rooooxaaaaanne… You don’t have to put on the red liiights…”
Eddie Murphy, attore/cantante
La prima parte del pezzo mi ha fatto venire in mente la scena delle scene anni ‘80 sui rapporti (più o meno) coniugali compromessi, fatta di decostruzione ma anche, insospettabilmente, con un finale tra i più calcistici di sempre. Ovviamente mi riferisco a quella presente ne L’anno del dragone, non sto neanche a fornire ulteriori dettagli. Capolavoro.
“Tu veramente sembri più ricco e più grasso”: Nick Nolte che sbatte sotto il naso con eleganza l’imborghesimento di Eddie Murphy nel 1990, grandissimo
L’ho visto giusto un mesetto fa, dato che Prime ha cacciato fuori un botto di film di Hill.
Arrivati alla fine, io e mia moglie ci siamo guardati e all’unisono ci è uscito un:
“Ma ‘sto colpo di scena non ha un cazzo di senso!”
La sparatoria finale al night club è comunque da antologia del cinema action
Ribadisco quanto gia’ scritto non molto tempo fa in proposito: gli autentici protagonisti di questo film sono i villain, e nessuno mi toglie dalla testa che nel caratterizzanti come tali, Hill sapesse esattamente cosa faceva.
“Nel 1990, se parlavi di sequel allo spettatore medio, ti rispondeva che facevano tutti schifo e per smentirlo potevi citare solo Aliens e Il padrino – Parte 2.”
Jamie Kennedy in Scream 2 dice esattamente la stessa cosa …
Come sequel di livello ho sempre difeso anche L’Impero colpisce ancora
Peccato per la pausa, era un bell’appuntamento settimanale. Un tale tirarla per le lunghe poi ritarda eventuali rassegne su altri filmmaker che sarei davvero interessatissimo a vedere come trattate
Ma si può approfittare della pausa per prendere già un paio di misure: è una mia impressione, o di successi commerciali Walter Hill ne ha avuti davvero pochi?
Si ricollega anche al fatto, e qui forse sono ingiustamente cattivo, ma vorrebbe essere un modo per invitare al confronto e alla riflessione, dicevo al fatto che forse di film autenticamente seminali e di vera penetrazione culturale ne ha fatti pochissimi: “guerrieri della notte” e “48 ore”, “driver”
E di conseguenza a ciò molta gente ne vuole parlare bene a prescindere, anche se ha visto solo “i guerrieri” per dire
Non saprei Mel, se vogliamo anche limitarci ai registi che hanno diretto capolavori che oltre 40 anni dopo continuano a influenzare il cinema non penso siano tantissimi a poterne contare almeno tre.
Davvero serve ribadire che i capolavori destinati a durare quasi mai hanno successo commerciale, mentre le pigiamate/megapuffi blu sono quelle che devastano i botteghini? No, non serve, ovviamente, al prossimo Avatar tornerà il Fabrizio/Mario/Giancarlo di turno a frignare che un film che riempie le sale e le tasche dei produttori vorrai mica criticarlo, signora mia, dove andremo mai a finire.
Averne, di registi che fanno “solo” tre film come i Guerrieri, 48 ore e Driver (Danko merita una menzione più che onorevole). Bastava anche solo aver coprodotto i vari Alien (aiutando a scrivere secondo e terzo, perdoniamogli Covenant con la scusa dell’età), sarebbe stato sufficiente. Le inevitabili mezze ciofeche fatte per la pagnotta, come questo, le si perdona. E considerato il suicidio che ha cercato con Geronimo, non si può non volergli bene.
Orpo, son stato preceduto dal padrone di casa. Sorry.
Geronimo era bello, anche se fu una tragedia al box office. Ma ne parleremo quando sarà il momento.
Insomma, state dicendo che la filmografia di Spielberg ci ha viziato?
(O di Hitchcock, o di Monicelli, o di Kubrick)
Va bene, in effetti puntarla sul numero è sterile e avete messo giù un bel punto.
Posso capire che basti solo quel titolo (“guerrieri della notte”) per celebrarlo (preferisco usare questo termine rispetto che altri), su questo devo dare ragione.
Temo però, nella mia arroganza, che non abbiate colto una parte del mio di punto, che verte sulla fama che lo precede: in relazione alla reputazione che ha, quanti altri film ha egualmente centrato?
E soprattutto: quanta gente lo incensa e magari si è visto solamente “i guerrieri della notte” senza manco sapere che esiste “driver l’imprendibile”?
Mel, la filmografia di Walter Hill per me è paragonabile a quella di un Carpenter. Ha fatto capolavori seminali – seminali nel senso che hanno ridefinito un genere e ispirato altri filmmakers per decine di anni, e sono i tre che citavi all’inizio – e poi una serie di film che sono i migliori nel loro campo anche se non hanno rivoluzionato niente di specifico. Li ha centrati tutti, con poche eccezioni. Magari – ma lo vedremo nella seconda parte – ha avuto un declino più visibile (di sicuro commercialmente).
