
“È una tigre quella?”
Alle volte ripenso a Richard Donner. Ci pensate a che perdita è stata Richard Donner? E che razza di carriera ha avuto? Ha quasi del miracoloso il modo in cui è riuscito a toccare svariati generi, dall’horror (Omen, ovviamente) ai supereroi (Superman), dal fantasy (Ladyhawke) al film per ragazzi spielberghiano (I Goonies), per non parlare dell’action (Arma letale), sempre al top. Fa quasi paura vedere elencati questi titoli e pensare che sono stati diretti dalla stessa persona. Nella recensione de L’esorcista: Il credulone, tanto per autocitarmi in un moto di hybris inaudito, scrivevo:
L’horror, ne abbiamo parlato anche troppe volte da queste parti, è un genere molto difficile, perché richiede una perizia tecnica, un senso della suspense e una capacità di creare e far esplodere la tensione che non sono da tutti. In sostanza, o sei uno che ha fatto gavetta, si è imparato tutti i trucchetti dai maestri e li sa usare in maniera chirurgica, oppure sei un cazzo di fottuto genio maledetto che saprebbe dirigere qualsiasi cosa.
Ecco, Richard Donner era uno di quei giganti che sembravano in grado di fare tutto e farlo benissimo, senza sudare. Pensiamo solamente al fatto che, quando ha diretto The Omen, aka Il presagio, veniva da una lunghissima gavetta televisiva. Aveva già diretto alcuni film, ma quello era il suo primo horror e, per essere un progetto nato abbastanza ovviamente sull’onda del Satanic Panic e di pietre miliari come Rosemary’s Baby e L’esorcista, Donner riuscì a infondergli una personalità straordinaria, forgiando un piccolo capolavoro di atmosfera, una detective story in cui il colpevole era un bambino, all’apparenza innocente ma capace di atti indicibili. Un film onestamente terrificante, nel modo migliore: non tanto nei jumpscare, ma nel modo in cui toccava corde e paure profonde e le amplificava sullo schermo. Mi piace sempre citare la scena in cui Gregory Peck va a scavare la tomba della madre di Damien e ci trova lo scheletro di uno sciacallo, una roba di una semplicità disarmante che, pure, riesce a farmi venire ogni volta la pelle d’oca.
E come mai? La storia è sempre la stessa: show, don’t tell. Non c’è bisogno di spiegare nulla più del necessario, non serve dire che la Bestia è nata dal ventre di un animale, basta far vedere lo scheletro di uno sciacallo in una bara umana e il nostro cervello fa il resto. Nel cinema horror, lezione che ci è stata ribadita dai prequel di Alien, spesso meno spieghi meglio è. Purtroppo poi ci si mette il capitalismo a rovinare tutto. Sigla!
The First Omen, che i nostri amici Titolisti Italiani™ hanno deciso di ribattezzare Omen – L’origine del presagio, in quello che credo essere a buon diritto uno dei loro capolavori di maccosismo linguistico (ehi, per lo meno non c’è l’espressione “del male” nel titolo!), è il Prometheus, anzi l’Alien Covenant della saga di Omen. È il film che si pone come unico obbiettivo quello di spiegarti la rava e la fava di quanto accaduto poco prima che iniziasse il film di Donner. Perché il signor Hollywood ti ha visto, caro amante del cinema dell’orrore, mentre nella tua cameretta ti arrovellavi ascoltando un pezzo dei Mogwai e chiedendoti “Ok, Damien è stato affidato ai Thorn dopo che sua madre era morta dandolo alla luce. Ma ESATTAMENTE come sono andate le cose? E se ci fosse qualcos’altro dietro?!? Forse non cielo dikono??!”, e ti ha accontentato: The First Omen risponde ampiamente, esaustivamente, puntalcazzomente a queste domande, fermandosi a pochissimi istanti prima dell’inizio di The Omen.
