Magari dalla foto qua sopra non si capisce, ma la vita di Gina Carano è un rollercoaster di emozioni.
La carriera sportiva è stata esaltante, c’è poco da fare.
La carriera al cinema era iniziata con il progetto giusto venuto in mente alla persona sbagliata, e pazienza.
Seguono anni di tentativi anonimi, poi una comparsata giusta in Fast 6 e una in Deadpool, e infine il team Disney sezione Star Wars vede in lei il prototipo ideale di donna forte e la affianca al Mandalorian nell’omonima serie di grande successo (non so se l’avete mai sentita nominare).
È tutto bellissimo! Lei effettivamente funziona, le tirano fuori un carisma e una sicurezza che fino a quel momento non aveva mai avuto davanti a una cinepresa. Funziona talmente tanto che le promettono una serie da protagonista: Rangers of the New Republic.
Poi Twitter scopre che Gina è di un’ignoranza abissale su svariate questioni sociali (cosa che sinceramente non suona come ‘sta gran sorpresa): all’inizio lei prova a mediare, poi sostanzialmente esplode, arriva in tempo zero a paragonare le risposte ricevute a un tweet in cui sfotteva chi portava la mascherina durante la pandemia al trattamento ricevuto dagli Ebrei nella Germania nazista, e da lì non si volta più indietro. La Lucasfilms cancella la serie che le aveva promesso e interrompe i rapporti.

FUCK YEAH
Qui è dove la storia inizia a rimbalzare fra il triste e l’esilarante.
Gina se la prende con la cancel culture, per poi dimostrare che non esiste trovando un nuovo lavoro immediatamente: le viene proposto di diventare il volto di punta della divisione cinematografica del Daily Wire, noto magazine alt-right, e lei accetta con estremo entusiasmo. Viene fatto un grande annuncio in cui Gina vien trattata come il loro equivalente di un Tom Cruise: non solo reciterà, ma produrrà e collaborerà creativamente.
Il primo prodotto è proprio questo, Terror on the Prairie.
Viene lanciato un teaser trailer che punta tutto sulla contrapposizione e ribellione alla Disney.
Sono carichissimi! “The uncanceling begins”!
Terror on the Prairie stava per diventare il titolo di punta della loro nuova piattaforma streaming, “DailyWire+”.
Però ecco, la loro proposta presentava diversi problemi.
Il primo è che non so quanti non-conservatori si iscrivano alla piattaforma streaming del Daily Wire solo per sbirciare una star che fino a poco prima apprezzavano. Non gliela si mette molto facile. Voi vi iscrivereste a un servizio politicamente schierato in modo esplicito di segno opposto al vostro, qualunque esso sia, solo per sbirciare l’ultimo film di una star che vi sta abbastanza simpatica? Già così si taglia fuori una discreta fetta di potenziale fanbase che Gina si tirava dietro da Mandalorian, impedendo silenziose ipocrisie e costringendo a giocare a carte ideologiche scoperte. E fin qui ok, immagino l’avessero messo orgogliosamente in conto.

Ne è passato di tempo da quando Gina colpiva le avversarie come palloni da rugby da spedire in meta
Il secondo problema è che, uhm… non so come metterla giù delicatamente, perdonate l’eventuale insensibilità… ma ecco, Gina Carano è una donna.
La vera barzelletta quindi è che, quando uscì il trailer, nemmeno l’iscritto medio al Daily Wire era convinto che il film fosse particolarmente interessante, perché era un action con protagonista femminile. Con una donna forte e indipendente. Un film (tappatevi gli occhi se siete sensibili a certi termini forti) woke.
A un certo punto, ad agosto scorso, girano notizie di un’uscita tecnica in 10 sale americane in cui l’incasso totale sarebbe stato di $800. Ottocento dollari. Anche trattandosi di un giorno solo di proiezione e una sola proiezione, si tratterebbe di una media di otto spettatori a sala. La notizia viene contestata e apparentemente smentita.
Quello che invece non viene smentito è che Terror on the Prairie esce in sala in Russia e Arabia Saudita, per un incasso totale di – tenetevi stretti – tredicimila dollari (13.000).
I dati di DailyWire+ non sono ovviamente disponibili, ma certi commenti su IMDb fanno effettivamente piegare dal ridere: .
Immaginate – per fare un tipo di confronto che Gina possa capire e apprezzare – che nella Germania nazista uscisse un film pubblicizzato come “quello che l’opposizione non vuole farvi vedere” e poi è la storia di un valoroso eroe ebreo interpretato da che ne so, il piccolo Dustin Hoffman.

Le due cose migliori di The Mandalorian, a parte lo sgorbietto verde
Ho aspettato che la storia avesse eventuali ulteriori sviluppi, poi per un po’ me ne sono scordato, poi mi son visto la terza stagione del Mandalorian che di colpo dà un ruolo importante a Katee Sackhoff e mi è tornata in mente Gina.
Il film, abbandonando le iniziali strategie di esclusività, è uscito qua e là in formato fisico e su Prime UK, e l’ho guardato.
La trama è semplice: siamo nel selvaggio west, in Montana, qualche anno dopo la guerra di secessione, e Gina Carano è a casa da sola col figlio di nove anni (Isabelle Fuhrman Rhys Jackson Becker) e un neonato, mentre il marito è in città a fare shopping. Di colpo, alla porta della sua fattoria sperduta, si presentano quattro ceffi a chiedere semplicemente un po’ d’acqua. Nonostante il loro tentativo di sembrare educati, Gina capisce al volo che fanno brutto e ne ha la conferma appena nota che si tirano dietro una collezione di scalpi: li caccia a malo modo, ma quelli rimangono e la assediano.
Mi fermo qua.
Avete notato un grave errore?
Esatto: è ambientato nel selvaggio west, per cui è improbabile che il personaggio di Gina Carano interpreti una campionessa di MMA, e infatti non c’è traccia di prese jiu-jitsu o ginocchiate muay thai in tutto il film.
Immaginate di fare un film con Gina Carano, escludere buona parte del potenziale pubblico promuovendolo in modo apertamente politico, escludere l’altra parte puramente perché è una donna protagonista, e scontentare comunque tutti non facendola menare che è il motivo principale per cui è famosa.
