La prima notizia da dare è che Talk To Me, horror targato A24 e già salutato da molti come l’horror dell’anno, è diretto dai fratelli australiani Philippou, Danny & Michael, appartenenti all’ordine professionale degli YouTuber. Lo conoscete YouTube? Se la vostra passione è vedere i video su internet, ve lo consiglio. Per me, per dire, molto meglio YouTube di Dailymotion. E insomma, su questo YouTube, se fai dei bei video, puoi diventare famoso. Ed è proprio quello che è successo, pensate, a Danny & Michael Philippou! Hanno aperto un canale chiamato RackaRacka, hanno cominciato facendo delle cose molto artigianali, a metà strada tra l’horror e la comedy (e il Wrestling), fino a crescere e crescere e crescere, sia qualitativamente sia a livello di pubblico, diventando appunto quelli che i giovani chiamano “YouTuber”. Avete presente gli YouTuber? Sono quelli che fanno i video su YouTube e poi diventano come Frank Matano, immagino. Io non so nulla di queste diavolerie moderne. No, scusate, mi dicono che gli YouTuber famosi evolvono in FaviJ. Cioè, diventano piemontesi e famosi. Fatto questo arrivano poi dei produttori (figure mitologiche che, si dice, hanno i soldi) che gli fanno fare proprio un bel film. Ai RackaRacka, visto che stanno in una parte civile del pianeta (e ripeto, questi stanno in Australia, eh? Non in Liechtenstein) hanno fatto fare Talk To Me. 4 Milioni di budget, 80 milioni di incasso. Un successo indiscutibile, qualcuno dice “horror dell’anno”.
C’è la première del loro debutto da registi al Festival della loro città, Adelaide, la gente grida al miracolo, si fanno avanti le major, la spunta la A24 che, lo dico per chi capitato su questo sito per caso cercando “Miriana Trevisan piedi“, è la rivoluzione del cinema horror degli ultimi anni. Budget piccoli, spaventi grandi, incassi giganteschi, contenuti ciclopici. Grazie alla A24, e spesso grazie a quella figura retorica che va sotto il nome di metafora, l’horror è tornato ad avere qualcosa da dire e percepito anche dal largo pubblico come “di qualità”. Ed è qui che secondo me, per lo meno in questo caso, casca un po’ l’asino.
Dopo un folgorante incipit in piano sequenza, facciamo la conoscenza di Mia (l’ottima Sophie Wilde). Trattasi di giovane problematica rimasta da poco orfana di mamma. Ella, anche se sta passando un brutto periodo, è molto amica della coetanea Jade, del di lei fratellino Riley e pure del suo fidanzato Daniel, suo ex. Stanno insieme, fanno le cose dei giovani: chiacchierano e vogliono andare alle feste dei giusti. Perché? Bè, è presto detto: perché alla feste dei giovani ci sono due regaz, Hayley e Joss, che hanno una cosa pazzesca: una mano imbalsamata che ti permette di entrare in comunicazione coi morti. Funziona così: si accende una candela che apre il cancello con l’Aldilà, tu stringi la mano imbalsamata, dici “Talk to me” e subito vedi apparire davanti a te un morto. Lo vedi solo tu, lo hai evocato tramite il potere della mano imbalsamata. Poi, prendi un bel respiro e dici una seconda frase: “I let you in”, ti faccio entrare. A questo punto lo spirito del defunto entra nel tuo corpo e comincia a interagire col mondo dei vivi. Faccette stravolte con gli occhi tutti di nero appallati, frasi matte e apparentemente sconnesse, singulti sbavati, limoni ai cani… Un minuto e mezzo dopo che è iniziata la possessione, Hayley e Joss ti svegliano: staccano la tua mano da quella imbalsamata, spengono la candela e tu torni in te. Oh, 90 secondi, eh? Non uno di più, non uno di meno. Perché 90 secondi, scusa? “Perché se no poi lo spirito potrebbe prendere il sopravvento”, dice Hayley un po’ distratto, “adesso è un po’ difficile da spiegare ma guarda, fidati: a 90 secondi è meglio se ti svegliamo!”. Al che Mia, anche se è quella timida e evidentemente con mille cazzi per la testa, una sera, a un festino, stringe la mano imbalsamata. 90 secondi dopo, toh, al massimo saranno stati 93, 94, si riprende: “Fiuuuuu, raghi: che sballo! È stato proprio un trip pazzesco!”. Tutti ridono un po’ sollevati e un po’ spaventati allo stesso tempo, caricano il video in cui c’era Mia tutta posseduta da uno spirito su Instagram e poi, via, tocca a quello dopo.