Ed è questo voler spiegare tutto che, ormai lo avrete capito se avete visto un po’ di prequel nella vostra vita, ammazza quasi del tutto il film. Il suo esistere all’interno di coordinate prestabilite, la sua natura di pezzi di un puzzle preesistente che devono andare al loro posto entro la fine, risucchierebbe la vitalità da qualunque cosa. Oltretutto The First Omen cade nella categoria di prequel che spiegano tutto cercando, allo stesso tempo, di inventarsi un’idea quanto meno figa che giustifichi l’esistenza del film, ma che risulta incongruente con la mitologia dei film successivi e causa buchi logici sui quali schiere di YouTubers rantoleranno per anni. Di quest’idea parleremo dopo la linea dello spoiler; qui basti dire che si tratta di una bella intuizione, che mi ha fatto pensare che anche questo film, come tanti nuovi capitoli di franchise, fosse nato in realtà come progetto a se stante, poi fatto rientrare da Disneyfox sotto il cappello di The Omen per tentare ancora una volta un rilancio della saga. Non sembra essere così, in realtà, almeno stando alle info che si possono reperire online. Eppure mi sono chiesto, dopo la visione, se avrei giudicato The First Omen in maniera diversa, fosse stato un film a se stante.

“Non cielo dikono, kapito?!?”
La risposta è “nì”. Da un lato, l’esordiente (con lunga gavetta televisiva, come Richard Donner) Arkasha Stevenson dimostra di avere una buona mano nel mettere in scena immagini disturbanti – specialmente un’inquadratura, nel finale, che non mi sarei mai aspettato di vedere in un horror mainstream e, a quanto pare, ha fatto rischiare al film un rating NC-17 – e sa costruire un’ottima atmosfera di quieto orrore. Ne risulta un film a suo modo diverso dalle tonnellate di horrorini di matrice Blumhouse che hanno invaso le sale negli ultimi anni: The First Omen ha il pregio di non cercare il facile jumpscare, ma di calare invece lo spettatore in un contesto a tutto tondo, quello della Roma dei primi anni ’70 scossa da manifestazioni e riot. Di The Omen conserva inoltre la natura di detection: anche qui i personaggi – tra cui Ralph Ineson nei panni di padre Brennan, interpretato da Patrick Troughton nel film originale – devono indagare per scoprire la natura della cospirazione intenzionata a dare alla luce l’Anticristo. La scoperta che fanno è degna dell’horror satanico anni ’70, bisogna ammetterlo, anche se calata nel contesto cospirazionista attuale.
D’altro canto, l’intenzione palese di Arkasha Stevenson è quella di girare un horror moderno, che abbia però un sapore d’epoca, senza esagerare. Non siamo di fronte a un film degli Astron 6, in cui ogni dettaglio è meticolosamente ricostruito per scimmiottare lo stile di un’epoca specifica: The First Omen è senza dubbio un film del 2024, ma allo stesso tempo ha una fotografia, delle scenografie e delle facce scelte molto bene per sembrare coerente con il film del 1976 di cui costituisce l’immediata premessa.
Poteva andare peggio, quindi? Sì, ma poteva anche andare meglio. Nel senso che, purtroppo, The First Omen è una notevole palla al cazzo, specialmente nella parte centrale e nel modo insistito, tutto corporate, in cui fa rientrare i famosi pezzi del puzzle al loro posto. Ha anche il grosso problema di dover includere – anche qui, forse per richiesta dei piani alti – diverse sequenze che ricordano quelle dell’originale, a partire da una che avrete forse visto nel trailer: la discepola dell’Anticristo che si suicida dopo aver pronunciato le fatidiche parole “Questo è per te”. Per una buona metà del film, le cose succedono solo per arrivare a una conclusione abbastanza ovvia e risaputa: Damien dovrà nascere e dovrà essere dato in adozione. Stevenson e gli sceneggiatori si sforzano di infilarci un paio di plot twist, ma il più grosso lo si capisce a metà (o, se siete un po’ più furbi di me, all’inizio) e l’altro è abbastanza superfluo/fastidioso. Quando si sa esattamente dove un mistero andrà a parare, è difficile rendere interessanti le indagini. A meno che non sia un episodio del Tenente Colombo.