A parte ciò, vi starete anche chiedendo: dove sta la propaganda?
E questo è l’altro aspetto esilarante, perché non è che non ci sia, ma è tutto stranamente sottotraccia.
Mi aspettavo non dico per forza un film becero, ma almeno uno fiero ed esplicito, e invece è un film che tira le frecciatine.
L’ambientazione negli anni di poco successivi alla guerra di secessione è il fattore chiave: il punto che il film vorrebbe fare è un timidissimo “la storia è complessa e anche i buoni hanno la coscienza sporca” – sottogruppo del grande classico “il fascismo degli antifascisti” – espresso attraverso le motivazioni dei villain sudisti che vogliono vendicare gravi torti subiti dai nordisti là dove l’ingenuo figlio della protagonista è rapido a giudicarli male non appena li sente canticchiare Faccetta nera una tipica canzone southern folk.
Per cui ok, complici anche altri dettagli di caratterizzazione non è che non si capisce da che parte pendono gli autori del film ma, causa scatenante a parte, i cattivi sudisti – sudisti e bigotti! – rimangono sempre inequivocabilmente cattivi. Non è un caso alla The Rock in cui il villain ha motivi nobili, una fase di cedimento al lato oscuro e poi una linea che non vuole superare e un’uscita di scena onorevole. Qua siamo più dalle parti di un cattivo Marvel, che ha una motivazione volendo comprensibile ma non esattamente abbastanza da meritare redenzione.
Insomma, è un film moderato. O meglio: timido.
Vista la campagna pubblicitaria e il piano distributivo mi attendevo Triumph des Willens, e invece mi sono ritrovato l’equivalente di Dustin Hoffman che sconfigge un gruppo di nazisti che vuole vendicarsi delle foibe, per qualche motivo distribuito con un entusiastico timbro di approvazione da parte del Führer.

Hey, fermi tutti, quello non è John Wayne, lo capisco dai vestiti!!!
In questo sballato e ingiustificato tentativo di equilibrismo ci sono altri dettagli che fanno comunque ridere, e uno di questi è proprio il ruolo di Gina: è una donna forte che riesce da sola a tenere dietro a quattro fuorilegge, ma anche contemporaneamente una moglie che attende che torni il marito per dare insieme il colpo di grazia. Non è la vera donna indipendente dei film moderni, ma più un “secondo in comando” ben allenato e sufficientemente affidabile quando il vero capofamiglia è assente. Non so, io mi immagino Gina che pensa “basta con questi ruoli che mi offre la Disney, sempre di donna forte e indipendente che vive la vita secondo i propri termini! Ora mi produco un film da sola dove finalmente posso fare quella che obbedisce al suo eroico marito e tiene testa ai cattivi puramente per fargli vedere quanto è stata brava mentre aspetto che torna!”.
Ma la parte divertente è che è tutto sostanzialmente opinabile: è davvero la classica via di mezzo che confonde e scontenta tutti.
Viene anche presto da chiedersi come minchia fanno quattro fuorilegge a non riuscire a catturare una donna da sola in casa con due marmocchi, a meno che non siano quattro completi imbecilli con la mira da Stormtroopers: intendiamoci, la storia del cinema è piena zeppa di film nella stessa identica situazione e che bene o male trovano il modo di nasconderlo con un minimo di ritmo e suspense, ma qua a un certo punto sembra facciano apposta, come in quei film demenziali in cui il villain disarma involontariamente l’eroe e poi, imbarazzato, gli restituisce l’arma.
C’è anche una scena dove Gina aiuta un gruppo di nativi americani con una ragazza in difficoltà. Qui è dove mi sono aggrappato alla poltrona, pronto a tutto. Lasciamo perdere che è una roba illuminata talmente male che ci ho messo cinque minuti a capire che la ragazza non era incinta ma ferita (credo) a una gamba: mi son detto “ok, qui è dove il Daily Wire si è dato un assist al bacio per menare uno dei suoi colpi più forti”. E invece non succede niente: Gina li aiuta senza fiatare, i nativi la ringraziano rispettosamente e se ne vanno. E non solo: i nativi sono interpretati da veri nativi! E parlano la loro propria lingua! Se anche l’alt-right affronta correttamente rappresentazione e inclusivity non so più a cosa credere al mondo. Sono cose per cui a volte persino la Disney continua a sbagliarsi!

Il nuovo Via col vento
Che volete farci, quando ci si trova davanti a un film del genere le ideologie in ballo diventano per forza la parte chiave dell’operazione, ma direi che le ho commentate abbastanza.
Non so, persino i film di Scientology sapevano vendersi meglio: Battaglia per la Terra era spacciabile come un normale film sci-fi e giustamente aveva tentato di promuoversi in modo neutro, non urlando “il film di Scientology che le altre religioni non vogliono farvi vedere”, e tutto sommato aveva finito per floppare in buona parte per (de)meriti totalmente suoi. Pochi anni prima, l’altrettanto propagandistico Phenomenon era stato un successo.
Ma a parte quello, che vi devo dire?
Dirige Matthew Polish, il cui film precedente era Force of Nature, il più classico dei DTV insipidi con Mel Gibson e Emile Hirsch: per qualche ragione a questo turno se la sente caldissima e se la gioca con inquadrature ad ampio respiro, tempi dilatatissimi e qualche occasionale sprazzo di gore. Pare di vedere uno che cerca di imitare John Ford e Clint Eastwood sperando di sembrare almeno S. Craig Zahler, ma fallendo malissimo su tutti i fronti. Il film, più che da Gina che è statuaria sia nel senso positivo che negativo del termine, è sorretto da Nick Searcy (visto di recente come sceriffo in The Old Way) di pura esperienza e pilota automatico. Del cast fa parte anche un altro ex-campione MMA, Cowboy Cerrone, nei panni del marito di Gina, più una comparsata per il mitico Matthias Hues: nessuno dei due ha scene di menare. E si segnala anche addirittura il debutto del figlio di Daniel Day-Lewis, Gabriel-Kane Day-Lewis (esatto, quattro nomi e due trattini).
Terror on the Prairie non è impresentabile, è solo di una noia pazzesca: punta ad essere il “film di prestigio”, convinto di sorreggersi su un’eleganza che non ha, un’epica che non riesce a creare, e obiettivi decisamente confusi, ma è blando e immediatamente dimenticabile.