Ora, è inutile che io vi stia a dire cosa succede nel film, no? Gli elementi sono tutti qui: giovani stupidini, un modo per poter mettere in comunicazione il mondo dei vivi e quello dei morti. Cosa mai potrà andare storto? Madonna, un sacco di cose. Ma storte brutte, eh? Cioè, io sono un omaccione scafato e durante la visione di Talk To Me per due volte ho stretto forte forte gli occhi dicendo ad alta voce: “Mooooosoccia, vez, che impressione!”. Insomma, da quel punto di vista non ci si può di certo lamentare. Talk To Me fa paura. Non ci sono solo ed unicamente jump scare a la The Boogeyman (giusto per rimanere su esempi di recenti horror coi giovani presi male con le mamme morte), ma quando decide di picchiare, picchia forte. E allora cosa sono qui a rompere le palle a fare? Ma no, niente, è che questa cosa che ora i film della A24 siano per forza di cose dei film intelligenti, che grazie alla scusa del genere ti fanno anche un po’ riflettere, a me ha francamente un po’ stancato. E comincia ad essere un po’ usata come una scusa da quelli che stanno dalla parte sbagliata della barricata.
Talk To Me parla di dipendenze, di droga, di come ci si può rovinare la vita con quella robaccia, perdere la gara della vita, eccetera eccetera. Però, Fabrizio, tieniti forte: Nel film non c’è la droga, capisci? Cioè, non si vede Mia che si fa i pippotti, che inizialmente pensa ma va là, cosa vuoi che sia, la gestisco bene, e poi invece, niente, non la gestisce bene e rovina tutta la sua vita e pure quella della gente che un tempo le voleva bene. Cioè, si vede quella parte lì ma con le possessione spiritiche al posto dei pippotti, Fabrizio. La capisci l’importanza della cosa che ho appena detto, Fabrizio? Non è un semplice film horror… cristo, Fabrizio, è una metafora! METAFORA! Ora tutti dovranno prenderci sul serio, Fabrizio! Dannati matusa, questo è il fottuto 2023!
Ok, sto esagerando ma mi sembra che Talk To Me sia il film sbagliato al momento giusto. Mi spiego meglio: Talk To Me è il film horror, figo, che ha avuto la fortuna di mettere insieme il pubblico appassionato di genere, quelli che hanno scoperto il genere con la A24, e anche un po’ il pubblico generalista, che manco sa cosa sia la A24 e tanto meno il genere. Prima o poi sarebbe successo con la A24, era una roba a orologeria. (Sì, raga, lo so che hanno vinto 85 Oscar con EEAAO; dico che doveva arrivare prima o poi nel genere). E la cosa è un bene, eh? Il film è un successo larghissimo di pubblico, il seguito è tipo già in lavorazione e la cosa che non può che farci piacere. Ma è secondo me un po’ il più debole della sua “generazione”. Lo è perché chi se ne frega della metafora. Lo è perché il genere non ha e non deve avere l’obbligo di essere elevated, lo specchio della società o la metafora di qualcos’altro. Lo è soprattutto perché è un buon horror sopra la media, ma con la miccia corta. A causa di una storia che finisce per essere un po’ scontata nel suo sviluppo (la perdita di contatto con la realtà della malcapitata di turno, autodanneggiata dai suoi traumi e dalla sue colpe), ma soprattutto per lo stile.
Qualcuno stupisce di fronte alla notizia che i Philippou siano stati capaci di fare un film serio, loro, “i ragazzi terribili di YouTube”. E ok, è vero, Talk To Me non è la piatta riproposizione delle gag che li hanno resi famosi sull’internet, ma un vero e proprio film che non fa brutta figura se lo metti di fianco a Men, X, o che ne so, Bodies Bodies Bodies. Solo che non ha nessuno stile. Perché mi sa che l’orizzonte estetico e culturale dei Philippou rimane un po’ quello di YouTube. O della superficie della superficie del cinema di genere. Non c’è un guizzo (Ok, uno: il piede in bocca… ) in Talk To Me. Si può dire che sia brutto, svogliato, facile? No, è tutto corretto. Ma senza inventiva. E i film belli della A24, sono belli perché hanno inventiva. Perché quasi sempre ci vedi una mano se non autoriale quanto meno personale, non un piatto susseguirsi di stilemi proprio del genere. E Talk To Me alla fine è un po’ quello, con tanto di telefonato finalone a sorpresona. Si segnala la presenza di Miranda Otto che, al solito, poverina, si sbatte come un pazza e rimane sempre Miranda Otto. Ah, ultimissima cosa. Certo, Sophie Wilde è pazzesca, ma pure il ragazzino regala un’interpretazione piuttosto pazzesca. Vabbè, dai, è ottobre: incrociamo le dita.
