Walter Hill ha segnato indelebilmente l’immaginario del genere action con uno stile inconfondibile: non ha bisogno di introduzioni ma di celebrazioni. Per la rubrica Le Basi, a voi il gran finale del nostro speciale più ambizioso a lui dedicato.
Pensavate che avessimo finito, eh? Andati Nemesi e Morto per un dollaro, eccoci giunti all’altroieri e al definitivo tramonto della carriera di Walter Hill, che dal 2022 non fa più film e si sa che due anni in questa economia sono come sette anni di vita per i cani (forse non era così). E invece no! Abbiamo ancora delle cartucce da sparare. Una di queste è Alien. Alien! Ci pensate? È uno dei motivi per cui ho cominciato a scrivere di cinema, io come immagino migliaia di altre persone che scrivono di cinema. “Un giorno voglio scrivere un pezzo su Alien!”. Uno di quei film definitivi, parlare dei quali significa anche parlare dei suoi figli e nipoti e di tutta l’influenza che ha avuto sul cinema a venire, et cetera. Chi non vorrebbe avere la forza e le idee per scrivere il Pezzo Definitivo su Alien, che senza diventare un libro o una pagina di enciclopedia raccolga e metta in fila tutte le idee che lo rendono un capolavoro che ha fatto scuola ma pochissimi figli?
No, non Ian Holm. George Rohmer! Non vi sarà sfuggito che su queste pagine esiste già uno speciale su Alien a firma del nostro baffo di redazione. E allora perché ci sono qui io a parlarne questa volta? Perché questo è uno speciale su Walter Hill, e senza Walter Hill Alien non sarebbe stato quello che è stato, non sarebbe quello che è oggi, non avrebbe ispirato generazioni di filmmaker e sceneggiatori, non sarebbe il film che tutti citano per smentire una persona che si azzarda a dire “un tempo i ruoli forti erano tutti riservati ai maschi”, non avrebbe avuto alcuni dei sequel più belli della storia dei sequel belli né generato orribili prequel che rovinano tutto quanto raccontato fin lì, ma non si può avere tutto, insomma se non fosse per un tizio che come vi abbiamo già documentato odiava la fantascienza non avremmo Ripley, lo xenomorfo, il gatto Jones e l’androide Ash. Un paio di queste cose letteralmente.
Per cui non aspettatevi un pezzo su Alien, ma un pezzo su come Alien sia nato come un’idea di Dan O’Bannon e sia diventato un capolavoro, un caposaldo, un capocantiere grazie a Walter Hill, alla sua innata capacità di asciugare le cose di tutte le stronzate e andare dritto al cuore di ogni storia, ma anche al suo proverbiale buon carattere che lo rende la persona migliore a Hollywood con la quale lavorare in serenità. Il contributo del Uolter si può dividere sommariamente in due capitoli: quando l’ha scritto, Alien, e quando avrebbe dovuto dirigerlo. Dopo la SIGLA partiamo con il capitolo 1.
CAPITOLO UNO: QUANDO L’HA SCRITTO
Il capitolo uno inizia in realtà prima che Hill entri in gioco, ma questa parte la terrò breve, perché è già stata ampiamente documentata sia dal George sia da, be’, la sterminata quantità di materiale, ufficiale o meno, collegato ad Alien e prodotto negli ultimi 45 anni. Per dire: lo vedete questo blog? È di un tizio appassionato di Alien dove “appassionato” significa che possiede diverse stampe originali di altrettante versioni della sceneggiatura, sia la prima scritta da Dan O’Bannon e Ronald Shusett, sia quella di Walter Hill e David Giler, sia quella ulteriormente riveduta e corretta che è poi quella che è stata girata, montata e distribuita in sala con un certo scorno degli ultimi due citati. Capite la quantità di materiale feticista che circonda questo film? Con un po’ di pazienza e i contatti giusti è possibile ricostruire la storia di com’è cambiato Alien negli anni e non solo, come si fa di solito, per sommi capi.
