Se qualche anno fa mi aveste detto che un film giapponese a budget ultraridotto con un approccio meta- alla materia zombi sarebbe diventato il capostipite di un intero micro-genere, vi avrei correttamente riso in faccia. Invece One Cut of the Dead, o se preferite ZOMBI CONTRO ZOMBI, ha miracolosamente avuto quell’effetto, credo soprattutto per via di quella roba del budget ultraridotto che ha permesso a un sacco di gente con tanta creatività e pochi soldi di girare il suo nagamawashi – un’opera a costo quasi zero, girata interamente in piano sequenza.
One Cut of the Dead è del 2017 ma il genere ha cominciato ad attirare attenzioni anche fuori dal Giappone nel 2020, grazie al debutto alla regia di Junta Yamaguchi. Ne aveva già parlato Nanni qui, nelle sue cronache dal Frighfest 2021: Beyond the Infinite Two Minutes gli piacque tantissimo, battuto nelle sue preferenze solo da quello che d’altra parte si rivelerà essere il miglior film del 2021, non solo al festival. Da allora non ne abbiamo più parlato, e visto che all’Extra Sci-Fi Festival di Verona verrà proiettato il secondo film di Yamaguchi, l’altrettanto bello e altrettanto bizzarro River, eccoci qui, a parlare di entrambe le sue opere e a consigliarvi di recuperarle appena potete, magari, perché no?, organizzando una gradevole gita fuoriporta nella ridente cittadina scaligera. I 400 calci: da oggi anche agenzia di viaggi!
Beyond the Infinite Two Minutes è così evidentemente un film che nasce grazie a One Cut of the Dead che è quasi commovente: stesso approccio folle alla base, stessa irriverenza nella in scena, stesso gusto per rispettare le regole del genere ma anche per infrangerle quando serve, in nome della rule of cool o della rule of risatona. E se OCOTD aveva la fortuna di giocare con un genere le cui regole sono tutto sommato lasse (un giorno qualcuno ha infranto la regola numero uno, “gli zombi non corrono”, e il mondo non ha battuto ciglio), BTITM si mette nei casini da solo essendo un film di viaggi nel tempo e conseguenti paradossi – evitando tra l’altro di cadere nella tentazione di giocare con le tempolinee e i multiversi e dedicandosi al caro, vecchio approccio Ritorno al futuro.
Si mette nei casini perché è esattamente il genere di situazione che fa scattare l’ingegnere che è in noi: se il film non è bravo a tenere alta la nostra attenzione, chi guarda finisce per forza a mettere alla prova la logica di quanto sta succedendo, e come insegnano tutti i film sui paradossi temporali è impossibile qui e là non inciampare in una roba che non abbia senso. Per fortuna, Beyond the Infinite Two Minutes esce da questi casini ridendo e facendo baccano: dura settanta minuti nei quali accade di tutto, e soprattutto all’inizio usa una serie di trucchi di scrittura di altissimo livello per spiegare sommariamente le regole del gioco, prima di lasciarsi andare al caos organizzato, fiducioso che chi guarda non avrà voglia di farsi troppe domande.
La faccenda è questa: ci sono due schermi, uno nella camera da letto del protagonista, l’altro nel bar dove lavora, al piano terra del palazzo. I due schermi sono collegati ma sfasati temporalmente: quello in camera trasmette immagini che provengono, dalla prospettiva dello schermo al bar, da due minuti nel futuro, e viceversa. I nostri eroi cominciano a giocare con questa bizzarrìa fino a che non li piazzano uno davanti all’altro, creando un effetto Droste. Da qui le cose si complicano all’infinito, perché ogni iterazione dello schermo permette di spostarsi altri due minuti nel futuro, o nel passato, a seconda di cosa si stia guardando e di cosa si consideri come presente e…
È un film intelligente, Beyond the Infinite Two Minutes. Inventa una regola apparentemente semplice, e poi la applica a una serie di situazioni sempre più caotiche e paradossali, senza lasciarti tempo o forze intellettuali per considerare il fatto che stai seguendo una storia caotica e paradossale. La gimmick del piano sequenza unico aiuta a rimanere ancorati al presente (non metaforicamente) e giustifica così anche una certa ripetitività: alcune scene sono mostrate due o più volte dai punti di vista dei protagonisti nel presente, nel passato e nel futuro e santo cielo è complicatissimo spiegare a parole questa roba che quando la vedi messa in scena sembra sensatissima. È magia nera, e il consiglio è, se ve lo siete perso, di recuperare questo film subito, anzi due minuti fa. Intanto che riprendo fiato eccovi una SIGLA!