Avete sempre sognato di vedere due star dell’MMA recitare senza menare? È il vostro momento.
Ho trovato questa dichiarazione di Jeremy Boreing, uno dei co-produttori: “i film del Daily Wire tratteranno in senso ampio di valori a cui i conservatori sono allineati, non valori strettamente conservatori. Non faremo un film sull’hard disk di Hillary, o su uno scalcinato giocatore di football che scopre Gesù nel terzo atto”.
Se la cosa vi può consolare, la lezione di Terror on the Prairie è stata imparata al volo: il loro film successivo, sempre con Gina Carano e diretto da nientemeno che Robert Davi, è My Son Hunter. Non è la storia dell’hard disk di Hillary Clinton, ma è direttamente la versione alt-right della biografia del figlio di Biden.
Ho come il sospetto che non sia altrettanto moderato.
DVD-quote:
“A che ora era l’uncanceling? Me lo sono perso?”
Nanni Cobretti, i400calci.com
Dove va Gina, vado anch’io!
Quindi un film brutto perchè non abbastanza nazista. Interessante!
Ne si può dedurre che oltre Gina tutti i coinvolti siano mezzi fascio?
Direi fasci, ingenui livello extreme o morti di fame gravi.
(le discussioni a casa Day-Lewis devono essere state uno spasso)
Pensavo proprio a quello
L’enorme errore di fondo di operazioni del genere è che il suo target non vuole intrattenimento. Vuole lamentarsi, trovare nuove cose contro puntare il dito, trovare scuse per fare la Maude Flanders di turno. E’ come vent’anni fa nei forum a tema musicale quando c’erano questi fantomatici fan della “vera musica” che però all’atto pratico passavano le giornate esclusivamente a fare le pulci al palinsesto di MTV. Questa gente non la soddisferai mai perchè per loro l’insoddisfazione è come l’ossigeno e quello che vuole è un costante flusso di pretesti per poter dar voce a questa eterna scontentezza.
Pezzo doveroso!
Beh, recensione che davvero mi fa cadere dal pero e dimostra quanto giochino aspettative e conoscenza del contesto nell’inquadrare le cose.
Perche’ sto film l’avevo casualmente “trovato” e visto gia’ mesi fa (e nel frattempo avevo anche un po’ dimenticato) senza sapere assolutamente nulla di tutto questo contesto iper-politico. Sapevo delle tribolazioni della Carrano, ma avevo catalogato il film alla banale voce “generico prodotto low budget montato per sfruttare la star prima che diventi ex”, MAI avrei immaginato che un film del genere nascesse come un manifesto politico. E men che mai di quella parte politica.
Anche perche’ si infila diritto in tutto un filone di western recenti in cui il buon vecchio west viene dipinto come l’inferno in terra per le donne (cosa che probabilmente era davvero): dai blasonati Homesman e The Power of the Dog, ai meno noti Sweetwater, Echoes of War, Jane Got a Gun, Brimstone, Savage State, fino al praticamente identico The Keeping Room. Quest’ultimo chiaramente ultra-femminista… ma i cattivi sono i nordisti. Che poi sono tutti film di impronta piu’ o meno liberal, e il bello e’ che prima di leggere questa recensione Terror on the Prairie manco lo avrei piazzato tra i meno “di sinistra” (per dire, il film della Campion mi sembra molto piu’ perfido nello smontare il gioco delle parti del manicheismo moderno, anche di quello di sinistra).
Detto cio’, manco l’ho trovato un brutto film. Noioso non direi, l’eterno classico dell’assedio funziona discretamente, e il tono generale giustifica il fatto che i cattivi siano personaggi grotteschi, crudelissimi, ma anche fondamentalmente stupidi. Alla fine mi e’ sembrata la versione discount del poco precedente e molto simile Old Henry.
È questa la parte buffa. È come un lupo che si traveste da pecora per andare a un convegno di lupi. O un lupo che si traveste da pecora per infiltrarsi fra le pecore, ma annunciandosi comunque con un cartello con scritto “sono un lupo” (non ho ancora preso il caffé, le mie metafore non stanno ancora al top).
Non so perché ma la tua serie di metafore a catena mi ha ricordato abbestia quella di Michael Madsen in Scary Movie 4. Ed ovviamente ho riso.
Quella sinceramente l’ho dimenticata io, com’era?
Vado a memoria… “Non è una guerra più di quanto non sia una guerra quella tra gli uomini e i vermi, o tra i draghi e i lupi, o… O tra gli uomini a cavallo dei draghi che lanciano lupi ai vermi.”
https://youtu.be/dGMywHUXWA8
L’ultimo Scary Movie che faceva davvero ridere.
Son lì lì per promptare su Midjourney “Dustin Hoffman contro i Nazisti contro le Foibe”, almeno cercando di fare prima che parta la produzione della prossima fiction Rai government-friendly.
Il West, un posto dove gli uomini erano uomini e le donne pure.
Curioso percorso attoriale quello della Gina. Conoscevo solo di sfuggita le sue traversie. Da quello che ho potuto capire è che è stato richiesto a gran voce il suo licenziamento da parte dei fan di Star Wars, da sempre molto moderati e tolleranti.
Insomma, è un attimo che ti licenzio la Gina ed un attimo che ti licenzio il Gunn. Qui si aprirebbe un dibattito se sia giusto o meno cacciare qualcuno in base alle sue idee, o in base a quanto sia o meno deficiente o stupido fuori dal set, e non in base a quanto sia un cane e un incapace come attore; ma finiremmo troppo fuori tema.
Comunque se mi rivinte le elezioni il Trumpone che succede, verrà licenziato Pedro Pascal come Mandaloriano perché ha preso in giro in alcuni tweet la destra americana e la protagonista della serie mi diventa la Carano?
Non ho mai visto Battaglia per la Terra e ammetto che non sapevo che fosse il manifesto di Scientology. Mi ha incuriosito. Mi sa che mi toccherà recuperare il film. Quasi tutto quello che so su Scientology l’ho appreso da una puntata di South Park.