DVD-quote:
“Speriamo l’anno sia lungo lungo”
Casanova Wong Kar-Wai, i400calci.com
Belle argomentazioni Casanova, lo vedrò con maggiore consapevolezza. Forse il film è già castrato in partenza dal sottogenere “seduta spiritica” che non mi pare possa concedere chissà quale inventiva. Spero possa comunque alzare l’asticella per film horror generalisti, visto che comunque sembra ben fatto.
“Perché quasi sempre ci vedi una MANO se non autoriale quanto meno personale”.
E’ umorismo volontario o involontario?
Quella bombetta di Nessuno ti salverà lo recensite?
Anche “influencer” forse merita un passaggio. Ma mi rimetto alle volontà di Valverde senza discutere.
Da qualche parte ho letto che il metaforone ha a che fare, piu che con la droga generica, con il deficit di attenzione causato dai social, i quali contenuti durano non piu di 90 secondi. Comunque si, prima il film e poi la metafora, e comunque si, me lo guarderò sicuramente
Non l’ho ancora visto. Forse lo farò, forse no.
Il fatto è che un certo mio bastiancontrarismo innato sta cominciando a crearmi l’effetto “primo della classe” sui film targati A24. Cioè, tutti a tesserne le lodi a priori e un po’ (molto) per moda, i film che piacciono alla gente che piace e allora a me sorge una sorta di antipatia di fondo.
Per non parlare del concetto stesso di “elevated horror” che mi pare in parecchi casi voglia dire fare film horror per chi sotto sotto si vergogna di vedere film horror.
E allora a me di fronte a tutto questo sta cominciando a scattare una reazione simile a quella di Fantozzi che obbliga Guidobaldo Maria Ricciardelli a guardare “Giovannona Coscialunga” e “La polizia si incazza”
Ah, e “L’esorciccio”
Faccio un’osservazione “provocatoria” solo per comprendere meglio un punto. La presenza di “metafora” in un horror non è un male, anzi aggiunge profondità e interesse a una storia, e questa avversione per “l’elevated” è solo un gatekeeping da parte di certi fan. Discutiamo.
Ma infatti le riflessioni ed i messaggi nel genere horror ci sono sempre stati, Carpenter è il primissimo esempio che viene in mente, ma non solo.
“L’esorcista” è un film che parla del rapporto tra Fede e Ragione in una società sempre più secolarizzata.
Proprio per questo a mio parere l’horror non aveva alcun bisogno di essere “elevato”
Elevarsi per presunta e supposta superiorità è un qualcosa che non mi piace. Credo che i redattori, “condannino” l’horror fatto da gente che non lo ama, per persone che non amano il genere (come mi pare sia stato scritto). Come dire, vi guardiamo tutti dall’alto verso il basso. A me personalmente non disturba più di tanto.
Nel senso che i film del genere non mi disturbano, ma l’atteggiamento quello sì.
Ma se il metaforone (che oramai ha una certa età, visto che fa per esempio parte del gergo calcistico sin dagli albori del sito) diventa uno degli stilemi del genere, a quel punto non diventa inattaccabile? Che poi, boh, amare il genere, coi suoi difetti di ripetitività, pigrizia e conformismo, e dopo l’ondata meta- e post- del decennio scorso, risulta un po’ difficile senza scadere nell’effetto nostalgia che sarebbe ben più insopportabile e paraculo?
L’unico sveglio qua dentro è chiaramente Bradlice Cooper.
dove fa paura di preciso? A me è parso proprio debolino da quel punto di vista
Assolutamente d’accordo con te
Tutti dicono che fa paura ma io l’ho visto e ho paura che tutti si sbaglino.
Andato al cinema con aspettative alte, sono rimasto abbastanza deluso.
qua c’è puzza di ghost (writers and directors)…se capiterà lo si vedrà…ma 80 milioni come ha fatto a farli?
Kasanova ti seguo da quando facevi quel programma su Cooming soon television con quella figa mezza francese.Dovevi essere più cattivello con questo film, decisamente troppo sopravvalutato.
Io l’ho visto e devo dire che sono rimasto sorpreso proprio dal fatto che in due-tre punti è riuscito a spaventarmi, credevo ormai di essere totalmente anestetizzato.
Buon film. Non mi ha convinto molto dal lato tecnico (non mi è piaciuta la fotografia e alcuni dialoghi sono orridi, ma forse è colpa dell’adattamento lì), mi è piaciuto parecchio invece dal lato del puro intrattenimento. 90 minuti (sia lodato il signore) di horror dritto, gradevole, divertente e anche, a suo modo, serio nelle tematiche e in come le approccia. Non un capolavoro ma di sicuro un bel film.
