Serve un motivo per fare una retrospettiva su William Friedkin? No. Ma noi ce l’abbiamo: il motivo è che non avevamo ancora coperto praticamente niente di suo. E quindi ora copriamo tutto. Seguiteci nel nostro nuovo, imprescindibile speciale: Le basi – William Friedkin.
Dove eravamo rimasti? Parlando di The Hunted – La preda, Darth Von Trier ci raccontava come William Friedkin fosse caduto completamente fuori dalle grazie di Hollywood dopo l’ennesimo flop (e un certo olezzo di nepotismo). Il film successivo, Bug, è abbastanza evidentemente una reazione a questo, un tirare i remi in barca per rivalutare completamente la situazione e ripartire. Se l’avventura hollywoodiana di Bill era sostanzialmente finita, forse c’era ancora spazio per reinventarsi come autore indipendente alla guida di film piccoli e contenuti. Abbastanza letteralmente: Bug è tratto da una pièce teatrale – di Tracy Letts, stesso autore di Killer Joe – e si vede.
La trama: Agnes (Ashley Judd) vive sola in uno squallido motel in Oklahoma, lavora in un bar per lesbiche ed è inquieta per via di un ex marito violento che è appena uscito di galera. Nel suo passato c’è un grosso trauma: suo figlio di sei anni è sparito senza lasciare traccia in un supermercato. Un giorno, tramite la collega R.C. (Lynn Collins), Agnes incontra Peter (Michael Shannon), un tipo all’apparenza timido e gentile, con cui inizia una storia. Peccato che Peter sia in realtà uno schizofrenico paranoide convinto che “loro” lo spiino e gli abbiano impiantato delle cimici sottopelle per controllarlo. Al grido di “NON CIELO DIKONO!!11!”, la sua follia contagerà anche Agnes, fino a una conclusione tragica.
Ora, essendo Bug tratto da un’opera teatrale, vi potete immaginare l’ambientazione: Friedkin non esce quasi mai dalle quattro mura dell’appartamento di Agnes, a parte in rarissime occasioni (il bar in cui lei lavora, un supermercato), e tutte bene o male all’inizio del film. A mano a mano che Agnes e Peter si calano nella paranoia più profonda, l’ambientazione si fa sempre più claustrofobica e il mondo esterno sparisce. Friedkin è chiaramente poco interessato a cambiare il testo di Tracy Letts, scoperto da lui una sera a teatro, anche se non ha dimenticato di essere un regista cinematografico e usa bene questa contrapposizione tra esterni e interni. Quando Agnes va a fare la spesa, non è mica un caso: Friedkin usa la scena per mostrarci il trauma della donna con le immagini, anziché con le parole.
Per il resto, data la fonte, Bug mette la parola al centro di tutto. Ed è soprattutto un film di attori che recitano, a volte contenendosi, a volte cedendo a un overacting di puro stampo teatrale. Al centro di tutto c’è Michael Shannon, all’epoca già apparso in ruoli minori in una ventina di film (tra cui Bad Boys II e 8 Mile), ma che qui diventa incontestabilmente MICHAEL SHANNON. È innegabile che il suo typecasting nel ruolo del matto della porta accanto sia iniziato qui. Shannon aveva già interpretato il ruolo di Peter a teatro, e Friedkin e Letts lo vollero fortemente per il film.
Bug viene girato con un budget stringato, 4 milioni di dollari o meno, e finanziato da Lionsgate, il cui presidente Michael Burns intende pubblicizzarlo come un nuovo horror dal regista de L’esorcista. Friedkin riesce a ottenere di utilizzare Shannon dopo aver scritturato un nome sufficientemente importante in Ashley Judd. Tutti quanti accettano di farsi pagare con una percentuale sugli incassi e partono per la Louisiana, dove il film viene girato nell’arco di 21 giorni nel luglio del 2005, nella palestra di una scuola. Come da programma, le cose non possono mai davvero andare bene al 100% per Billy: la troupe viene accolta da uragani e maltempo, anche se fortunatamente si gira in interni. Le riprese finiscono poco prima che l’uragano Katrina devasti New Orleans.
In ogni caso, Friedkin “la porta a casa”, come si suol dire. Siamo lontani dagli anni d’oro, e anche dall’exploit successivo di Killer Joe, eppure Bug resta un thriller teso, angosciante, malato. Un film che evoca il malessere vissuto dai protagonisti attraverso un accorto uso delle scenografie. L’appartamentino di Agnes puzza di sudore, cicche e repellente per insetti. Il tutto sublima in un terzo atto in cui gli ambienti vengono completamente ricoperti con la carta stagnola e si passa da una luce torrida e asfissiante a quella gelida delle lampade da giardino utilizzate per illuminare il set. Ed è precisamente in questo setting freddo che, per la prima volta, esplode la violenza vera e zampilla il sangue.