Bella o bona? Suora.
Ma andiamo un po’ più nello specifico e attraversiamo dunque…
IL RUBICONE DELLO SPOILER
La bella idea di The First Omen è che, dietro la venuta dell’Anticristo, ci sia una setta deviata all’interno della Chiesa cattolica. Questo simpatico gruppo di preti e suore è convinto che l’unico modo di arginare la fuga di fedeli sia creare il villain perfetto per convincerli a rinnovare la loro fede in Cristo. L’idea è figa e, ci ho pensato solo adesso, è perfettamente in linea con il periodo in cui il film è ambientato, quello della strategia della tensione e dei servizi segreti deviati. Peccato che venga usata nell’incipit di una saga in cui, poi, non verrà mai più tirata in ballo: nella trilogia originale, Damien era servito da non meglio identificati satanisti. Qui non si parla di satanisti – per quanto, ovviamente, l’implicazione sia che, per una causa, un gruppo di persone si trasforma in ciò che più odia senza rendersene conto – e c’è persino una scena in cui il prete Bill Nighy battezza il piccolo Damien con il segno della croce. Per questo dico che The First Omen sembra un film nato indipendente e poi fatto rientrare a forza in un franchise.
Lo stesso vale per il principale colpo di scena del film: Margaret (interpretata dalla nostra attrice senza tigri preferita, Nell Tiger Free) è destinata a dare alla luce l’Anticristo. È lei la prescelta, non Carlita Scianna, che è invece una falsa pista messa lì per confondere le acque. C’è un po’ di The Wicker Man in questo twist, anche qui è una bella, anche se non originalissima, trovata. Peccato che ribalti il concetto originale – che la madre di Damien fosse uno sciacallo, qui è il padre a esserlo – semplicemente per poter costruire il film su una protagonista femminile. Non è un grosso problema, ma, ancora una volta, fa sembrare The First Omen un imbucato alla festa. Che, magari, avrebbe potuto darci molta più soddisfazione se avesse deciso di organizzare una festa tutta sua. Con Black Jack e squillo di lusso.
FINE DELLA LINEA DELLO SPOILER.

“Non ho nessuna tigre, smettila di chiedermelo!”
Il secondo colpo di scena è abbastanza inutile svelarlo: basti dire che sembra aprire la strada a un sequel del prequel, un… parrallelquel? Non lo so, so solo che onestamente non me ne frega un cazzo, anche se ugualmente spero che lo intitolino (W)omen, che sarebbe un gran tocco di classe. Auguro ad Arkasha Stevenson di lasciarlo dirigere a un Michael Chaves a caso e dedicarsi a qualcosa di originale, perché la stoffa sembra esserci. Hail Satan!
Satanic Panic quote:
“Più che un film, un parto.”
George Rohmer, i400Calci.com
A me è piaciuto molto, la questione degli spiegoni non mi ha dato fastidio perché è sempre una bella cosa vedere cospirazioni orrorifico-ecclesiastiche. Sicuramente un film a sé stante avrebbe avuto un grande impatto, forse maggiore chi lo sa, anche questo comunque non sfigura e da amante del primo mi ha fatto godere nel finale per come riannoda i fili con la mitologia che conosciamo. L’elemento che però lo rende superiore ai prequel/sequel loffi che negli anni hanno fiaccato le reni di noi calcisti non è neanche tanto quello che viene detto ma come viene detto: rivedrò con piacere negli anni quest’opera perturbante e suggestiva ogni volta che avrò voglia di qualcosa di catto-horror che non sia generata dall’’algoritmo e con le facce giuste al posto giusto. Ho letto che dovrebbe uscire in digitale a giugno, spero a questo punto il 6.
Visto lo scorso sabato, un horror onesto, mi aspettavo molto di meno ma fra tanti prequel usciti negli ultimi anni questo mi è sembrato fra i più convincenti.
