Si è conclusa un’altra edizione del leggendario Frightfest di Londra! La 24esima in totale, e credo la 15esima mia.
C’erano diversi timori quest’anno, a partire da un programma che aveva decisamente meno nomi noti del solito, ma mai diffidare!
Farsi il programma perfetto è impossibile: con quattro sale e una quarantina di titoli in quattro giorni e mezzo, è fisiologico imbattersi in una ciofeca e perdersi qualcosa di meglio (e almeno una ciofeca l’ho infilata volutamente con tanto amore – mi riferisco al semi-impresentabile Failure con Ted Raimi). Ma qualsiasi edizione da cui escono almeno un paio di nuovi classici è da tenere stretta.
Personalmente odio le classifiche, ma siccome a voi i numeri piacciono tanto tanto, per dimostrare il mio affetto nei vostri confronti vi ho fatto una lista coi numeri dei titoli più meritevoli che sono riuscito a vedere.
Pronti via:
10- THE DIVE
Classico horror fantozziano su due ragazze si organizzano per un’avventura estrema in un posto isolato dal mondo, e gli va di sfiga forte. Esatto: è Traliccio. Ma al contrario, se vogliamo, perché invece che su una torre altissima perché si rompe una scaletta, rimangono sotto una cava subbaqqua (detto così, alla Guzzanti) per colpa di una frana. Difficile da valutare in blocco nel momento in cui è il remake di un film svedese che non ho visto (Breaking the Surface) e la trama è minimale con poche svolte. Si può dire però che il fatto che solo una ragazza sia incastrata lo rende più facile da gestire di Traliccio: l’altra ha brevissime missioni mozzafiato in cui salire, cercare aiuto e recuperare bombole d’aria di riserva prima che quelle della sorella esauriscano, e non c’è bisogno di divagare o imbrogliare troppo per portare avanti il film. Non il mio genere, ma ottimo esercizio.
9- NEW LIFE
Una donna pericolosa in fuga. Un’altra donna è ingaggiata per inseguirla. È una corsa contro il tempo per due motivi: la donna in fuga non può superare la frontiera, e la donna all’inseguimento è stata recentemente diagnosticata con l’ASL, e il suo corpo risponde sempre meno ai comandi. Ma la situazione si scopre essere persino peggiore di quel che sembra. Thriller ben scritto, dominato dalle storie parallele delle due protagoniste, che regge bene una svolta rischiosa ma poi si perde sul più bello in un terzo atto frettoloso. Con tutte le serie stirate e inutili che escono durante l’anno, è un peccato vedere un’idea perfetta per otto episodi sprecata in meno di due ore dopo due terzi promettentissimi. Lo consiglio lo stesso.
8- FOUNDERS DAY
I fratelli Bloomquist sono sempre più nomi da tenere d’occhio: Night at the Eagle Inn era una cosetta economicissima e simpatica, She Came from the Woods era un riuscito revival degli horror classici da campeggio, gli altri non li ho visti, ma questo Founders Day alza ulteriormente la posta. Parte come uno slasher stupidino alla Scream (senza gli inutili orpelli metacinematografici), ma gradualmente viene gestito più come una storia di varie tensioni locali che esplodono alla vigilia di una piccola festa cittadina nel bel mezzo della campagna elettorale per eleggere il nuovo sindaco, e la fonte di maggiore ispirazione sembra essere piuttosto Lo squalo. Ambizioso e ancora un po’ acerbo – scappa ancora qualche momento di overacting di troppo – ma la gestione della soluzione è fra le più interessanti che ho visto di recente.
7- SUITABLE FLESH
Joe Lynch (Everly, Mayhem) si lancia a omaggiare i vecchi film della combo H.P. Lovecraft / Stuart Gordon adattando, con gender swap, La cosa sulla soglia. Per farlo decide di andare in controtendenza a un intero decennio abbondando con le scene di sesso, e per riuscirci non può che affidarsi a qualcuno che si ricorda ancora come essere sexy su uno schermo: nella fattispecie Heather Graham, 53 anni portati come se fossero 36. Ne esce una cosa ingenua ma divertente, dominata da una spettacolare Heather e dalla mia scena di omicidio preferita del festival.
