Walter Hill ha segnato indelebilmente l’immaginario del genere action con uno stile inconfondibile: non ha bisogno di introduzioni ma di celebrazioni. In occasione del suo ultimo film, per la rubrica Le Basi, a voi il nostro speciale più ambizioso a lui dedicato. E sì: come potete notare in questo specifico caso, vi parliamo di nuovo anche dei film di cui vi abbiamo già parlato.
È il 1975, Walter Hill e il produttore Larry Gordon sono carichissimi perché hanno appena finito di girare Hard Times. Non sanno ancora se sarà un successo o meno, ma per Hill è un traguardo importante: è stato il suo primo film da regista dopo una lunga gavetta e diverse sceneggiature firmate da lui ma girate da altri, ha motivo di essere su di giri e Gordon vuole battere il ferro finché è caldo. L’idea che gli propone è di fare un film di rapine, ma mettendo al centro il wheelman, il tizio che guida la macchina. Walter Hill si illumina, risponde “non dire altro”.
La scelta di parole è tutt’altro che casuale.
The Driver* è il capolavoro minimalista di Walter Hill, un crime thriller puro in cui succede poco e si parla ancora meno, in cui l’azione è improvvisa e fulminante e le battute dispensate con parsimonia e scelte con estrema cautela.
In una scena tagliata, che in teoria avrebbe dovuto aprire il film, il Detective interpretato da Bruce Dern accoglie il nuovo arrivato nella sua task force (Matt Clark) rimproverandolo, prima ancora che possa aprire bocca, perché parla troppo.
You talk too much. That’s a mistake. That’s the first thing you can learn: when you’re talking, you’re not thinking. Never talk, unless you have to.
Hill la gira, ma decide di non usare la scena. Forse perché non era sicuro di dove inserirla, forse perché spezzava il ritmo del racconto. Forse sentiva di stare dicendo già troppo, che certe cose vanno capite da sole, senza essere imboccate. Del resto il discorso del Detective prosegue così:
I’m not here to teach you, but you are here to learn.
Questa l’avete sicuramente già sentita, e se intendiamo coprire l’intera filmografia di Walter Hill è facile che la sentirete ancora: tutti i film di Hill sono dei western in incognito. E visto che i migliori western sono a loro volta dei film di samurai in incognito, non è un caso che la fonte di ispirazione principale di The Driver sia il film del 67 di Jean-Pierre Melville che si intitola proprio Le Samouraï.
La trama, la costruzione dei personaggi, il punto di vista adottato sono pressoché identici. Il finale no, perché Hill è meno malinconico e meno esistenzialista – in una parola: meno francese – di Melville, ma il debito nei suoi confronti è enorme e assolutamente evidente. Un criminale professionista, un poliziotto disposto a tutto per catturarlo, un tradimento, una complice inaspettata. Poche chiacchiere, sguardi glaciali, uomini e donne che vanno dritti per la loro strada, monolitici, senza un dubbio o un ripensamento.
Ma Hill non si accontenta e riduce tutto ancora più all’osso attraverso un lavoro che chiamare “di sottrazione” è un delicato eufemismo. The Driver è un film in cui tutto è così essenziale e archetipico che i personaggi non hanno neanche più nome, sono direttamente il loro ruolo.
Ryan O’Neal è The Driver, un cowboy moderno che vive solo secondo le sue regole. È il migliore in quello che fa e quello che fa è non farsi beccare dagli sbirri.
Bruce Dern è The Detective, un poliziotto dai modi di fare non limpidi ma che porta sempre a casa il risultato. Anche lui è il migliore in quello che fa e quello che fa è acciuffare i criminali. Com’è che diceva Nolan, in quel film che imita Mann, che a sua volta imitava Hill? Quando una forza inarrestabile incontra un oggetto inamovibile…
Isabelle Adjani, infine, è The Player, una donna a cui piacciono i soldi e che ama rischiare, e che non si tira indietro se c’è da guadagnare qualcosa fottendo la polizia.