Gran bel film. Non fa paura ma fa prendere male per le cose gravi che succedono ai protagonisti. È già qualcosa. Al cinema è sicuramente l’horror migliore che ho visto quest’anno (certo che the nun e smile sono facili da battere) ma anche in streaming non ricordo sti gran capolavori (pure l’osannatissimo nessuno ti salverà per me è una noia micidiale.)
Elevarsi per presunta e supposta superiorità è un qualcosa che non mi piace. Credo che i redattori, “condannino” l’horror fatto da gente che non lo ama, per persone che non amano il genere (come mi pare sia stato scritto). Come dire, vi guardiamo tutti dall’alto verso il basso. A me personalmente non disturba più di tanto.
Scusate, era in risposta al postBradlice Cooper.
So che da queste parti non è stato apprezzato ma per me l’horror dell’anno rimane Evil Dead Rise..divertente e pieno di sangue
Per essere un primo lungometraggio è una roba pazzesca: cast giovanissimo senza evidenti cani, belle dinamiche tra i personaggi (anche se nessuno con un po’ di buon senso, ma è un horror quindi ok), immagine pulita e anche qualche vezzo registico, sonoro bello carico, roba parecchio truculenta con effetti pratici e pure io confermo che in un paio di situazioni ho avuto una discreta strizza, però si portava dietro quest’aura di capolavoro annunciato e mi dispiace ma, forse anche per colpa del troppo hype, proprio no. È “solo” un teen horror fatto molto bene che non si porta dietro neanche ‘ste grandi idee.
Poi c’è sicuramente anche un fattore generazionale dietro al successo di questo film che sono troppo vecchio per capire ma qui stendiamo un velo peloso.
Casanova ti voglio bene, però, non per fare polemichetta ma mi pare che la recensione sia “siccome tutti ne parlano bene avevo hype e invece per me è peggio di quello che mi aspettavo”; credo che l’effetto sia quello, perché diciamocela tutta, questo è un buon prodotto, CE NE FOSSERO; visto senza saperne un cazzo di quello che andavo a vedere, sono rimasto sorpreso e soddisfatto; certo, se fossi andato al cinema con la nomea del “FILM HORROR DELL’ANNO” avrei sicuramente detto pesta e corna.
I miei due cents.
La metafora non è necessariamente male, ma deve funzionare su più piani, quello metaforico e quello della narrazione, mentre a volte sembra che chi ha scritto il film è partito dai temi e ha cercato a ritroso un corrispettivo all’interno del genere che ha scelto di “elevare” (in questo caso particolare ce l’ho con Jordan Peele, ma altri sono colpevoli). Poi se tutto ciò che il film ha da offrirmi è un banale gioco di rimandi a corrispettivi tematici (questo rappresenta questo, il mostro rappresenta il trauma) la cosa si fa noiosa. Poi per quanto si possa dire che l’horror è tante cose (ed è vero) un horror deve anche fare paura, e niente mi smorza la paura come una razionalizzazione tematica. Quando evidenziamo le metafore e i sostrati sociologici di film come L’esorcista o La Cosa lo facciamo un po’ a posteriori, non ci sono equivalenze nette. In Rosemary’s Baby il satanismo non è metafora del patriarcato, ma il patriarcato c’è comunque perché è presente nella narrazione e nel personaggio del marito. In Alien il mostro non è metafora del capitalismo, ma tutta la situazione è causata dal capitalismo. Insomma, non è che le metafore siano un male ma mi manca un po’ quest’altro tipo di narrazione, che non sente sempre il bisogno di giustificarsi e di invitare a una lettura simbolica. A volte un mostro è un mostro e basta, questo non vuol dire che una storia non possa avere comunque i suoi temi.
(Voleva essere una risposta a Bradlice, ma il sito ha deciso di pubblicarlo come commento a parte)
Grazie mille, ti rispondo qua. Alien e L’esorcista sono due esempi eccelsi di film talmente grandi che parlano di tante cose, senza fare di nessuna IL TEMA.
Su Peele invece ho una domanda: non trovi che i suoi film siano belli? Per me lo sono, parecchio, e questo mi dovrebbe bastare. Il fatto che lui voglia fare dei film di messaggio “usando” il linguaggio dell’horror per me non è una roba negativa (al massimo lo sarebbe se i film fossero brutti).
Di questi ce n’è uno (Eggers) che secondo me è destinato a lasciare un segno (“The Northman”, non horror, è un gran film e vedremo che tirerà fuori con “Nosferatu”). Un altro (Peele) che mi piaciucchia ma non mi lascia sempre qualche perplessità di fondo. Infine un altro (Aster) a cui la nomea di genio appiccicata dopo “Hereditary” ha chiaramente nociuto (fortunatamente i regaz dei 400 Calci hanno bypassato la recensione di quel polpettone di “Beau ha paura”)
Peele secondo me parte proprio da un messaggio politico e ci costruisce il film attorno. Non ho ancora visto Nope, ma i primi due non mi avevano fatto impazzire, li avevo trovati abbastanza mosci come film, anche se ricordo che la prima mezz’ora di Us mi era piaciuta molto. Ma la bilancia pendeva troppo dalla parte del messaggio e troppo poco da quella del film.