6- THE SACRIFICE GAME
Non mi era piaciuto The Ranger, il film precedente di Jenn Wexler, ma cinque anni di pausa sono evidentemente sufficienti a crescere esponenzialmente. Siamo nel ’71, e c’è di mezzo un collegio femminile semi-vuoto per Natale, home (school?) invasion, serial killer ed evocazioni demoniache, per una trama che cerca di omaggiare diversi classici e contemporaneamente uscire dalle solite convenzioni del genere per raccontare qualcosa di più moderno.
5- RIVER
Potevano ripetersi Junta Yamaguchi e Makoto Ueda, dopo quella chicca di Beyond the Infinite Two Minutes, con un film che si appoggia su un concetto molto simile? Evidentemente sì. Il trucco sta nel fatto che la forza del film non è tanto nella gimmick di infilare i protagonisti in un loop temporale di due minuti ma nello script concentratissimo, nel gruppo di attori affiatato e irresistibile, nella location spettacolare, in chicche come la descrizione esilarante delle fisse del customer service giapponese e nei numerosi tocchi di fantascienza iper-classica, e in ultimo per la leggerezza e l’ottimismo disarmante.
4- COBWEB
Non sono mai impazzito per roba come The Strangers o Sinister, tipici horror mainstream che vengono trattati alla stregua di capolavori puramente per essere un po’ meno pigri della media. Cobweb, venduto malissimo dal trailer, si mette in coda al solito filone indistinguibile di case infestate da multisala che da quasi 15 anni va avanti a botta di un film dimenticabile ogni circa due mesi, ma – approfittando di una Lizzy Caplan carichissima e di un Antony Starr a cui basta essere se stesso per inquietare – lo fa con la grinta, la concentrazione e la mano solida di chi vuole finalmente dimostrare come va raccontato questo tipo di storia. Samuel Bodin, di cui voglio recuperare al volo Marianne su Netflix, è da tenere d’occhio. Spero non gli mortifichino la carriera appioppandogli un Marvel o qualcosa del genere.
3- ENTER THE CLONES OF BRUCE LEE
Nel 1973, a soli 33 anni, muore all’improvviso Bruce Lee, la più grande star cinese di sempre, nel bel mezzo di un vero e proprio scisma culturale da lui provocato che cambia per sempre il panorama del cinema mondiale e non solo. Ma il pubblico aveva ancora una voglia irrefrenabile di vederlo in azione: a Hong Kong, e non solo, decisero di accontentarlo. Nasce così la Brucesploitation, tra i più clamorosi e svergognati casi di necrofilia e sfregio di immagine della storia del cinema: centinaia di titoli (circa 80 quelli noti) che in pochi anni invadono il mercato internazionale con sosia, finte biografie e diversi scenari assurdi che sfruttano nome, immagine, movenze e marchi di fabbrica di Bruce Lee nei modi più biechi e truffaldini immaginabili, ai confini della legalità e oltre, provocando una confusione incredibile nei suoi confronti di cui ancora oggi si pagano molte conseguenze. L’attesissimo documentario fa finalmente ordine sul genere intervistando diversi protagonisti dell’epoca: è materiale indispensabile, raccontato benissimo con ritmo, affetto e abbondanza di dettagli. Appena diventa disponibile recuperatelo che vi interrogo.
2- FARANG
Vi ricordate di Xavier Gens? Ex-promessa dell’horror francese con Frontier(s), è cascato malissimo a Hollywood (Hitman) per poi barcamenarsi a fasi alternanti fino ad oggi. Viene coinvolto da Gareth Evans nel progetto Gangs of London, di cui dirige un paio di episodi, ed è come fare un workshop coi migliori: Xavier ascolta, impara, e progetta il suo compito portandosi dietro il Maestro di coreografie Jude Poyer per una semplice vicenda di vendetta che inizia in Francia e si sposta in Thailandia. E chi l’avrebbe detto? In mezzo a tutti i cloni di The Raid usciti negli ultimi 10 anni, Xavier sembra essere quello che ne ha capito meglio la lezione: niente inconsistenze narrative come le imitazioni indonesiane, niente barocchismi fumettosi prog alla John Wick, ma una storia tanto semplice quanto curata, sporca, brutale e con pochi fronzoli. Gareth Evans era in prima fila ad applaudire.