Hill ci scherzerà sopra, dicendo che tanto la gente quando esce dal cinema mica se li ricorda, i nomi dei personaggi, e così gli ha fatto un favore eliminandoli del tutto. In realtà il favore l’ha fatto a sé stesso: ha trasformato un racconto nella blueprint di tutti i racconti. Dopo The Driver sarà praticamente impossibile parlare di criminali che girano in macchina senza dire “devo molto a Walter Hill”.
Purtroppo, al momento dell’uscita, The Driver è un fiasco commerciale che recupera a malapena il modesto budget di 4 milioni di dollari grazie quasi solo alla distribuzione internazionale. Nelle interviste, Hill è molto sportivo al riguardo (il successo strepitoso di I guerrieri della notte, di appena sei mesi dopo, aiuta a mettere le cose in prospettiva) mentre Gordon non ha dubbi: ad affossare il film è il suo cast, sgangherato e privo di nomi di richiamo.
Nel ruolo del protagonista si era pensato a Steve McQueen o a Charles Bronson. Il primo si farebbe detonare piuttosto che fare l’ennesimo film di macchine, il secondo si farebbe detonare piuttosto che lavorare di nuovo con Hill (ne parlavamo la settimana scorsa). Si ripiega così su Ryan O’Neal, che nonostante un passato da pugile nessuno riesce a concepire in un ruolo da duro: ha appena finito di fare Barry Lyndon con Kubrick, un drammone in costume di seicento ore ambientato durante la Guerra dei sette anni, ed è famoso soprattutto per Love Story e la commedia romantica What’s Up, Doc?. Recita, come si dice dalle loro parti, against type offrendo un’interpretazione fenomenale che nessuno capisce.
Isabelle Adjani, poco più che 20enne e appena lanciata da Truffaut con Adèle H. (che le frutta la sua prima nomination agli Oscar), è un nome più o meno calato dall’alto. Hill ha scritto la parte della Giocatrice con in mente Tuesday Weld (che poi finirà in una pellicola molto simile, Thief di Mann, nel 1981) ma chi mette i soldi, la EMI Films, vuole un’attrice europea come gancio per la distribuzione all’estero. Hill e Adjani si incontrano: lui pensa di aver fatto tombola perché un’attrice in quel momento popolarissima è disposta a lavorare con lui; lei si sente pressata ad accettare qualsiasi ruolo in una produzione americana perché deve fare “il salto”. Ma The Driver non porterà alcun beneficio alla carriera di Adjani negli Stati Uniti, né avrà tutto questo successo in Europa. Hill ricorderà la loro collaborazione con garbata indifferenza, ma, a rivederla adesso, anche l’interpretazione di Adjani è fantastica: misteriosa, affascinante, occhi che bucano lo schermo. È difficile immaginare chiunque altro al suo posto.
L’unico su cui nessuno ha da ridire, all’epoca come oggi, è Bruce Dern, che ha sempre dato il meglio in parti da viscido o da matto. Ma è un caratterista che non ha ancora mai ricoperto ruoli da protagonista in film importanti: è in grado di caricarsi sulle spalle un intero film (non che in The Driver ce ne sia bisogno) ma non è il motivo per cui la gente va a vedere un film.
Anche la critica dell’epoca fa una gran fatica, eh.
Esteticamente, The Driver è un quadro di Edward Hopper con le ruote. Una sexy riflessione sulla solitudine in una notte eterna illuminata al neon: è la materia di cui sono fatti i Refn. Ma Refn all’epoca non è ancora stato inventato ed è inusuale che un film d’azione faccia scelte estetiche così sfrontate. I critici non capiscono se quello che hanno di fronte è un action o un film d’autore e nel dubbio bocciano entrambi.
Walter Hill’s The Driver plays like a bad imitation of a French gangster picture, which in turn is a bad imitation of an American gangster picture
scrive, ottusamente, il Los Angeles Times nel 1978, ma non è una mera questione di americani che imitano i francesi: Hill fa uno scarto importantissimo rispetto a Melville. In Le Samouraï i personaggi non proferiscono parola né muovono un muscolo a meno che non sia indispensabile. Sono freddi, impassibili, non tradiscono un’emozione che sia una. In The Driver i personaggi sono ugualmente laconici, ma tutte le emozioni represse esplodono come un geyser nel momento in cui il protagonista si mette al volante.