È in realtà un discorso breve e semplicissimo: a nessuno frega quanto sia bravo o meno bravo un attore, a tutti frega di fare soldi. Se sei bravo ma – per motivi X che possono essere politici ma anche no – stai sul cazzo alla gente che paga per vedere il film o per investire nella produzione, non ti fanno lavorare. Tutto qui. Se far lavorare Gina significa ricevere rotture di coglioni continue, gente che boicotta, gente che si cancella da Disney+, gente che non vuole più collaborare con la produzione, gente che non vuole dare i soldi a un personaggio del genere, non la fai lavorare. Katee Sackhoff è un rimpiazzo più che adeguato e con cui non si fa male nessuno. E vale per qualsiasi schieramento, eh? Non credo che al Daily Wire ingaggerebbero mai George Clooney, ad esempio. E vale anche per il pubblico: se un attore è bravo ma ti sta sul cazzo anche solo a pelle, i suoi film tendenzialmente non li guardi, inutile girarci attorno. Parte tutto da lì.
E come ti spieghi che sono tornato a leggerti anche se mi stai sul cazzo?
Che al cuor non si comanda <3
Prevedibile ma corretto <3
Sono andato a vedere il trailer di My Son Hunter e ho trovato TUTTO IL FILM SU YOUTUBE. Non bene. Da segnalare la memorabile frase “questa non è una storia vera eccetto per i fatti”
Isabelle Fuhrman barrata mi ha fatto capottare e in generale la recensione mi ha rallegrato un lunedì mattina che per definizione può essere solo un giorno di merda, quindi grazie
Il vero villain della storia è il manager di Gina Carano. Al primo segnale di polemica doveva toglierle il telefono fino a fine pandemia, e ora si godrebbe i milioni spremuti da Star Wars, Fast and Furios, ecc. Cosa l’abbia spinta a commettere un career-suicide di tale portata a porta vuota è un mistero per i biografi del futuro.
Sospetto che una discreta dose di genuine mazzate prese sulla pregevole testa possano aver contribuito sensibilmente al problema. Purtroppo la Carano è diventato il proptotipo del divo frignone che cancellato dalla major di turno si rifugia tra le amorevoli braccia della destra alt-ma-non-troppo americana (più che fascisti sono fondamentalmente degli ultrabigotti, e questo è tutto tranne che alternativo negli USA). Per cui quando leggo il termine cancel culture, non prendo in mano la pistola, ma i fazzoletti. Utili sia per chi frigna inconsolabile, che per le mie lacrime sardoniche. E no, non sono sardo.
In realtà non c’è nessun mistero: è la totale incapacità di rapportarsi ai social che hanno molte persone, e i così detti vip non fanno eccezione
Cosa spinge un giocatore NBA di 24 anni, che guadagna 40 milioni all’anno e sul quale la stessa NBA stava già puntando come figura di riferimento di questa generazione a fare una diretta social mentre è in un club con una pistola in mano, in mezzo a alcol e donnine come un Bender qualsiasi. E a rifarlo UN’ALTRA VOLTA, nemmeno un mese dopo essere stato costretto a scuse pubbliche e fustigazioni varie (n.b. non è nemmeno il classico figlio di situazioni disagiate, ma stranamente viene da una normalissima famiglia medio borghese)
Non ce la fanno, è più forte di loro
Andando al sodo.
Non è il film (sbagliato) che vuole dare un messaggio (non richiesto), ma è il messaggio (sbagliato) che vuole trainare un film (non richiesto)?
Vabbè questa volta passo. Che poi mi stanno anche un po’ sul cazzo i western.
La recensione mi ha rallegrato e ho scoperto alcune cose che, nei mesi, mi ero perso.
Soprattutto mi ha fatto cappottare il figlio di Day-Lewis.
In una scuola italiana il soprannome “quattro nomi e due trattini” gli sarebbe rimasto appiccicato a vita.
Crepi l’avarizia, la prossima volta che ho l’occasione gli regalo il trattino che gli manca e lo chiamo Gabriel-Kane-Day-Lewis.
Senza andare troppo off-topic ho qui l’occasione di confessare che da poco ho scoperto un canale YouTube americano, Babylon Bee, che fa satira da una posizione di destra conservatrice(!), e con sommo stupore (e una punta di preoccupazione) rilevo che è fatto bene e mi fa anche abbastanza ridere, pur con alcune riserve.
Quindi per curiosità chiedo urbi et orbi:
– Il suddetto canale era famosissimo e solo io non lo conoscevo?
– È una roba peggio di quello che appare?
– Solo a me italiano provincialotto sembra una cosa inaudita, quando invece in US la satira bipartisan è normale? Perché in Italia che io sappia il punto di vista satirico è sempre abbastanza a sinistra (magari per colpa di Berlusconi e della DC, non lo so) e per trovare un esempio diverso si deve tornare a Guareschi.
Sono confuso.
La satira italiana e il giornalismo ( quello forse pure prima) con l’editto bulgaro.
” sono morti “
La “satira di destra” americana al tempo del trumpismo è ben analizzata dal (quasi) sempre ottimo Some More News (prezioso canale): https://www.youtube.com/watch?v=KSXKzPOcYDU
Riassunto per chi non mastica l’inglese e/o non ha il tempo: la satira di destra avrebbe senso, ma nell’era di Trump è diventata uno schema di rivalsa che utilizza modelli ripetuti e sempre uguali. Puntano ad un pubblico a cui la critica piace di pancia e diretta all’avversario, per cui far ridere non è il vero obiettivo, perché la “satira” che vogliono è quella che va dritta sugli zebedei delle categorie che odiano. Ma come osservò giustamente il compianto Pratchett, se la satira non è diretta contro il potere, si chiama bullismo. Ovviamente per il pubblico di questi canali il potere è la Hollywood liberal, la Disney, la teoria gender e Greta Thunberg (che ovviamente fa tutto mucchio, zero distinguo). Per cui anche progetti ben impostati come Babilon Bee sono diventati presto canali di propaganda frignona e astiosa con poche idee, ma ottimi finanziamenti, anche perché le visual li premiano se seguono questa linea.
La satira purtroppo ha il difetto di essere assai difficile da definire, a chiunque chiedi ti dice una definizione diversa a seconda di quanto gli sta a cuore il bersaglio, di quanto è sensibile alle provocazioni, alla volgarità, ecc.
Comunque grazie del link, guarderò.