Eggers per me è un grandissimo e con The Witch ha fatto uno dei migliori film, non solo horror, degli ultimi anni.
Come film che riesce a combinare bene metaforone e intrattenimento a me viene sempre in mente Babadook, che riesce sia ad essere un buon horror (anche se di horror vero e proprio ce n’è quasi zero) sia un ottimo spunto sull’elaborazione del lutto e sulla depressione, con un finale molto cupo e molto bello.
@Bradilice, i film di Jordan Peele sono pieni di idee visive e sociologiche molto interessanti, ma secondo me non ha ancora imparato a innestarli bene nella narrazione. Mi sono piaciuti tutti abbastanza, ma c’è sempre un momento che mi fa storcere il naso e che sembra più a beneficio dello spettatore più che dell’evoluzione dei personaggi. Che senso ha che Il doppelganger di Lupita Nyong’o dica “siamo americani” se non per sottolineare un aspetto ideologico che viene direttamente dalla bocca dell’autore? Che senso ha tutta la parentesi di Steven Yeun o il personaggio del cameraman in Nope se non per ribadire la riflessione (già chiarissima da inizio film) dell’industria dello spettacolo e della hybris di mandare avanti lo spettacolo a tutti i costi (riflessione che viene anche vanificata dalla nota trionfale su cui si conclude il film)? Insomma, si prende un po’ di punti per l’ambizione e in buona parte per l’esecuzione registica, ma secondo me nei suoi film il sostrato tematico non lavora insieme al film ma parallelamente, e come risultato i suoi film mi sembrano un po’ appesantiti e goffi. Però sono sicuro che è capace di tirare fuori una bella bombetta, se riesce a trovare la quadratura del cerchio
Per tornare al discorso iniziale, secondo me una metafora nell’horror funziona meglio se è sufficientemente vaga da non farti capire di che cosa si tratta. Torno sempre su Alien e l’Esorcista perché sono molto esemplificativi: si può dire che il facehugger di Alien sia una metafora dello stupro? Certamente, ma non è così programmaticamente tematizzato da farti dire “è quello che voleva dire l’autore”. Si può dire che “L’esorcista” sia una metafora della pubertà e dei cambiamenti che attraversa una bambina a 10/11 anni? Perché no, ma potrebbe essere altrettanto una metafora sulla malattia; nessuna lettura è imposta per godersi il film – e probabilmente nessuna era stata pensata a priori dagli autori del film. Funziona anche solo al livello superficiale di “è posseduta dal demonio e basta”.
Secondo me il problema è solo che la maggior parte di questi registi e sceneggiatori odierni non sono capaci. Certamente non sono intelligenti quanto credono di esserlo.
Ci sono dei film in cui la metafora principale è piuttosto ovvia, eppure hanno letture ulteriori, complessità, e sono uno spasso anche se non percepisci nessun messaggio. Per esempio The Fly ha una metafora principale chiarissima eppure ha tanto altro da offrire (è più della somma delle sue parti?). O film come RoboCop, anche se non propriamente horror, è un grandissimo film pure se ti sfugge la satira. Potrei citare anche roba di Bong per andare sul contemporaneo.
Invece la maggior parte di questi horror elevati acquistano valore, secondo gli autori, solo se chi ne fruisce capisce il messaggio. E in effetti c’è una dissonanza di fondo tra forma e contenuto.
E una mancanza di sincerità e di fiducia nel pubblico (roba tipicamente post moderna)
Jordan Peele è semplicemente uno che vorrebbe ma non può.
E questo non si chiama talento ma presunzione.
Ma tipo: meglio o peggio di “Smile”? Perché a parte il finale quello m’era piaciuto.
A me è piaciuto molto e devo dire che non mi sembra neanche così “elevated” tanto che potrebbe essere tranquillamente un film dell’altrettanto (spesso) ottima Blumhouse. Roba meh secondo me è altra, tipo quella che palesemente rivela l’intenzione di chi la dirige di far vedere che è troppo bravo per girare semplicemente un film di genere. Per una volta che la A24 se la tira meno io ne sarei felice.