In effetti avevo scritto qualcosa sul fatto che di Kubrick ce n’è stato uno, ma poi mi sono venuti in mente nell’ordine Hitchcok, Spilberg e Tarantino e ho cancellato. Ma ho pensato anche a Orson Welles, uno dei geni veri, e pure lui di film memorabili non ne ha fatti molti, di cui parecchi flop commerciali. Ma mi dichiaro colpevole, vostro onore, non ho visto Driver l’imperdibile (la faccia del protagonista mi aveva sempre fatto girare canale, limite mio), però il resto della sua filmografia l’ho ripassata più volte. Per quel che mi riguarda, può bastare (prometto comunque di guardarmi anche Driver, ma dopo Refn temo delusione). Quanti hanno visto Lo straniero o Il processo di Welles?
Sono buone risposte e mi ritrovo
Devo ammettere di aver frequentato poco Walter Hill ( ho visto “i guerrieri”, eh, e approfitto della pausa per recuperare il resto), ma se attribuite tale valore alla sua filmografia non posso contro ribattere.
Credo che sia vero, però, che sulla sua filmografia grava molto il declino di cui accennava Nanni Cobretti prima, dai pochi che ho visto effettivamente molto vistoso da un aspetto anche qualitativo, secondo me. Sarà davvero interessante riparlarne a gennaio
Mi permetto comunque delle riserve verso chi (ma non è il caso dei Calci) incensa Hill a prescindere anche se di lui ha visto quasi niente
A quel punto allora diventa un darsi delle arie!
Ma il tuo discorso infatti è valido, solo lo avevi messo giù troppo forte. Perché sì, la filmografia di Spielberg, di Hitchcock, di Monicelli, di Kubrick e dei pochissimi altri capaci di mettere in fila grandi e grandissimi film per buona parte della loro carriera non va presa come termine di paragone, è mettere l’asticella troppo in alto. Ci sono tanti altri registi che pur avendo azzeccato un numero limitato di veri capolavori, hanno comunque lasciato un marchio forte destinato a segnare a lungo il genere, magari in una nicchia, ma con una forte influenza a lungo termine. Uno come Demme, oltre al Silenzio degli innocenti, che altro ha fatto di memorabile? Film discreti, ma niente di che, eppure Hannibal Lecter ci farà compagnia in eterno (certo, Hopkins ha fatto l’interpretazione della vita, ma se negli altri film non ci va nemmeno vicino il merito è anche di chi lo ha diretto). Se poi c’è il fanboy perché sì, lascio la parola a Grande Capo. A ognuno valutare il proprio, e il tempo poi fa comunque giustizia.
Anche Strade di fuoco ha lasciato il segno, soprattutto in Giappone e a Hong Kong
Spoiler Spoiler Spoiler a me ancora 48 ore è piaciuto quasi quanto il primo .a mi è sempre sembrato attaccato con lo sputo cattivo essere brion james
Baionetta.james santo subito
Bob
A gennaio vi aspetto al varco con Last Man Standing!
Esiste già una recensione MAGNIFICA scritta da Wim Diesel
Linkiamola: https://www.i400calci.com/2011/06/ricercati-ufficialmente-morti-ancora-vivo-walter-hill-1996/
Comunque ne scriveremo un’altra.
Metto le mani avanti: a me il sequel e’ piaciuto tantissimo, e per certi versi lo considero persino superiore al primo.
Forse meno “investigativo”, ma senz’altro piu’, action e spettacolare.
Interessante la riflessione del comportamento di Cates, specie alla luce della maggior sensibilizzazione del rapporto uomo/donna odierno.
Sapete che penso? Che e’ prerogativa dei classici di sapersi adattare e resistere al tempo. E lo stesso vale per il messaggio che trasmettono.
Ai tempi Jack poteva apparire come un duro, ma alla luce di una maggiore consapevolezza (pure maschile) persino ai colleghi appare come uno che non ha la minima idea su come si debba gestire un rapporto sentimentale.
Che a conti fatti, e’ la prassi degli sbirri tutti d’un pezzo.
In quanti si buttano a testa bassa nelle indagini per coprire un vuoto affettivo o esistenziale?
Persino Cobretti (Marion) , che sembrava tanto figo, oggi sembrerebbe un sociopatico bello e buono.
Ma la cosa bella e’ che Hill, che non e’ certo scemo, probabilmente lo aveva fatto con questo intento.
Nel senso che Cates non e’ affatto un esempio da seguire.
Ma come spesso accade, il messaggio e’ stato travisato. O forse, allora come allora non poteva essere recepito in altro modo.
Un po’ come il personaggio di Bojack Horseman, che viene idolatrato per il suo alcolismo ed egocentrismo congenito, quando invece nessuno dovrebbe desiderare di essere come lui.