Più un concetto è importante, più risulta difficile da definire. Se poi quel concetto ha come bersaglio principale il potere, inevitabile che nasca la reazione, e lo strumento più efficace per neutralizzare una minaccia è farne un fantoccio, da utilizzare a proprio comodo. Ha sempre funzionato, continua a funzionare.
“escludere l’altra parte puramente perché è una donna protagonista”.. Veramente, io da elettore di destra a leggere queste frasi mi cascano le braccia.. Ma veramente questi pregiudizi sono ancora così radicati? Eppure sono gli elettori di destra che hanno eletto la prima donna premier in Inghilterra, l’hanno eletta in Itala, e in Francia è una donna il capo del principale partito di destra.. Ma evidentemente quando una parte politica si appropria (a parole) di una certa bandiera, non ci sono fatti che tengano a far cambiare opinioni.
Il problema non è mettere una donna o un uomo, ma mettere qualcuno che porti avanti le battaglie storiche delle donne, quelle che hanno portato a riforme storiche. Appurato questo, ti accorgerai che Giorgia Meloni é maschilista…Per quello è apprezzata a destra.
Ora, se sei lo stesso “Dumbolik” del commento sotto, che misura le atlete dall’aspetto estetico, mi farei qualche domanda se fossi in te…
Se vai a vedere chi è Gabi Garcia comprendi che il mio era un commento ilare e faceto e che Gina Carano è tutt’ apposto per fare la donna action. Ma anche fossi stato serio, non si può discutere della fisicità di un’ attrice action solo perchè donna? Lo facciamo da sempre con gli uomini, non vedo quale retorica dovrebbe impedirci di farlo per una donna. Boh. Comunque si stava parlando di politiche femministe della Meloni. Non esistono. Ecco perchè è leader di un partito conservatore.
@ilFra: grazie per la domanda. Non mi metto a intavolare discussioni etico-filosofiche anche se una cosa che il film descrive bene è proprio il posto che viene assegnato alle donne, anche quelle forti, dal vostro lato (moderato!) della barricata. Mi limito a farti notare che non ho scritto quella cosa perché me la sono inventata, ma l’ho scritta perché ho letto i commenti su IMDb che ho linkato poco dopo. Don’t shoot the messenger.
“Watching this movie made me realize the pattern that is forming with DailyWire movies. They all follow “strong, independent” female characters who either have to rescue the men who are incompetent, or defeat the men who are evil. If I want the feminist messaging, I can go to Hollywood, they have plenty of that. This is supposed to be DailyWire, a company that stands for traditional values and against the wokeness of Hollywood.”
… the DailyWoke! :D
Spero di aver appurato che noi elettori di destra non siamo a maggioranza misogina, o non si spiega come mai votiamo in massa così tante leader donne (poi trovi sempre qualcuno che ribatte dicendo che le donne in quanto tali possono pensarla solo in un certo modo, argomento che trovo paternalistico se detto da un uomo, stronzo se detto da una donna).
Per il tuo commento è il meccanismo logico che mi lascia perplesso, perchè è lo stesso che forma i pregiudizi: si prende un esempio negativo di un gruppo per rappresentare tutto il gruppo.
I napoletani sono tutti mafiosi perchè alcuni lo sono? Certo che no.
Gli immigrati sono tutti ladri perchè alcuni rubano? Certo che no.
Allora, se questo ragionamento vi torna, perchè non dovrebbe tornare questo: a destra sono tutti misogeni (o razzisti, omofobi, etc.) solo perchè alcuni lo sono? Certo che no!!
Questo è il meccanismo logico che crea discriminazione, e non è giustificata dalla parte verso cui è rivolta.
Per tornare all’ambito del cinema, premetto che non ho visto il film e non ho intenzione di vederlo (ho dato un’occhiata ai commenti che hai linkato e più che discriminazione ho trovato lamentele per la pesantezza del film), può darsi che abbiano tentato di valorizzare più che il personaggio, la coppia? L’unione? Oppure che abbiano cercato di rendere una donna forte MA senza sminuire il compagno maschio? Visto che spesso e volentieri utilizzano questa formula stronzissima, per creare una donna forte le mettono accanto dei personaggi maschili deficenti/negativi, oppure il personaggio femminile è “forte” perchè tratta tutti di merda, che se pensi allo stesso personaggio maschio diresti subito che è un arrogante bastardo..
Forse hanno provato un approccio differente
“Spero di aver appurato che noi elettori di destra non siamo a maggioranza misogina”
Ora, non voglio intavolare discussioni politiche qui, ma quando vedo tanti politici nostrani colpevolizzare le donne perché non fanno abbastanza figli un po’ mi si accappona la pelle eh.
Naturale che a destra non siete tutti misogini (e meno male direi), però è innegabile che la destra, per sua natura conservatrice, ha nostalgia dei tempi in cui le donne avevano la loro bella nicchia in cui dovevano stare (casa e chiesa) e i loro compiti ben definiti (la gestione della casa e la procreazione). Non è un caso se la Meloni insiste spesso sulla “famiglia tradizionale”. Poi va beh, si definisce cattolica ma ha un figlio senza essere spostata, ma questo è un altro discorso
Ripeto, se questa porzione di elettorato è così rilevante, come mai così tanti leader donne a destra? O meglio, perchè tanti elettori di destra dovrebbero votare leader donne? Credo per la maggior parte siano pregiudizi ed incomprensioni culturali, se “te” pensi che a destra sotto sotto son tutti così, in qualsiasi riferimento culturale diverso dal “tuo” ci vedrai del marcio, perfino sull’emergenza reale della natalità. E i pregiudizi ce li hanno TUTTI, io, te, l’autore di questo articolo, tutti.
Un film è prodotto da conservatori? Anche se a quanto pare non ha NIENTE al suo interno di discriminatorio, chi lo produce deve essere per forza fascio e misogeno, punto.
Qualche deficente commenta su internet (posto notoriamente famoso per le sue sobrie discussioni) lamentandosi della protagonista femmina? Eccallà, i conservatori sono TUTTI così.
Il discorso è davvero ampio, e questa davvero non è la sede/modalità per portarlo avanti, ma spero in poche righe di esserimi fatto comprendere su un argomento che mi sta a cuore: non cambia niente girarlo contro un altro soggetto, è il concetto stesso di pregiudizio che va combattuto, ed è un lavoro difficile perchè è prima di tutto personale.