Come in un musical, col rombo del motore e lo stridio delle gomme al posto delle canzoni.
A 26 anni Walter Hill era il secondo aiuto regista di Bullitt e, come ci tiene lui stesso a chiarire, la sua presenza su quel set non è stata in alcun modo determinante per la realizzazione di uno dei più grandi inseguimenti della storia del cinema. Ma era lì, e qualcosa dev’essersi portato a casa per forza. Mi piace pensare che quando Gordon gli ha proposto di fare un film su un autista di rapine, Hill si sia detto cazzo sì, erano solo 10 anni che aspettavo questo momento. Ce ne vorranno giusto un’altra decina perché la gente inizi a realizzare che razza di capolavoro gli è sfrecciato sotto il naso.
Blu-ray quote
“Vroom vroooooooom”
Quantum Tarantino, i400calci.com
>> IMDb | Vintage Super Cool Trailer
*Ci ho riflettuto a lungo e non credo proprio che nell’anno del Signore duemila e ventitrè lo chiamerò “Driver l’imprendibile”, nonostante l’innegabile fascino dell’italico adattamento.
BONUS: nel 2017 Walter Hill e Edgar Wright si sono incontrati per farsi delle foto in cui si dicono quanto è figo fare film dove c’è dentro la parola “driver”
BONUS 2: beccatevi questo posterone d’epoca in cui Ryan O’Neal sembra suo nonno e Bruce Dern compare due volte. E nella seconda se la spassa con due ragazze mezze nude — cosa che ovviamente non succede! Ma apprezzo la scelta di averlo messo, col chiaro intento di fuorviare gli spettatori e far credere sia un film in cui si vede anche qualche culo, ma piccolo piccolo, come se fosse una specie di chicca per gli osservatori più attenti.
Un film che ha settato la coolness a livelli altissimi. Ottima recensione che spiega tutto quello che amo di questo capolavoro, tranne per due cose.
La prima è che questo film ha una delle locandine più belle della storia del cinema; il motivo che mi ha trascinato a vedere The Driver.
La seconda cosa è il lavoro di Bruce Dern sul personaggio: mai visto un uomo recitare usando solo il mento. Come lo pone, come se lo tocca, ti fa capire tutto
L’ho visto a 12 anni e ho capito immediatamente che era un capolavoro: dopotutto, “noblesse oblige” anche e soprattutto in ambito d’arte.
Recensione superlativa, tranne quando tira in ballo Refn.
L’opinione che ho di lui (potenzialmente mi è costata una carriera XD!!!) fa sì che il suo nome, accostato a quello di HILL, cagioni diarrea immediata ed estremo disappunto.
Drive resta un capolavoro, inferiore, ovviamente, a DRIVER che sta su un altro pianeta.
Un film della stramadonna. E’ incredibile la sproporzione fra le cose che ha influenzato (tutto) e il successo che ha avuto. Ma fare un film del genere con tale minimalismo e stile è da maestri. “Punto di incontro fra film d’azione e film d’autore” è una sintesi perfetta, infatti mi immagino Refn che lo guarda con una mano sul taccuino e l’altra non si può dire dove.
Piccolo typo, l’articolo del LA Times è del 1978, anno del film, non di dieci anni dopo (mi stavo chiedendo quale fosse l’occasione per parlare di Driver nel 87, e infatti era il 78)
thanks, corretto!
Mi ricordo che mio padre, non esattamente un amante del cinema d’autore, impazziva per questo film, e lo vidi con lui la prima volta, in TV, somewhere in the anni 80
A volte faccio una fatica bestia a capire come film vengano prima snobbati, quando non direttamente smerdati, salvo poi diventare cult a distanza di anni. Davvero non era capito da subito il valore di “Driver”? Ok, magari attori sconosciuti, oppure Mr Paper Moon che diventa dal nulla cazzutissimo dopo quella smoccolata di Love Story. Però le sequenze action, l’atmosfera da western urbano, l’ambientazione notturna, i dialoghi, non bastavano a dargli quando meno la sufficienza?