La domanda a questo punto è: dopo un esordio così (posso scriverlo?) fulminante, che cosa ti puoi inventare per restare sulla cresta dell’onda? Junta Yamaguchi si è inventato River, un film per certi versi meno calciabile di BTITM perché ancora più virato sulla commedia corale, e per altri più completo, compiuto e rifinito, per quanto non perfetto o privo di paradossi. Perché sì, al nostro Yamaguchi piacciono i viaggi nel tempo, le assurdità cronologiche, e quindi, dopo il film sui microviaggi nel tempo, arriva il film sul microloop che, indovinate?, dura ancora una volta due minuti.
Lo sfondo è quella splendida cornice con cui si apre il pezzo, una struttura turistica nel remoto Giappone rurale che offre ristoro, letti sofficiosi e anche un servizio termale di prima qualità. Nella struttura lavora un po’ di gente, come spesso capita nelle strutture: tra queste c’è la protagonista Mikoto, una cameriera che incontriamo una bella mattina d’inverno e osserviamo compiere i suoi mestieri quotidia
La domanda a questo punto è: dopo un esordio così (posso scriverlo?) fulminante, che cosa ti puoi inventare per restare sulla cresta dell’onda? Junta Yamaguchi si è inventato River, un film per certi versi meno calciabile di BTITM perché ancora più virato sulla commedia corale, e per altri più completo, compiuto e rifinito, per quanto non perfetto o privo di paradossi. Perché sì, al nostro Yamaguchi piacciono i viaggi nel tempo, le assurdità cronologiche, e quindi, dopo il film sui microviaggi nel tempo, arriva il film sul microloop che, indovinate?, dura ancora una volta due minuti.
AH! Ve l’ho fatta. Vi ho dimostrato il trucchetto di River senza spiegarvelo! È come Il giorno della marmotta ma a) dura due minuti invece che appunto un giorno e b) tutte le persone coinvolte nel loop che resetta la situazione dell’albergo sono consapevoli di quanto stia succedendo, per cui dopo un breve periodo di assestamento il film diventa un tentativo di comprendere la situazione e costruire una via di fuga portato avanti da gente che ha solo due minuti di tempo alla volta per ritrovarsi, coordinarsi e scambiarsi idee e opinioni. Va detto che Yamaguchi usa questa peculiarità soprattutto come carburante per il lato comico dell’opera, ma in fondo l’avevo già detto prima, due minuti fa mi pare: c’è poca azione in River, che ancora più di BTITM è invece uno stuzzicante giochino intellettuale che prende della gente a caso e la mette alla prova in una situazione nella quale devono pensare rapidamente e in modo efficace. (il fatto che abbiano quindi sempre fretta potrebbe essere considerato in qualche modo “azione”)
Altra domanda legittima: e il piano sequenza? A questo giro è assente: al contrario, Yamaguchi si gode l’ambientazione tradizionale puntanto su una messa in scena altrettanto classica, e molto più elegante di quanto avrei giurato dopo aver visto Beyond the Infinite Two Minutes. Voglio dire che dove l’esordio del mio nuovo BFF era un film ambientato in due stanze e si reggeva tutto sui dialoghi, River è anche un film di posti, tipo
e ovviamente il fiume che gli dà il titolo è onnipresente
e quindi più in generale è un film che respira e lascia respirare, pur martellando senza pietà per un’ora e mezza con questo loop da due minuti spaccati. Poi ehi, io ve lo dico: c’è anche della gente che si ama 🤭 e questo fattore è importante ai fini della trama, per cui approcciatelo con la dovuta prudenza!
Non è vero, cosa dico. River è bellissimo, ed è una roba che pare misteriosa fino a che non capisci dove voglia andare a parare, e a quel punto ti rendi conto che questa era l’unica evoluzione possibile di Beyond the Infinite Two Minutes, l’unico logico passo successivo. Non so dove si possa andare ora, ma non me lo immaginavo neanche mentre mettevo su River per la prima volta, per cui boh, speriamo che Yamaguchi continui nel suo stato di grazia e si faccia venire un’altra idea altrettanto brillante per il suo terzo film.
Quote
«Andate a Verona all’Extra Sci-Fi se volete vedere River, e voi volete vedere River»
(Stanlio Kubrick, i400calci.com)
Beyond the Infinite Two Minutes: IMDb | Trailer
Figatissima, sia l’uno che l’altro.
“Bravo!” a Stanlio come sempre, mi ha ricordato un pezzo del genere che fece a suo tempo il Miike.
Però mi spaventa la fotografia di ‘sto film, che sembra pure esacerbata dalla luce di merda che traspare a fiotti già solo dagli screenshot della rece.
Ps Spiace che The Sadness non sia assurto a cult tra i frequentatori del sito, ma ammetto che anch’io me lo sono ben presto mezzo dimenticato.
Se ne parli non pare.
Stasera ricerca web per i film ,in due minuti, se ci sono ,li trovo
Date a questo regista 50 milioni di dollari e carta bianca!