Secondo me, da quando ha smesso coi combattimenti, la Carano è anche diventata impresentabile esteticamente. Ingrassata, fuori forma. La sostituirei con un’ atleta più presentabile a noi che ci intendiamo di belle gnocche di menare: Gabi Garcia. Che corpo, che movenze!
Effettivamente già nel Mandaloriano si era inquartata e non poco: se riguardi le foto di quando era sotto allenamento adesso pare la custodia
Parlando seriamente: Gina Carano può vivere di rendita. Anche da inquartata sarà sempre più credibile nel menare omaccioni di una Jessica Chastain in Ava. Quello ho fatto molta fatica a finirlo. La Winstead in Kate invece mi è piaciuta parecchio: tiratissima, cazzuta e piena di tagli e pustole. Peccato per la sceneggiatura e i neon. Ma sono tutte attrici prestate al menare. La Carano è menare prestato all’ attorismo.
Gabi Garcia comunque abbastanza inquietante O___o
Sembra Manuel Agnelli sotto steroidi
https://pbs.twimg.com/profile_images/1106111420310016000/mMKPJzFo_400x400.jpg
Pensa che l’ hanno beccata positiva solo una volta e ad una sostanza che si usa per aumentare la fertilità, quindi resta sempre il dubbio che l’ avesse presa per fare figli. Il dibattito se sia pulita o meno è in atto da anni. Imo, non lo è: mascella, definizione, massa e consistenza dei capelli mi fanno pensare a una che ci dà dentro di brutto, anche se ultimamente si è sgonfiata parecchio e se non sbaglio sta cercando di spacciarsi come guru del fitness per le donne sovrappeso. Ma a un certo punto della carriera era talmente gonfia e deforme che faticava a muoversi da fighter e ogni momento pareva buono perchè i tendini la salutassero per passare a miglior vita. Comunque, stringi stringi, una botta me la farei dare…
Ma questo è un dibattito vecchio quanto il cinema d’azione. Meglio un atleta che prova a fare l’attore o un attore che si allena per bene? Ad esempio nella serie tv “Warrior” possiamo vedere l’uno (Joe Taslim) e l’altro (Andrew Koji), e quale sia meglio ovviamente dipende dai casi.
Gina Carano ad esempio aveva dimostrato proprio in “The Mandalorian” di aver raggiunto un discreto livello di capacità attoriale, ed è questo che rende più triste il suo suicidio professionale.
Solo per dire che hai scritto ‘Stormtroopers’ e io ho letto ‘Sturmtruppen’… per poi tornare indietro a rileggere.
Però non mi sembra vero che l’atto dimostri che la cc non esiste. Fatta fuori da Disney, impresentabile per le altre piattaforme milionarie e per Hollywood, finisce a fare parti per il prestigioso Daily wire +. Cc non vuol dire che una parte politica ti mette in galera (siamo pur sempre in uno stato di diritto), ma che ottiene risultati simili senza farlo. E mi pare il risultato parli da sé.
Gio, la questione è molto semplice. Gina Carano ha sparato cazzate gigantesche in pubblico. Questo ha portato ad alienare 1) una grossa fetta di pubblico e 2) una grossa fetta di potenziali finanziatori. Il risultato è che diventa una persona su cui investire è rischioso, e quindi lo si fa meno. Sono cose che succedono dai tempi dell’invenzione stessa del concetto di business, e per i motivi più disparati, che vanno dall’avere una pessima immagine pubblica, all’avere una pessima reputazione caratteriale, all’avere infilato una serie di flop commerciali, a veramente la qualsiasi. Da che ne so, Taylor Kitsch protagonista di un paio film che il pubblico non ha apprezzato per motivi tutto sommato estranei a lui ma per associazione non gli viene più data una possibilità di livello, a Tom Cruise che salta sul divano di Oprah e viene sfottuto per anni portandolo a doversi rifare una reputazione quasi da capo. Per un motivo o l’altro, sensato o meno, succede da sempre. Potrei fare mille esempi, delle tipologie più disparate. E il risultato è identico: lavori meno e/o lavori solo per chi continua nonostante tutto a trovarti simpatico. Ma per qualche ragione, nello specifico arbitrario caso in cui si tratta di una motivazione percepita come etico/politica la si chiama “cancel culture” come se fosse una roba distinta, diversa, “nuova”, “recente”, “inedita”, persino con un retrogusto “aleatorio”, come se le questioni di immagine non fossero la base stessa di un mestiere in cui l’immagine e il marketing sono quasi tutto. Quindi sono possibili solo due casi: o la cancel culture non esiste, o è sempre esistita, e la mette in pratica il pubblico per primo quando certe persone gli stanno sul cazzo anche solo a pelle, per motivi che magari nemmeno si disturba a elaborare, e tende di conseguenza a non voler fruire delle opere a cui partecipano. Hollywood, a cui fondamentalmente interessa soltanto guadagnare più soldi di quanti spende, non fa che prendere nota e comportarsi di conseguenza. Scegli l’opzione che preferisci.
Aggiungere il non trascurabile elemento che nella maggior parte dei casi, chi si dichiara vittima della cancel culture/politically correct rientra nella categoria “elemento agevolmente sostituibile”. Le poche eccezioni, tipo Mel Gibson, richiedono averla fatta tanto, ma proprio tanto fuori dal vaso, e in più occasioni, ed in genere vedono comunque il ritorno del personaggio in altri progetti, certo minori, ma comunque non da lasciarli nella necessità di rivolgersi alla caritas. In effetti esiste la cancel culture, da sempre, ma è ben altro, e sorpresa sorpresa, la fazione politico/idologica che se ne atteggia a vittima, facendone un elemento propagandistico da rivendicare ad ogni occasione, ne ha fatto e continua a farne ampiamente uso verso chiunque non sopporta (spoiler: di regola i più deboli). Anche in questo caso Some More News ne ha fornito una buona analisi.