Ho molto apprezzato l’interpretazione di Nell Tiger Free, penalizzata come al solito da un doppiaggio di bassa lega, che annulla la particolarità dei dialoghi (quelli veri) in italiano di una protagonista che parla inglese.
Giusto per rinfrescarmi la memoria avevo visto il giorno prima The Omen l’originale di Donner; ricordo che da giovane quando lo vidi mi impressionò; rivisto 30 anni dopo non mi ha fatto un baffo, per quel che mi riguarda non è invecchiato benissimo.
Poveri, che c’entrano i Mogwai ora… ;_;
Visivamente ha un sacco di carattere sto film, purtroppo é scritto davvero in modo approssimativo, non solo per i problemi di continuità con i film successivi (che anche sti cazzi) ma proprio di risoluzione logica delle cose [il modo in cui il prete e la suora tentano di risolvere alla radice il problema del nascituro è ridicolo]. Comunque spero che si uniscano a Immaculate per creare il “Hot Nuns Cinematic Universe”.
Commento top di uno in sala: “ma perchè lo hanno fatto finire come Avengers?”
“Omen: pre-sagio”
(in originale, “Omen²” on”Omen-er”)
da come si incastra sembra più un rogue one che arriva fino a un secondo prima di star wars che un covenant
Mai stato fan dei prequel, e credo che non guarderò questo che, tra l’altro, tocca un mostro sacro come Donner!
Ma un bel “Le Basi” su Donner?
– Secondo la tua logica [Nell Tiger Free] potrebbe tener lontano le tigri.
– Oh, e come funziona?
– Non funziona! È solo [Nell Tiger Free], comunque, non vedo nessuna tigre, e tu?
– Lisa, voglio comprare [Nell Tiger Free]!
Questa rece l’aspettavo con curiosità. Omen era una delle nostre vhs domenicali da vedere e rivedere. Molto più che L’esorcista. Per qualche strana ragione non annoia e non perde niente nel rivederlo.
Ora avanti con la rece di Monkey Man!
Ho letto tutto il contrario in questa recensione di quello che ho letto in giro, è un ottimo horror che merita piu’ di quello che è stato scritto. State un pò diventando snob ragà, non so che ci vuole piu’ per farvi emozionare.
Finalmente un horror come si deve, nulla è scontato fino alla fine del film, diciamo un pò thriller. c’è la bellissima citta eterna degli anni 70 con le rivolte popolari, cè un tema sul maltrattamento dei minori (stanza cattiva), c’è il contrasto tra Dio e l’anticristo, c’è l’uso del corpo femminile per la nascita forzata del demonio… insomma mi è piaciuto molto e poi gli attori italiani Top – Carlita ad esempio interpretata dalla debuttante e bravissima NICOLE SORACE ha saputo calarsi nella difficile parte, e Andrea Arcangeli ha saputo intrigare una delle scene più cruenti del film
Che commento da maestranza
AHAHAHAHAHHAH <3
A me globalmente non e’ dispiacuto : non e’ diretto affatto male e ha una buona tensione ,visivamente e’ interessante .
La cosa che mi ha affatto un po’ aggrottare le sopracciglia ( e scusate se dico aggrottare) e’ che leggendo la trama su Wikipedia (e ok che non sia il vangelo…ahahaha,simpatica gag) e’ completamente diversa dal film : sono riportate scene e situaizone che sullo schermo non ci sono.
george sei un faro di buonsenso in questo mondo di lobotomizzati a cui ormai piace qualsiasi cosa ♡
È molto bello, soprattutto dal punto di vista visivo. Ottima regia e ottima fotografia, nonostante un paio di trovate pacchiane che comunque vengono riscatatte da molti colpi di gran classe.
La storia è stupidina, ma regista e attrice protagonista tengono tutto in piedi che è una meraviglia.
Grandi sbadiglioni sto film. L’ho trovato abbastanza telefonato, a parte una parte del finale che nemmeno la recensione ha spoilerato. Per il resto boh. Non ci ho trovato la fiammella necessaria