Il punto è che Alien è, come detto, un’idea di Dan O’Bannon, che dopo aver lavorato con Carpenter a Dark Star si disse “vorrei fare la stessa cosa, ma seria”, e si inventò il geniale pitch “Lo squalo nello spazio” (lasciate stare che poi non sia esattamente così). Ci mise anni a dargli una forma e, come racconta l’Alienologo David McIntee in Beautiful Monsters (bellissimo libro che parla anche di Predator, per non farsi mancare nulla), “rubò da un po’ chiunque”. Oltre all’ovvio Giger per i riferimenti visivi, rubacchiò da La cosa da un altro mondo, Il pianeta proibito, Terrore nello spazio di Bava, ma pure dagli slasher (Ripley è una final girl classica) e, dice sempre O’Bannon, da un racconto di Clifford Simak e da un paio di romanzi di Philip José Farmer (il primo scrittore sci-fi a parlare di sesso, riproduzione, desiderio e altre robe carnali di questo tipo).
E voi direte “vabbe’ sì sono le stesse robe che ci sono nel film che conosciamo. Cosa c’entra Walter Hill?”. Fabrizio, per risponderti ti assegno un compito a casa: leggiti la sceneggiatura originale di O’Bannon e Shusett e poi quella di Hill e Giler. Cosa ci trovi di diverso? Esatto, i personaggi hanno altri nomi: il capitano, per esempio, si chiama Chaz Standard. CHAZ. STANDARD! Gli altri si chiamano Martin, Dell, Sandy, Cleave e Jay. Capisco che “Sandy” possa confonderti per cui te lo dico: è un maschio pure lui. Sono tutti maschi! Capisci, Fabrizio? La prima grande idea del signor Walter Hill per ravvivare lo script di Alien precedentemente noto come PROJECT STARBEAST è di METTERCI UNA DONNA.
A questo punto è importante spiegare che Dan O’Bannon e Roland Shusett erano fortemente contrari al fatto che Hill fosse stato assunto per riscrivere il film. Un po’ perché era un loro progetto. Un po’ perché credevano che il nostro non avesse il curriculum, nonostante stiamo parlando di uno che, prima del suo debutto alla regia con L’eroe della strada, aveva scritto parecchia roba: da La morte arriva con la valigia bianca con Bill Cosby a Il ladro che venne a pranzo, e pure un classicone gigantesco come Getaway!, il più grande successo commerciale di Sam Peckinpah; il punto è che non aveva il curriculum per la fantascienza: “che cosa ci fa questo tizio nello spazio con noi?”, si sono chiesti O’Bannon e Shusett. E infine un po’ perché si stavano tutti e quattro (Giler incluso, che a proposito era del gruppo perché lui e Hill avevano da poco fondato la Brandywine Productions, che manterrà il suo marchio anche su tutti i sequel, il che incidentalmente significa che a ogni nuovo Alien Walter Hill incassa regolarmente il suo assegnetto) cordialmente sul cazzo. E l’altra cosa importante è che Walter Hill non aveva problemi tanto con il contenuto, quanto con la forma con cui era stato scritto quel film che all’inizio avrebbe anche dovuto dirigere.
Questo è l’inizio dello script di O’Bannon e Shusett:
Lasciate per un attimo stare il fatto che sembri l’inizio di una fanfiction erotica. Sembra un romanzo, una roba scritta con amore da qualcuno che ha in mente ogni singolo dettaglio delle scene che sta descrivendo e che qui e là si mette anche a spiegare con dovizia di particolari i movimenti di macchina o quelli degli attori. E la prima reazione di chiunque si trovi davanti una roba del genere è “vabbe’ ma allora giratelo tu”. Per confronto, ecco come comincia lo script di Hill e Giler:
Queste sono indicazioni narrative e visive date a chi dovrà dirigere il film, semplici, concise, senza fronzoli né ambizioni letterarie. Il primo script di Alien, quello pre-Hill (che poi era tipo l’ottava versione della stesura originale, ma vabbe’), è… fiorito. Eccessivo e quindi anche dispersivo: se Ridley Scott si fosse trovato quella roba da girare non sarebbe riuscito a farlo altrettanto diretto e aggressivo e minimale. Il vero grande lavoro di Walter Hill sul film è questo: snellire, snellire, snellire.