Un racconto di Clive Barker che ai bei tempi mi aveva assai divertito era Libertà agli oppressi, dall’antologia Books of Blood (tradotto con Creature). In quel racconto le mani si stancavano di essere alla mercé degli umani e, una volta auto-amputatesi (si scrive così?) dai corpi, iniziavano una battaglia per la loro indipendenza. In Italia lo fanno una volta all’anno a Pontida. Ecco, ho pensato a quel racconto perché non avevo voglia di ripensare a codesta pellicola. Salutato come uno degli horror migliori degli ultimi 400 anni a me Talk to me non ha detto nulla. Tra noi due non vi è stata nessuna conversazione. Talk to me. No! Non fosse che viene indicato come uno degli horror migliori dai tempi di Diogene Laerzio io lo avrei praticamente già dimenticato. Sì, dura il giusto, si lascia tranquillamente vedere ed è perfetto per un pomeriggio estemporaneo prima di un controllo alla prostata si sa mai. Lo definirei con una espressione che detesto: “Carino”. Ha una idea di base non particolarmente originale ma la sfrutta con media intelligenza. Peccato che una volta sciorinato il suo punto forte il film non si evolva, resta statico e si trascina senza guizzi verso la fine. Dopo più di un’ora e sapendo che mancavano tipo 20 minuti alla conclusione mi son chiesto “Mò succederà qualcosa di eclatante che mi farà rivalutare tutto il film? Sta per succedere qualcosa di pazzesco? “. Insomma, se in molti lo hanno definito uno degli horror migliori dai tempi del mesoproterozoico un motivo ci sarà. Purtroppo io non vi ho rintracciato nulla e, ancor peggio, non mi ha mai inquietato. Anzi no, forse la scena iniziale col canguro. Mi ha fatto pensare ad una sequenza simile in Una storia vera di David Lynch e un po’ a Io, me & Irene dei fratelli Farrelly. Sperando che ci vogliano meno di 90 secondi per leggere quanto sto blaterando, ci tengo ad evidenziare ciò che Talk to me dice, suggerisce o forse improvvisa. Ossia l’aspetto orrorifico e contemporaneo di porre sempre uno smartphone davanti a noi, soprattutto per registrare il peggio. Se ti ritrovi con molti adolescenti che ti puntano addosso il loro telefono vuol dire che sei nella merda e che ti sta succedendo qualcosa di brutto. Sappilo. Come a dire che l’horror non fa paura ma serve per accumulare followers e quindi soldi e notorietà. Il ribaltamento è che l’horror è in chi filma più che in cosa si filma. Altro che la bellezza è negli occhi di chi guarda. Ora vi sono il sadismo, l’assenza di empatia, l’oscenità del vuoto; siamo nell’orrore sacro di Bataille che fagocita sé medesimo e diviene inessenziale. Se il film dei fratelli Philippou avesse dato più valore a questo ne avrebbe guadagnato in spessore. Non lo fa, suggerisce appena e il tutto diviene una variante alla tavola ouija in forma tossica. Sì, perché anche la cosina del mi sballo entrando in contatto coi morti è carina. Peccato che il risultato sembra come quando un tuo amico stupido fa una battuta divertente e raffinata e tu sai che le è uscita per caso. Spoiler: sono io di solito l’amico stupido. Talk to me, per molti uno degli horror più belli dalla comparsa degli atomi ma non per me. Sì, il mondo se ne farà una ragione.
Dio santo, i nerd e le recensioni sono un connubio deleterio.
A me frega un cazzo della A24, queste sono seghe mentali da fissatoni.
Uno va al cinema e si vede un bell’horror, che ti fa uscire dal cinema e riflettere su questo o quell’aspetto del film
Solo per questo è un horror migliore di tantissimi altri (tipo quelli delle saghe infinite).
Questo è sufficiente. Il resto sono soltanto seghe mentali di saputelli che forse dovrebbero imparare che c’è altro nella vita oltre che rincoglionirsi nei film.
La mia sensazione leggendo la recensione è stata questa.
Vero? È davvero incredibile questa cosa che vai su un sito di recensioni, leggi una recensione, e scopri che è scritta da uno che gli interessano molto i film.
No, è incapacità di uscire dalle vesti di nerd ed entrare in quelle di una persona matura.
Le fissazioni e i pregiudizi dovuti al nome della produzione ancor prima di godersi il film, non è un atteggiamento compatibile con la realtà ne con il pubblico.
Non mi metto a discutere le tue opinioni, interessi e interpretazioni personali. Ma devo dire che non ci sono molti altri lavori al mondo in cui arrivano clienti che ti dicono “dovreste intendervene di meno”.
Nanni non sei stupido, se ti sforzi magari riesci a capire cosa intendo dire senza rosicare e senza i pregiudizi nerd di cui sopra. Quello che dovevo dire l’ho detto, se può essere uno spunto per migliorare tanto meglio. Altrimenti credo che dormiremo lo stesso.