Comunque lasciatemi dire una cosa da uomo sposato e padre di famiglia da tanti anni (felicemente in entrambe le cose, aggiungo).
Con la dovuta ironia, eh. Che non voglio offendere nessuno.
Credo che per noi certe volte sia davvero dura, essere come le donne ci vorrebbero.
Istintivamente non siamo portati a pensare a lungo termine.
Ma un uomo dotato di cervello e buon senso lo prende come una sfida, semplicemente. Esattamente come lo e’ far bene il proprio lavoro, crescere un figlio e tenere in piedi tutta quanta la baracca tra mille menate quotidiane.
E si adegua.
Fino a che la tria si scopa un altro.
Mi permetto: sostituirei “essere come le donne vi vorrebbero” (che non è valido per tutti e presuppone che le donne pretendano qualcosa in quanto categoria) con “essere persone responsabili e mature”, cosa che a mio parere dovrebbe essere l’obiettivo di chiunque, non perchè “lo chiedono le donne”. A volte temo che l’unico modo percepito per un maschio di essere un umano decente sia “adeguarsi” alle richieste di qualcun’ altra. Spero non sia cosí, perchè questo concetto mi pare veramente frutto di quell’immagine di maschio incrollabile che poi è un inetto al di fuori di dinamiche di azione diretta, e anche di quel classico “eeeh gli uomini son cosí, che ci vuoi fare, le donne son cosà”
Allora il sequel l’ho visto più volte e l’ultima volta anche in epoca relativamente recente (negli ultimi 6 anni credo). Lo ricordo come bello però ora mi avete fatto venire il dubbio tanto che voglio ricederli in double bill
Il primo me lo ricordo bene, il secondo ogni volta lo dimentico subito dopo averlo (ri)visto. Non per questo lo reputo brutto, ma decisamente inutile.
(A me poche cose nella vita fanno ridere come Eddie Murphy che imita James Brown. Sono in fissa col siparietto per SNL, non avevo collegato che la cosa partiva da qui)
“Le pesa entrambe, e decide che quella in cui prende un sacco di soldi e fa un film senza speranza è leggermente meglio di quella in cui non prende i soldi e qualcun altro gioca con personaggi a cui dopotutto è affezionato.”
questa è nota (retroattivamente) come “Mossa
Wachowski”.
Parlando della scena del litigio (iniziale) mi ha sempre colpito come Nick si infastidisce, si incazza, inizia uno storm out, si ferma, respirone, torna indietro e ci riprova con più calma. Quando Annette gli dice qualcosa tipo “vabbè, ci vediamo più tardi” lui abbassa la testa, mette su un paio di puppy-eyes che manco Gigi la Trottola versione “faccia da fotomodello” e le sussurra “… davvero vuoi che torni?” con espressione e body language da waifu.
un tratto per me fondamentale della buona scrittura cinematografica americana (almeno per film generalmente “calceschi”) è quello di tratteggiare in maniera quasi completamente diegetica e non-verbale personaggi immaturi, infantili, “rotti” e disfunzionali ma che, quasi per caso, hanno il tratto di fare una cosa specifica enormemente bene; e il film/regista/PoV non celebra la disfunzionalità – anzi, a volte sembra dirti “aho, ma guarda ‘sto coglione…” – così poi può genuinamente stupirsi con te quando la storia ingrana ed il coglione inizia a “fare la sua cosa”.
Io a fine film non vorrei essere Jack Cates: lo compiango E lo ammiro; il cinema americano (mainstream, in generale, con eccezioni) di oggi questo non me lo dà.
(oh, e Annette O’Toole ventenne, diosanto… ok, rettifico: a inizio film *vorrei* essere Jack Cates).
Bellissime riflessioni
Al netto del valore dei suoi film migliori in sostanza Walter Hill a livello di incassi il botto non l’ha mai fatto.
Il primo è un capolavoro, il secondo… L’hai analizzato freddamente e sei stato giusto. Da dimenticare, anche se non tutto è da buttare via. Murphy era già nel declino…
offtopic…
Il fuggitivo con Harrison Ford e Tommy Lee Jones fa 30 anni e non lo caghiamo?
PS: la locandina vinta con il domandone su “Thriller” è fantastica.
Incassò bene, certo, poi all’epoca lo pomparono senza pietà…c’erano trailer e special ogni 5 minuti
Incassò bene, certo, poi all’epoca lo pomparono senza pietà…c’erano trailer e special ogni 5 minuti
“Nel 1990, se parlavi di sequel allo spettatore medio, ti rispondeva che facevano tutti schifo e per smentirlo potevi citare solo Aliens e Il padrino – Parte 2”
Me ne ricordo un altro paio di sequel andati piuttosto bene, e in entrambi c’è Harrison Ford
Invece è un cazzo di action con le palle, con le già citate scene di apertura/ bus/ bar/ da antologia. Che vuoi di più?