E quindi anche ricavarsi spazio per aggiungere, dove serve. Ripley e il suo ruolo di ispirazione horror ma con una virata femminista. Il gatto Jones, che è uno di quei dettagli apparentemente inutili ma che fanno la differenza tra un capolavoro e un grande film, credo. E soprattutto Ash. Lo sapete che l’androide se l’è inventato Hill? O’Bannon lo odia, mentre Shusett trova che sia la cosa migliore di Alien e ancora oggi riempie di complimenti Uolter per avere avuto quell’idea. In questo senso, e rifacendomi ancora al pezzo di George Rohmer, credo si possa dire che Walter Hill abbia anche contribuito a mettere la politica dentro Alien. Un’idea molto bella, arrivata fino al set ma poi tagliata in sala montaggio, era quella di dichiarare in maniera abbastanza esplicita come tutti i membri (eh eh) dell’equipaggio fossero bisessuali e facessero sesso con chiunque capitasse loro a tiro, a eccezione di Ash: un modo per cominciare a suggerire il mistero dell’androide parlando però di scopare.
Per cui: pur non amando granché il genere ed essendo privo di esperienza, Walter Hill capisce cosa c’è al cuore di questo film chiamato Project Starbeast e lo rimette in piedi, trasformando una sceneggiatura piena di buone idee e fuffa da raccolta differenziata in un manuale di come si scrivono i film usando tutte e sole le parole giuste. Dopodiché gli chiedono di dirigerlo, ma lui risponde a) che sta già lavorando a I guerrieri della palude silenziosa e b) che comunque non ha voglia di girare un film con tutti quegli effetti speciali. Arriviamo così al capitolo 2 di questa storia: Quando l’ha diretto.
CAPITOLO 2: QUANDO L’HA DIRETTO
Mai. Disse “no, grazie” e sparì al tramonto. A quel punto Dan O’Bannon ne approfittò per rimettere le mani sullo script e cambiare di nuovo alcune robe (tra cui non Ash, che pure tanto dice di odiare), nella speranza che, per l’appunto, glielo facessero anche dirigere. Non andò così, e dopo lunghe discussioni la produzione virò su un tizio che aveva diretto un solo film e che non aveva fino a quel momento alcun curriculum nella fantascienza, e il resto è storia nota.
Rimane l’ultimo particolare: il fatto che, alla fine della fiera, Alien sia stato accreditato esclusivamente a Dan O’Bannon, e Uolter sia stato sostanzialmente cancelculturato. Mi fa sorridere perché lui e O’Bannon si odiavano, e immagino il gusto che quest’ultimo deve aver provato a rimettere mano alla sua creatura e togliere tutte quelle robe brutte che ci aveva aggiunto il suo acerrimo nemico. Tranne che poi non le ha mica tolte: ha tenuto l’androide, ha tenuto la final girl, ha tenuto il gatto. Mica gli piacevano, eh! Pessime, pessime idee. Solo che rendevano migliore il film. Che dilemma! E che ipocrisia, caro Dan!
Eh vabbe’. Walter Hill vive comunque, eh! Leggete questa bellissima intervista sul film e il suo contributo allo stesso: la prima cosa che dice è “di solito non rispondo a domande su Alien perché è finito tutto molto male”. E non solo perché non abbia potuto dirigerlo lui, anzi sono convinto che gliene freghi poco. Ma perché è chiaro che Hill è consapevole di quanto lo script di Alien sia un capolavoro anche indipendentemente dal film che ne hanno tratto, e di quanto il merito sia in gran parte suo, ma tipo “al 90% in gran parte”. Non so, forse esiste un universo parallelo nel quale le cose fuori dal set non sono andate così in merda e da allora Walter Hill ha dedicato gran parte della sua carriera agli horror fantascientifici. Purtroppo ci tocca il nostro, nel quale Hill tornerà a mettere le mani sulla materia con Supernova, e per favore non fatemi parlare un’altra volta di Supernova.
Quote
“…”
(Stanlio Kubrick nello spazio, i400calci.com)
Pietra miliare e non solo del cinema cosiddetto “di genere”, ma proprio del cinema in generale.
La rappresentazione dello xenomorfo in questo film resta unica ed indimenticabile (ben riassunta dalla definizione di Ash, “un perfetto organismo, la sua perfezione strutturale è pari solo alla sua ostilità”).
Poi Cameron col sequel divertentissimo e fracassone lo rovinerà, ma questa è un’altra storia
Chiedo qui a chi sa perchè è una cosa che ho sempre trovato buffa: Alien è l’unico franchise che è stato preceduto da una parodia? Di solito è sempre avvenuto il contrario. (A riprova dell’apporto di Hill, Dark Star comunque in sè come film era davvero scarso, ha il “solo” enorme e non trascurabile merito di aver dato il la a una manciata di talenti che avrebbe reso migliore il cinema negli anni a venire)
“Dark Star” è di fatto un filmetto amatoriale. Probabilmente, non fosse stato girato da Carpenter e scritto da O’ Bannon, oggi non se lo sarebbe visto nessuno.