Grazie.
Ciao Phantom, io purtroppo invece non ti conosco ma mi fido. Usi termini come “seghe mentali”, “fissatoni”, “saputelli”, “rosicare”, che sinceramente mi confondono sul tipo di conversazione che vuoi avere. Se è quello che sembra, ti ho dato un paio di risposte buffe e sono contento così. Se invece vuoi una risposta seria non c’è problema, ti dò subito anche quella. Ad esempio: sono sicuro che hai un tuo regista preferito. Sono sicuro che vedi un film che ti piace, e ti interessa sapere chi l’ha fatto, e informarti su altri film creati dalla stessa gente per avere una maggiore probabilità di guardare qualcosa che ti interessa. No? Mi sembra il minimo. Ora: sono sicuro che quando questo tipo di ragionamento arriva ad applicarsi alle case di produzione tu abbia qualche comprensibile perplessità, perché non hai l’abitudine a pensare che anche le case di produzione influiscano sul tipo di prodotto che ti ritrovi davanti. Nessuno direbbe mai “ho visto Tango & Cash, è della Warner, ora voglio vedere tutti i film della Warner” per poi provare a guardare Prima o poi me lo sposo con Adam Sandler e rimanerci di merda. Però ci sono case di produzione e/o distribuzione, specie piccole e indipendenti, che si sono specializzare nel fare un tipo di prodotto con caratteristiche più o meno fisse e riconoscibili, e una certa qualità minima. La A24 è una di queste: ad oggi sai che ogni loro horror avrà una forte componente morale, uno stile indie che si differenzia da un Conjuring qualsiasi, e una certa qualità per cui sai che come minimo non sarà una roba impresentabile e dilettantesca. Quando si tratta di loro, hai un contesto artistico abbastanza chiaro che influisce sul prodotto e, se ti piace, hai più possibilità di guardare un film interessante seguendo loro che seguendo la carriera di, che ne so, il Tim Burton degli ultimi 20 anni. È veramente tutto qui. Spero di averti chiarito la questione, se continua a non interessarti zero problemi ma sappi che noi guardiamo da sempre anche a questo.
Sto pippone per cercare di convincermi, quando gli stessi termini (anche più pesanti) sono comunemente utilizzati dalla tua community preferita?
Ahaha, divertente.
Sono tutte cose che già sapevo quelle che scrivi, ma non ne faccio un pregiudizio o un feticcio a differenza vostra. Perché è proprio un approccio nerd che non amo.
Se decido di godermi un singolo film giudico quello e solo quello, scevro da qualsiasi pregiudizio di produzione, regia, attori, ecc.
Altrimenti si riduce tutto alla “community nerd, bella bro, usiamo il nostro gergo/approccio saputello che siamo fighi!”
Ergo ti ripeto, se vuoi usare il mio commento come spunto per migliorare ben venga. Dagli la giusta importanza. Altrimenti pace.
Non ho intenzione di litigare per post dopo post. Ho altro da fare.
Saluti.
> Se decido di godermi un singolo film giudico quello e solo quello, scevro da qualsiasi pregiudizio di produzione, regia, attori, ecc.
Libero di farlo per carità, nessuno ti arresta, è un modo di fruire tuo e se ti soddisfa non cambiarlo. Per quel che mi riguarda, sinceramente non penso che documentarsi meno migliori le nostre recensioni. Amen.
Ti ringrazio per la tua benedizione non richiesta. :)
Documentarsi meno?
Uhm, purtroppo temo che tu non abbia proprio capito nulla di quel che ho detto, e temo anche che le tue risposte siano all’insegna del rosicamento.
Non era quello che volevo, ma pazienza. Sono sicuro che sotto sotto ci rifletterai ugualmente.
PS: però riflettendoci un attimo mi fa ridere sta tua reazione dovuta solo ad alcune parole forti da me utilizzate, quando la stessa community qui presente molto spesso raggiunge livelli di trash verbale ai limiti della diffamazione. :)
Detto questo, JJ, puoi continuare a usare il nome di sempre, non so di cosa tu abbia paura. Che anzi, sono contento che continui a seguirci.
Uff che pesantone sei.
Comunque non sono JJ, sono Phantom.
JJ è attualmente bannato.
:)
Vedo che hai ben presente di chi parlo ma c’hai ragione, ho sparato a caso e mi sono scordato che lui ripeteva sempre che nascondersi dietro a un nickname era da sfigati. Comunque era stato solo un ban di mezzoretta, continuava a dire che aveva da fare ma non si stava staccando più e mi era venuto lo scrupolo che si facesse licenziare o cose simili. Sorry. Ciao!
Ok, rosichi talmente tanto che vuoi inaugurare la gara della compulsività, di cui evidentemente sei più campione di me.