Bug è quella che in gergo viene definita una folie à deux, ma contiene anche delle “idee profetiche”, come le definisce Friedkin nella sua autobiografia Il buio e la luce, che abbiamo già citato. È un film che parla di come la tecnologia abbia invaso le vite delle persone al punto che, ormai, nessuno è più al sicuro. Sono concetti espressi da un pazzo, ma in grado di parlare a tutti. Spiega Friedkin:
Le opere di Tracy Letts mostrano come la paranoia si nutra di se stessa. All’epoca non ne ero consapevole, ma fare film per me è stato immergermi nelle mie tendenze paranoiche. Non credo che ci siano elicotteri che mi seguono o che ci siano omini verdi che mi entrino nel cervello, ma spesso ho la sensazione che se qualcosa può andare male, andrà male sicuramente: la telefonata che deve arrivare non arriverà mai; il contratto che si stava per chiudere non si farà mai… Dalla loro caverna nera spesso ho visto uscire i Sette Nani dell’Ignoranza, della Paura, della Delusione, dell’Ansia, dell’Insicurezza, della Rabbia e della Depressione.
Un ritorno a un cinema più essenziale, per ritrovare se stesso e concentrarsi nuovamente sulle proprie ossessioni e paure, dunque. Può sembrare curioso che un regista come William Friedkin, che negli anni d’oro si distingueva per la sua asciuttissima sintesi narrativa affidata alle immagini, abbia deciso di rilanciarsi con un film così verboso. Ma in effetti, se conoscete la carriera di Billy (e, dopo questo Le Basi, DOVRESTE!), Bug ha più il sapore di una chiusura del cerchio. Dopo tutto, Friedkin aveva iniziato la sua carriera adattando testi teatrali, ed è appropriato che l’abbia conclusa (?) con due lavori di stampo teatrale come Bug e Killer Joe.
Bug esce nelle sale americane il 25 maggio 2007. Costato circa 4 milioni, ne incassa 8 nel mondo. Recupera i costi di realizzazione, ma non si può certo dire un successo. Nonostante il tentativo di pubblicizzarlo come “un nuovo horror dal regista de L’esorcista“, Bug è un film troppo strano per rientrare nettamente in una categoria. Non è propriamente un horror, e forse non si può nemmeno definire un film di genere. Friedkin, in ogni caso, è soddisfatto del film, ma la sua carriera ancora una volta stenta a ripartire. Sarebbe occorso un altro assist di Tracy Letts perché Billy potesse realizzare un ultimo, grande film. Ma questa è un’altra storia.
Piccola nota finale: in Bug, Friedkin prosegue con le sue scelte musicali imprevedibili e al passo coi tempi. La colonna sonora è principalmente di Brian Tyler, ma Serj Tankian dei System of a Down realizza alcune musiche aggiuntive e Chris Cornell compone ed esegue il brano dei titoli di coda, Disappearing Act. Che, non fosse perché poi è uscito Killer Joe, sarebbe un titolo perfetto per un finale di carriera.
DVD a 4,99 quote:
“Shake that paranoia, Billy”
George Rohmer, i400Calci.com
Maledetto! L’ho visto ma non me lo ricordo e ora mi tocca rivederlo.
Grandissimo Michael Shannon, qui fuori di testa ma diverso da Take Shelter.
In Take Shelter è enorme, bravissimo. Davvero superlativo
Al netto di qualche verbosita’ un gran film
In attesa di uno dei suoi capolavori
Killer Joe e sua maesta’ De Conaghi
A me piacque un sacco. Una lenta e inesorabile discesa negli inferi e nella paranoia con Shannon che più si scende, più sale di tono e si mangia tutto il film. A fine visone, con un malessere addosso che levati, ti senti quelle cazzo di cimici in bocca pure tu, che sei tranquillo sul divano.
Con due Lire se c’hai la stoffa di Friedkin ti porti a casa un filmone lo stesso.
Gran bel film.
@ Adolf Hitgirl E tu cosa ne pensi di questo film di Friedkin, tratto da un’opera teatrale, in cui si fa un gran lavoro di camera per raccontare senza dire?
A domanda rispondo. Il fulcro di quest’ opera, che purtroppo non è stata tradotta su carta bestseller, è l’ attore Michael. L’ attore Michael ha un pregio: ha una faccia inquietante, il fisico tisico di uno che trovi fuori da un sert. È più inquietante e spaventoso perfino dell’ Inserviente di Scrubs, ma ha un difetto: ormai è un caratterista. In 8 mile aveva anche il difetto di non leccare la patonza a Kim Basinger nel 2002, e ti posso assicurare che la Kim nel 2002 era ancora una donna bellizzima. Il film, non il libro, è passabile. Ma controcorrentamente per me, assieme a Killer Joe, manco mi sforzo di metterlo nella grande filmografia di Friedkin. Altri mettono Killer Joe nell’ Olimpo, ma ognuno ha i propri divinità. Io, essendo quindi controcorrente, non mainstream, sono un hipster? Non so risponderti.