A modo suo, è anche divertente.
La BBC ha dedicato un articolo ai 50 anni di Dark Star: https://www.bbc.com/culture/article/20240403-dark-star-at-50-how-a-micro-budget-student-film-changed-sci-fi-forever
Il gatto Jones è un gran tocco di classe secondo me. Mi piace pensare che ci sia un sottile parallelismo tra il felino e lo xenomorfo: il gatto è un animale mai completamente addomesticato, poco incline ad assecondare eventuali ordini del proprio “padrone”, indipendente e sfuggente, istintivo e opportunista. In una scena del film, peraltro, i due si trovano a un certo punto muso a musi, come a esplicitare questo confronto/sfida/specchio.
O forse è solo che sono un gattofilo.
Un Signor Articolo, interessantissimo il dietro le quinte, o meglio sceneggiature, di un film tanto noto che tuttavia non manca ancora di sorprendere.
Dietro la macchina da scrivere nessuno può sentirti urlare.
Chiacchiere in libertà… la sceneggiatura FINALE è stata quella di O’Bannon e Shusset, Hill ha inserito Ripley, anche se a quanto pare vi scordate che c’è anche Lambert, Jones il gatto e soprattutto Ash. Comunque rimane un 10% di apporto al tutto, massimo 20%, rimane il fatto che Hill NON CREDEVA NEL FILM, altrimenti non a livello produttivo avrebbe scucito un pò di più dei miseri 4 milioni di dollari che lo avrebbero trasformato in un film di serie B. Poi senza i disegni di Giger e la concettualizzazione di Rambaldi per la creazione dello xenomorfo ai voglia! Senza contare che la mano salda, essenziale ma capace di Ridley Scott hanno trasformato il concetto di squalo spaziale nel monster movie spaziale più iconico e riuscito di sempre. Il resto sono appunto chiacchiere che comunque almeno ci hanno risparmiato la regia di Hill che visto SUPERNOVA avrebbe fatto un casino e soprattutto non sarebbe stato assolutamente all’altezza della regia di un film di fantascienza. Ne ha diretto solo uno che è palesamente un obbrobrio non indifferente, quindi diano a Scott ciò che è di Scott, mentre Hill continua a riscuotere gli assegni, per piccoli che siano.
Alfonso almeno leggi il pezzo, Hill ha inserito anche Jones il gatto e Ash… e non è manco lui che deve finanziare il film. C’hai una foga che pare che Hill ti abbia rigato la macchina…
Ma più che altro celebrate uno dei peggiori registi di Hollywood… un minimo di contestualizzazione non guasterebbe! Per questo dico chiacchiere in libertà, e se ve la prendete allora vuol dire semplicemente che non sapete quello che dite… fino a prova contraria lo script e di due sceneggiatori, le informazioni sono le stesse per tutti, il fatto che ci siano dei contributi di Hill dimostra semplicemente in primis il suo peso all’epoca come produttore. Cosa che gli ha permesso di produrre anche altro, per il resto senza Ridley non ci sarebbe stato visivamente L’alien che conosciamo. Punto, il resto sono come dico CHIACCHIERE.
Alfonso, se ti interessa su Google trovi tutte le diverse versioni della sceneggiatura e puoi farti i confronti da solo come abbiamo fatto noi. Non ti agitare però, qualunque cosa scopri il film non cambia, è bellissimo come lo è sempre stato.
sì ma anche meno eh?
“PARLATECI DI ACHERON LV-426 !!1!”
“APRIREMO LA NOSTROMO COME UNA SCATOLA DI TONNO!!1!”
“ABBASSO LA KASTAHH DEGLI SPACE JOCKEYS!1!”
“VAFFANKANE!!!1”
è talmente esaltato il contributo di Hill a questo film che non lo sa letteralmente una mazza di nessuno…dai coso posa il fiasco…uno dei peggiori registi di Hollywood…
Bellissima l’intervista a Hill su Alien, non l’avevo mai letta, grazie.