1- WHERE THE DEVIL ROAMS
Vi abbiamo raccontato l’affascinante storia della famiglia Adams ai tempi del sorprendente Hellbender. Questo film non ha bisogno di un’intro speciale: è una bomba, senza se e senza ma, così com’è. Lo step successivo in ambizione – una storia ambientata in un circo macabro degli anni ’30 – ma gli stessi temi di rapporti familiari in condizioni poco convenzionali, tra omicidi e strani patti col diavolo. Appena Guillermo Del Toro lo vede, getta via tutto il suo Cabinet of Curiosities.
Come al solito, sperando che la distribuzione ci venga incontro, approfondiremo singolarmente i titoli che più lo meritano.
A presto!
Parlando di horror fantozziano non credevo ai miei occhi quando ho letto la sinossi di questo film su Prime: “Un regista è costretto a rimanere a pulire il set: una piscina profonda sei metri. Preso dalla stanchezza, si appisola su un materassino mezzo sgonfio e al suo risveglio scopre con orrore che il livello dell’acqua si è abbassato così tanto che non è in grado di arrampicarsi fuori dalla piscina. Le sue grida d’aiuto serviranno solo a richiamare l’attenzione di un gigantesco alligatore”.
Frozen spostati.
Visto e piaciuto. L’apoteosi della sfiga umana, della scalogna maledetta e della presa per il culo del destino. Quando l’ho visto sbucare nella seconda piscina non sapevo più se ridere o piangere. peccato per la pessima cgi del cocco, ma alla fine il resto era così ben riuscito che te la facevi scivolare via. Ad averne…
L’ho visto e mi è pure piaciuto. Non è un capolavoro, e forse, visto che non voglio rivederlo una seconda volta, non è neanche una bombetta, ma…, beh, diciamo che non mi ha annoiato. Consiglio caldamente al team 400Calci di prenderlo in considerazione per una recensione.
Sono tanto trepidante per Where the devil roams, perché Hellbender mi era piaciuto tantissimo.
Cobweb è stato acclamato anche da Jay dei RedLetterMedia e tanto mi basta per convincermi a recuperarlo.
Vado OT per raccontarvi di un caso particolare: l’altra sera ho visto (o, meglio, cominciato a vedere) Raw, film francese della regista di Titane (credo) perchè mi incuriosiva la descrizione con quell’occhiatina al cannibalismo.
Dopo 30 minuti o poco più mi son sentito molto debole e ho lasciato stare.
Ho queste sensazioni di debolezza che mi costringono a stendermi di solito dopo aver visto scene in cui si succhia del sangue, cioè, non per il sangue in sè, ma proprio per l’atto dello succhiare il sangue. Questo si manifesta in maniera più incisiva quando il film ha atmosfere piuttosto crude e scene esplicite.
Per esempio, un film come “Per favore, non mordermi sul collo!” di Polanski non mi causa assolutamente niente, mentre un “Nosferatu” mi aveva causato dei giramenti di testa.
Bene, questo per dire che Raw è effettivamente raw, è un body horror che non lesina sulla carne e ho scoperto che ciò mi dà molto fastidio, proprio per il mio benessere, non per il film che centra in pieno il suo obiettivo.
Quindi ringrazio Raw per avermi fatto scoprire di essere body horror-fobico
Visto Cobweb una settimana fa e mi è piaciuto un sacco effettivamente. Il nuovo della famiglia Adams è quello per cui sto più in hype.
tantissima sfrigolante friccica per il ritorno al brutal gun-fu di gens
Grazie Nanni, non essendo un super amante dell’horror di solito la selezione del Frighfest mi interessa relativamente… quest’anno ci sono delle bombe clamorose.
Anzi vedrei tutto ora, da Traliccio underwater a Heather Graham+Lovecraft (che potrebbe essere il mio migliore/peggiore sogno erotico).
Non parliamo poi del documentario sulla Brucesploitation…
Sperando in una reperibilità almeno decente, grazie ancora.
OT Oppenheimer verrà recensito?
The Dive e Farang i più interessanti secondo me.
Questi post con le anteprime sono davvero utili, speriamo sia possibile leggere qualche report di festival anche dall’Italia.
Non so se al frightfest è passato ma consiglio Birt/Rebirth ,con la sempre brava Marin Ireland.
Altra chicca di shudder a mio parere.