Qui è dove Bugo Tognazio voleva rispondere la seguente cosa ma ha sbagliato mira:
“Boh, quanto a questo non so risponderti neanche io, ed è il problema di tutte le metacazzabubole (classiche hipsterate peraltro) e ironie postironiche. Ci sono o ci fanno? Trollano o trollano i troll? Ben presto non ci si capisce più niente: è nato prima il carro di buoi messo davanti ai buoi, o il pelo di figa che tira tutto l’accrocchio? Il vero hipster (e ancor più la vera hipster) se ne frega bellamente, da modaiolo/a qual è. Vanamente segue le mode e leggero si libra, prende la peggio nerdata la più becera e la trasforma in aggraziato accessorio cool. Ma il nerd incazzoso che fa la videorece su YouTube, con la libreria che scoppia di manga dalle pagine incollate tra loro, quel nerd che è in tutto e per tutto uguale al nerd di ieri e di sempre, con la sua coda di cavallo e tutto il poco pulito resto, nel momento in cui nerdeggia postironico su qualche cazzata che fa il giro e diventa bella, è lui che copia gli hipster, o son gli hipster che han copiato lui? Non lo so, ma so che uno è incazzato e sudato, mentre l’altro è pulito ed ha copulato.
Michael Shannon è un matto complottista tisico e appena cagato fuori dal Sert? Può essere, ma da quel che vedo nella foto della rece ha anche un Rolex d’oro e sopratutto lo sa portare. Il matto complottista tisico e appena uscito dal Sert che conosco io, d’oro ha appena un dente e non lo porta neanche granché bene, visto che di dente gliene manca pure un’altro, proprio davanti, ed ha una fronte che non avrebbe sfigurato su un certo calendario che stiamo tutti ancora aspettando…”
(ora sapete perché non metto commenti più nidificati di un singolo livello)
Boss, vedo che anche tu sei stato colto di sorpresa dalla domanda sull’ hipsterismo e, come me, ti sei preparato. Ma tornando al buon Shannon, il mio appunto che gli muovo è che tutti lo vogliono come picchiatello, che è il ruolo dove spacca i culi. Negli altri, insomma. Su Killer Joe rinnovo il mio hipsterismo verso coloro che lo elevano: come già detto, mi è sembrato un film scemo, dove Matthew viene bene perchè deve fare il Matthew. Ma la trama, con annesso soffocotto alla coscia di pollo, non mi ha preso. Non ci ho visto il Male Male, ma un Male tirato fuori per i capelli da personaggi…scemi. Troppo facile, per ergersi a film da grandi domandoni sul Male e sui cambiamenti della società. Friedkin ha stracciato i culi molto meglio, perfino con quel copia-incolla di tanti film come The Hunted, imho. Qui mi fermo, prima che Bugo intervenga con “Sei tu forse un Dio?” e io non sappia cosa rispondergli, morendo di morte fulminante.
Mah, di fronte a questo ritorno in topic prepotente non posso che ritirarmi in buon ordine. Resta però il dubbio che sia tutta una mossa per non smollare una buona volta il calendario completo dei frontoni…
Ps Il commento di Nanni più sopra era mio, il capo l’ha ricopiato qui perché l’avevo postato al posto sbagliato.
Lo ammetto, in 13 anni mi hanno apostrofato in tutti i modi, addirittura “democratico” (!), ma “hipster” non mi era ancora capitato…
Caro Bugo, come vedi il Nanni ha anticipato le mosse. Ma la tua domanda di lunedì sera, mentre tutti dumbolikavamo in allegria, quasi vicini alla giga, mi ha fatto riflettere. Hipster ( dopo documentazione wikipedika) è colui che si muove controcorrente, e come il Nanni sostiene, per un hipster che muore un nuovo hipster nasce, magari diverso, ma sempre hipster è. Hipster può essere perfino chi segue il mainstream, agli occhi di hipsters che osservano. E allora il tutto si riduce, miseramente, a pura questione numerica. Personalmente credo che tutti siamo hipster. È un po’ come il razzismo. Coloro che dicono “non sono razzista”, se si scava a fondo una punta di razzismo gliela si trova sempre. Ora devi chiederti: sono io un hipster? Ne basta una punta, o forse poco più, in un qualsiasi contesto. E la risposta, se la cerchi bene, la trovi. E ora che ci penso, forse mio nonno fu un Dio, quindi mi documento.
Vabbe’, Bugo, tra fraintendimenti, sostituzioni e ot, concludo: per me Bugs è bellino solo perchè Shannon è Shannon all’ ennesima potenza, Killer Joe per me è un no, per altri è un sììì enorme. Te li guardi tutti e due e poi vedi se il tuo giudizio generale su un Friedkin non molto calciabile resta valido o meno. A me manca solo Jade, tra i visti. Vivalagiga.
Angosciante, una delle migliori rappresentazioni della paranoia – la scena della “scoperta” attraverso i denti mette ancora i brividi a ripensarci…