Hill e Carpenter i registi più sottovalutati d’America
Wright che al momento del casting di Baby driver avrà detto “lo voglio UGUALE a Ryan O’neal, grazie”
A beneficio dei più giovani mi sembra necessario citare un momento periodizzante della storia calcista: i premi Sylvester 2012.
C’è un motivo se i libri di storia valverdiana oggi gli dedicano un intero capitolo.
Per capire che anni gloriosi fossero quelli basti dire che l’evento si aprì in anticipo con un premio speciale consegnato a Peter Dinklage su Italia 1.
Ma l’edizione non è ricordata per questo.
Oh, fu un grande anno per il cinema giusto. Il premio al miglior film se lo contendevano Fast & Furious 5 e Transformers 3 (ad oggi i migliori capitoli delle rispettive, lunghissime saghe); in più c’era quella bomba nucleare di Warrior con Hardy e Nolte che fanno a gara a chi è più Marlon Brando. La redazione non aveva dubbi: comunque vada sarà un successo.
Ma tutti loro furono ingannati.
Col doppio dei voti vinse Drive, un gioiellino hipster minimale al limite dell’eccezione meritevole™, palesemente ispirato al film di cui parliamo oggi.
Capitanati da un pugno di eroi, i cui nomi vengono ancora oggi sussurrati con timore nella sezione commenti, i calcisti duri e puri insorsero invocando vendetta nel nome di Crom.
Fu tutto inutile. Il sommo Nannibal nella sua magnanimità (o forse crudeltà) aveva concesso ai mortali i bottoni da pigiare e le sue decisioni sono irrevocabili.
Alcuni dicono che quel dono fu sprecato.
Alcuni dicono che il Sommo aveva voluto insegnare una lezione preziosa al suo popolo (il resto del mondo avrebbe capito quanto vale la democrazia solo quattro anni dopo con Brexit e Trump; Valverde lo sapeva già).
Alcuni dicono che i Sylvester 2012 furono un elaborato meta-heist-movie in cui la statuetta viene rubata in modo rocambolesco proprio da un film di ladri.
Alcuni infine dicono che fu la doverosa rivincita di Walter Hill, seppure in ritardo e per procura.
https://www.i400calci.com/2012/01/premi-sylvester-2012-le-nomination/
https://www.i400calci.com/2012/01/premi-sylvester-2012-i-vincitori/
(Alcuni osarono persino votare Thor. Ma quelli vennero lanciati contro una montagna con un trabucco).
Se non erro la Profezia dell’Uomo Bruciato di Rasputin dice “quando gli uomini si vestiranno da donna e preferiranno Drive a Warrior seguirà la Fine dei Tempi.
Ricordate sempre l’immortale lezione di Ricky Bobby:
Ricky Bobby: – Nobody plays jazz at the Pit Stop!
Jean Girard: – Then why is the song on the jukebox?
Bartender: – We use it for profiling purposes. We also have the Pet Shop Boys and Seal.
dici bene gigos, un capitolo della storia di questo sito. io all’epoca non ero ancora nato, ma se fossi stato nella redazione — come mark whalberg quando parla dell’11 settembre — le cose sarebbero andate diversamente, te lo garantisco.
Sarà… ma i primi 12 minuti di Drive sono il miglior inizio di cinema degli ultimi vent’ anni tanto che non l’ ho mai rivisto per intero dopo la prima visione se non i primi 12 minuti più e più volte quasi in loop…
qualsiasi cosa avrebbe potuto battere Fast and furious (numero a caso) e transformer (numero a caso)…credo proprio di aver contribuito alla grande illusione refniana..visto che i film successivi mi han fatto tutti piuttosto cagare
…e abbiamo un film da guardare stasera (grazie per la punta!)
briciole di risentimento per non aver trovato, nella lista dei “driver-derivati”, quella adorabile tamarrata di “Transporter”, in cui – “sottrazione” a parte :) – Statham è chiaramente una fusione a freddo di Driver e Detective (se sostituiamo “poliziotto” con “ex militare / forze speciali / yadda yadda”)
Film e recensione di gran classe