Carissimi, grazie delle risposte, in larga parte condivisibili. Non sono d’accordo con voi su un punto. La cc esiste ed è qualcosa di nuovo e specifico di questo tempo. E’ un maccartismo in salsa social network a parti politiche invertite. Ma esiste eccome. Il fatto che la destra vorrebbe esercitarla come ai bei vecchi tempi ma non ci riesca, o che la usi come parola jolly per giustificare i propri fallimenti su altri piani è il gioco delle parti di questi tempi. Ma il fatto che venga spesso evocata a sproposito non significa che non esista. Comunque, un po’ di tweet impresentabili (fino a quando sarà bandita dal consesso delle persone belle?) e ti trovi con Ben Shapiro a riempire le sale con 8 persone a proiezione :D
Sono d’accordo. Il termine è nato per dare il nome a un fenomeno reale, che esiste. Come lo so? Boh, non ne ho la più pallida idea, visto che non seguo Hollywood e il mondo dello spettacolo. Eppure, principalmente leggendo questo sito, me ne sono accorto.
A mio parere è un fenomeno che va spernacchiato, e io me ne faccio una missione. Disclaimero che con quest’ultima espressione ero ironico: sarei proprio un idiota se dessi seriamente importanza alla cosa, dunque si può immaginare che sto scherzando, che cerco di suscitare il sorriso, e per sicurezza lo segnalo ulteriormente con l’uso dell’espressione iperbolica “farmene una missione”. Similmente, se uso espressioni razziste, sessiste o simili, con un po’ di contesto, cioè deducendo dal mio stile di scrittura che non sono un troglodita capitato qui per caso, ma uno come voi, un italiano all’incirca del vostro livello culturale e socioeconomico, potete immaginare che lo faccio in modo ironico. Un conto è se fossi più sottilmente razzista, classista o che so io, un conto è se mi esprimo come un buzzurro che sarebbe stato considerato tale anche trent’anni fa; così è chiaro che ci faccio.
Che c’entra tutto questo? Per me c’entra, e se volete seguirmi, son certo che in molti si riconosceranno nel quadro del pippone che vi propongo oggi.
All’incirca nello stesso torno di tempo in cui (personalmente proprio su queste pagine) mi sono accorto che emergevano tutta quella serie di fenomeni di cui “cancel culture” ne è uno dei tanti, cioè all’incirca dalla seconda metà degli anni dieci, mi sono anche reso conto che effettivamente usare espressioni come “negro”, “frocio” e simili è sbagliato.
Certo, tra noi lo sappiamo che stiamo scherzando, di più, se lo facciamo tra noi siamo addirittura autoironici: visto e considerato che siamo consapevoli che siamo tipi che giudicano male razzisti e compagnia cantante, tra di noi usare espressioni simili comunica anche: “lol, sono un idiota”, sapendo che negli altri la reazione divertita sarà “sbroftl, eh già, sei proprio un ritardato (lol, detto ironicamente)”.
Tuttavia, all’incirca dalla seconda metà degli anni dieci, qualcosa, qui su questo sito, cambiava. I 400 calci (cioè i redattori) iniziavano ad esprimersi in modo più “politically correct” o per meglio dire in modo meno politicamente scorretto, ed io mi son sentito a disagio, quasi giudicato.
E qui c’è qualcosa di strano, qui emerge una dissonanza cognitiva. Perché mi devo sentire a disagio, provare vergogna, come se fossi davvero razzista/sessista/salcazzo, proprio io? Proprio io che c’ho un sacco di amici gay, ma proprio frocissimi e negrissimi, iooooo? ma io, lo sanno tutti che scherzo, scherzi? io ci scherzo su perché sono praticamente un negrofrocio pure io, sto praticamente facendo autoironia, sono negrofrocionorario! Siete voi che vi siete venduti, siete voi che fate il gioco del nemico. E di fatto è così, io continuo a crederlo, ma anche la sensazione (il disagio) è vera. Ed è vera perché (megatrigger megawarning) io sono un cisgender white male check your privilege, e in quanto tale sono proprio uno stronzo a usare certe espressioni, perché usate da me fanno stare male chi è negro e/o ermafrocito davvero: lo triggerano, che è una cosa da non scherzarci su, perché in pratica vuol dire che gli rievocano un trauma, e lo sai chi è che va a riattivare un trauma a uno che è traumatizzato e poi gli dice: “no ma guarda che io scherzavo, sei tu che sbagli a chiedermi di non farlo”? Uno stronzo che non sono certo io, ecco chi. Ma invece mi state facendo capire che lo sono…
(Continua)
Ciao Bugo!
Prima di andare avanti ricorda che:
1. nessuno – non noi, non buona parte dei lettori abituali, non quelli che passano di qua occasionalmente – ti conosce di persona ed è quindi in grado di dare un contesto ampio a come ti esprimi;
2. una volta che cresce il mondo e cresci pure tu e ti rendi conto che certi termini sono diventati più “pesanti”, la prima domanda è: quanto costa farne a meno? Ti condizionano irrimediabilmente dei concetti? Ti costa fatica doverci girare attorno per esprimere correttamente ciò che senti dentro? Per quanto riguarda il caso specifico delle espressioni che citi, la risposta mi sembra tranquillamente, molto pacificamente, senza espellere una singola goccia di sudore, che no.
Lo dico perché il 99% dei discorsi che sento fare in giro crollano già così, senza bisogno di entrare ulteriormente nel merito.
Certamente. Infatti d’ora in poi la smetterò di usare questi termini imbecilli, e non solo perché, come tutti i bambini scemi, dopo che si sono sfogati dicendo “cacca” a sazietà, non ne sento più il bisogno, ma proprio perché sono d’accordo con quanto dici. Però, proprio perché sono particolarmente d’accordo col fatto che piantarla di usare certe parole voglia dire crescere, mi preme qui raccontare come tale percorso di crescita (sofferto, nientepopò) io l’abbia fatto con voi.
Nanni dice: io non posso sapere chi sei e come la pensi, dunque non posso sapere con che intenzioni usi certi termini, ma il fatto è che io non stavo descrivendo me stesso, ma se vogliamo l’attitudine calcistica, e in generale dell’internet dei blog, di quell’internet di cui i 400 Calci erano una delle punte di diamante.