Il lavoro per sottrazione è quello più difficile, e non è esente da difetti, lascia inevitabilmente qualche maccosa che in passato su queste pagine più di qualcuno aveva ricordato: lo xenomorfo che non si sa come da bestiolina diventa dimensione umana è quello che in molti avevamo già all’epoca notato, ma pure il fatto che con attrezzature del futuro non vedano la larva lasciata dal facehugger è tirata parecchio. Ma quando il risultato è di questo livello, pure un temperatore di punte come il sottoscritto si inchina e si toglie il cappello. Dopo aver sradicato con una leva le mani dal divano a cui si era aggrappato nell’ultima mezz’ora di visione. Comunque anche io, pur non volendo toglierer nulla al buon Hill, e senza arrivare alla furia iconoclasta di Alfonso, dò una notevole parte di merito alla regia. Questo è uno di quei casi molto rari in cui è uscita la combinazione vincente quando tutte le altre avrebbero funzionato meno o per nulla. Ringraziamo tutti i partecipanti, ma a voler essere obiettivi, è stata pure una botta di culo clamorosa.
Molti capolavori sono una botta di culo clamoroasa o meglio, un insieme considerevole di casualità. Il non funzionamento della bestia ha fatto la fortuna de lo squalo. Le realizzazioni di certi film mi son state d’insegnamento che i contrattempi vanno accettati e surfati in maniera creativa, che le strade da percorrere son più grandi della nostra capacità d’immaginarle e che i limiti, i paletti, sono un bel soffio sulla fiamma della creatività
Non amo troppo questo film, ma a parte questo apprezzo molto il presente articolo. Un ottimo testo informativo che ha fatto il suo lavoro bene e soprattutto senza supponenza.
Se allora qui finiscono le Basi più inusuali di quelle fatte finora, sono curioso di vedere a chi verranno dedicate le prossime ( che immagino saranno fra parecchi mesi).
E visto che immaginare soggetti di studio è un bell’esercizio, io avrei da proporre un po’ di artisti che vorrei vedere esplorati: Don Siegel, John Carpenter, Sergio Leone, James Cameron, John McTiernan, Renny Harlin
Ed visto che affrontiamo le cose con serietà, non vedo perché limitarci ai soli registi visto che quest’arte è plasmata anche da altre figure, e la gloria di Valverde in particolare ha avuto dei fautori imprescindibili in: Joel Silver e Steven E. De Souza. A mio modo di vedere, entrambi meriterebbero appieno di essere soggetti di “le Basi” assieme ad altri produttori e sceneggiatori, primo fra tutti Shane Black
Già solo parlare di Joel Silver fornisce l’occasione di parlare di “Arma Letale” , uno dei titoli più meritevoli che mai, ancora in attesa di disamina qui sopra.
E faccio anche l’azzardo di dichiarare che sarebbe grande tornare a fare qualche speciale come ne facevate un tempo, come quelli su Jackie Chan, o su King al cinema o sul nuovo cinema afroamericano dei ‘90.
Sarebbe una buona scusa per parlare un poco del compianto Richard Donner, tanto per rimanere in tema.
O, tanto per fare proposte, per parlare di Eastwood regista, dello Spielberg più calcista o anche per fare una bella analisi della filmografia di Tim Burton (anche per parlarne male, eh)
Se ti è sembrato “inusuale” Walter Hill preparo i popcorn per John McTiernan, e per Renny Harlin invito anche tutto il vicinato… Accolgo comunque volentieri il feedback in generale e ti ringrazio.
Vabbè Hill ha prodotto il film… infatti è accredito nei titoli di testa come “A Walter Hill Production” e la sceneggiatura…. bisognerebbe dirla tutta e soprattutto analizzare l’apporto di Scott e degli altri sceneggiatori. Per il resto nulla di nuovo e chiacchiere in libertà per i clic ;)
Nel senso che ti sei sentito truffato che un pezzo intitolato “Le basi: Walter Hill” parlasse di Walter Hill?
Grazie, davvero bell’articolo.
Una cosa che all’epoca a me e ai miei amici aveva mandato fuori di testa (e mi sembra non sia stata citata da nessuno) è che non solo la protagonista, ma anche il computer è “femmina” e ha un nome: MOTHER.
Anche questa mi sembra una innovazione di Hill, ho dato una scorsa alle sceneggiature e O’Bannon lo chiama COMPUTER (maschio)
Per noi ragazzi degli anni 80 questa era una ficata pazzesca, tanto è vero che dopo di Alien il computer con la voce femminile è diventato un must.
Ho sempre adorato la latinizzazione in “Mater”