I termini di cui sopra facevano parte integrante del gergo calcistico (più degli utenti che dei redattori a onor del vero) e senza dubbio venivano usati perlopiù in quello spirito. Proprio per questo, quando (secondo me circa dalla seconda metà della scorsa decade) i Calci hanno intrapreso quel percorso di maturazione di cui al tuo punto 2, e che ha portato a espungerli dal vocabolario del sito, ho dovuto anch’io prendere atto, dolorosamente, che non era vero che li utilizzo perché sono la persona meno razzista/sessista/omofoba/salcazzo del mondo, bensì perché sono uno stronzo; un fighetto che se ne fotte e se la ride alle spalle degli altri.
Cioè, se mi triggero io nel momento in cui mi fanno capire che usare certe espressioni è da razzista/omofobo/etc; e mi triggero perché capisco di aver sbagliato e dunque in qualche modo mi sento sbagliato; beh, allora devo anche cercare di mettermi nei panni di chi vive male l’utilizzo uso ridere dei termini di cui sopra. Poco conta che io utilizzi tali termini non per deridere neri o omosessuali, ma magari proprio i razzisti e gli omofobi; è il fatto stesso di usare tali termini a fini derisori che non può che triggerare chi, nella nostra società, si è sentito, sin da quando era più vulnerabile, svilito se non addirittura minacciato, per ciò che semplicemente era!
Ma (e qui forse mi ricollego finalmente al discorso cancel culture) per poter abbracciare tale consapevolezza, è stato importante che mi accompagnasse un analogo percorso fatto da voi. Questo perché? Perché voi rappresentate un grande esempio di anarchica libertà espressiva. Perché il linguaggio creato dai 400calci sta all’antitesi di ogni ipocrita bacchettonismo, perché l’esistenza stessa di questo sito è (non scherzo) un argine contro quel mare di piattume falso e perbenista che è il terreno di coltura della censura, il sostrato ideologico del moralismo che soffoca le differenze per poter schiacciare ogni dissenso che minacci lo status quo!
(Continua)
S’intende che attribuirvi tanto significa anche mettervi in una posizione scomoda, accollarvi responsabilità che non sono vostre. Tantopiù che questo non è mica un sito politico; ben al contrario un sito cazzaro fino al midollo: i400calci, il (mitico) sito che tratta come fossero impegnati capolavori d’autore i pastrocchi scimuniti di Michael Bay.
Un sito come erano una volta i siti; basterebbe forse dire: un sito; non una pagina Facebook o Instagram, non un canale Youtube o Twitch, non un influencer, content creator, tiktoker, streamer, only fans e tutto quanto il resto del ritardume odierno che necessiterebbe la penna di uno Schiaffi per dire quanto ferocemente lo disdegno, porco D*o; un fottuto sito internet.
Un fottuto sito internet che purtroppo non ci fate una lira, e per questo non voglio mettervi sotto ricatto morale, avete fatto bene, per dire, a sbarcare su Twitch, che anche se non lo guardo mi sono abbonato, così vi do due lire; ma però lì siete in casa d’altri, e le regole le fanno gli altri. Il blog è il vostro e ci fate il cazzo che vi pare, che solo a dirlo, porcocazzo, mi piange il cuore pensare quanto ne siamo lontani oggidì.
Questo blog è come un fossile vivente o ancor più una capsula del tempo; per qualche misteriosa congiunzione astrale, l’iperminoritario sottoinsieme degli amanti del cinema calcistico che sono anche in grado di apprezzare le vostre recensioni ha formato una community che non molla e tiene in piedi questo accampamento di vecchi reduci rincoglioniti, che mi ricorda che un altro mondo è sembrato possibile.
Un mondo, il mondo dell’internet dei blog, in cui regnava l’anarchia; un mondo senza regole che infatti era il paradiso della pirateria; la pirateria che sembrava dovesse uccidere ogni speranza di far soldi con il cinema e con la musica; forme d’arte che sono poi state fagocitate da un pugno di piattaforme monopoliste, dove ieri l’algoritmo, e da domani l’intelligenza artificiale – entrambi comunque in mano all’azienda proprietaria – la fanno da padrone. Lo stesso che è accaduto ai blog, i sitarelli dove ogni stronzo poteva scrivere e condividere il cazzo che gli pareva, che sono stati uccisi dai ben più comodi social, poi sostituiti dalle ben più efficaci piattaforme per content creator, dove comunque comanda l’azienda e il suo cazzo di algoritmo/AI – che ti cancellano quando vogliono!
E così, oggi, chi sta nell’internet deve starci alle condizioni di chi ce lo ospita.
Il che, per paradosso, ben lungi dall’eliminarli, ha esasperato gli estremismi più tossici, ciò che alimenta una ipocrita doppia morale gigantesca: da una parte c’è la morale di quegli ambiti che un tempo chiamavamo i “processi mediatici”, la pubblica virtù cui bisogna inchinarsi, dall’altra sono diffusi più che mai i vizi privati; che è la situazione perfetta in cui ne va a discapito della verità.
Tutto il contrario dell’internet primigenio, l’internet senza regole, che certo era pieno di free rider, che prendevano senza dar nulla, ma prima di tutto era l’internet di Wikipedia, l’internet di Anonymous, l’internet dove la pirateria era quella delle comunità fansubbare, dell’etica p2p di tnt Village.
E il registro che caratterizzava quell’epoca era quello di cui i 400 calci sono i campioni, quell’ironia che smaschera l’idiozia del re che se ne va in giro nudo, l’ironia che non perdona!…
(continua)
Bugo, vedi dove rischi di fraintendere? Come giustamente intuisci, non ha senso fare quello che facciamo se non lo facciamo come ci pare e non ci sentiamo liberi. Twitch ha delle regole, ma l’unica che mi va veramente stretta è quella di non poter usare spezzoni di film in totale libertà perché cadono sotto un rilevatore di copyright automatico. In compenso ci facciamo due spicci (grazie) e magari un giorno ci faremo la piattaforma video autonoma. Il problema – diffusissimo, noto con dispiacere – è confondere meno parolacce e più “politicamente corretto” con meno libertà. Non ci interessa attirare un tipo di pubblico che non ci apprezzerebbe (a volte lo attiriamo lo stesso, sembra), e il filtro è continuare a scrivere imperterriti articoli su Bollywood e su Scott Adkins, non scrivere una parola birichina inutile in meno.
Una tragica perdita per la cinematografia mondiale.