Hai finito adesso? Mamma mia che palle!
Hahahahahaha se non sei JJ siete gemelli o sta mandando avanti il suo migliore amico. Non ci credo che gli roda ancora così tanto dopo sei mesi. Ciao, salutamelo e digli di tornare quando vuole che l’ho perdonato da una vita. Ti lascio l’ultima parola, divertiti:
Il tuo messaggio è una contraddizione dalla prima all’ultima parola.
1) hai bannato tu JJ, cazzo vuoi da me?
2) stai TU continuando a cercare l’ultima parola, da rosicone!
3) tu non devi perdonare niente, a JJ non sei Dio. E JJ non ti ha fatto nulla personalmente. Hai semplicemente abusato del tuo potere, dimostrando poi quel che ho detto nel primo messaggio: sei un nerd immaturo.
E continui a dimostrarlo ora.
4) a me del tuo benestare non frega nulla. Impara a crescere se vuoi confrontarti con me. Oppure ignorami del tutto, che io a te non faccio nulla di male. D’altronde i discorsi da bambini delle scuole elementari li ho terminati alle elementari io.
5) scendi dal piedistallo
Saluti.
Ora rispondi, non rispondi. Non mi frega niente.
Smetti di fare il Nanni appeso ai maroni. Grazie.
JJ, mi sei mancato e mi hai regalato un sorrisone. Perdo volentieri, in nome dei vecchi tempi. Un abbraccio, ciao
Niente, sto piedistallo proprio non lo vuoi mollare.
Chissà, magari da qualche parte la tua intelligenza prenderà il sopravvento.
Nanni, grazia anche Pier, fallo per noi.
@Bugo: offrimi una birra.
se torna anche Pier con questo e quell’altro che ha già cambiato seimila nomi…sarebbe un sogno…consigli musicali, recensioni alle recensioni, analisi accuratissime sugli incassi, caffè per tutti… non mancherebbe nulla.
Grandissimo! Lagrime scendono copiose da questi vecchi occhi stanchi.
#GraziaPerPIER
In fine recensione il punto fondamentale: la protagonista Sophie Wilde e il ragazzino, tale Joe Bird, fanno metà film, e allora grazie al cazzo che funziona nonostante le mancanze. E te ne accorgi quando cantano in macchina e sono carismatici come durante le scene gore. Spero di vederli entrambi in roba più complicata e con una base autoriale solida perché potrebbero veramente riservare grosse sorprese in futuro. Il resto è un metaforone su dipendenze, solitudine, FOMO e incomunicabilità tra pari e tra genitori e figli, ben girato, ben musicato, bene tutto, ma che manca di mordente e forse della voglia di rischiare un po’ di più. Piacevole abbastanza da pensarci un po’, eppure cosa resta impresso? Mia/posseduta che canta in francese, Joe Bird che ride frantumandosi la testa contro il muro.
Aggiungo”solo* che l’horror dell’anno è, targato 2021 ma uscito solo ora , Megalomaniac.
Horror bomba che squaglia nei primi 2 minuti tutto Talk to me.
Per chi riuscirà a”reperirlo” consiglio ne trailere al massimo due , dico due ,righe di trama. Gli horror , soprattutto, si approcciano così.
Se devo seguire questa recensione leggo che parli di un film come altri migliaia ma che siccome è A24 allora si, ha il suo perchè.
Inoltre i registi son chiccazzè di Youtube e quindi per qualche calcolo che non capisco prende valore.
Talk to Me è la dimostrazione della mia ipotesi: gli horror finiranno come i cinecomis.
Dopo essermi dato un cinque da solo spiego un pochino il perchè:
Innanzitutto ormai il genere horror ha lasciato la propria nicchia e bene o male lo guardano tutti, se poi ti fanno un film del cazzo con un paio di metafoforoni la critica si bagna e la lira si impenna (cit)
Talk to Me è un film del cazzo, non perchè sia fatto male, ma perchè ho proprio visto un film fatto a cazzo perchè tanto “A24 BITCHES!!!!” e “METAFORONI BITCHES!!!” e basta.
Ora so bene cosa sia la sospensione dell’incredulità e c’è anche chi afferma “non devi cercare un senso” ma io dico che invece il senso ci deve essere o per meglio dire, i paletti ci devono essere.
I paletti son quelle cose che metti in una qualsiasi opera e ti indicano il percorso da seguire anche a te, come spettatore.
C’è chi nemmeno ci pensa ai paletti, tipo Jason Blum in M3gan e gli viene una cagata, c’è chi se ne frega dei paletti come Kaufman nei suoi film e ti sta bene perchè capisci che altrimenti non sarebbero così belli.
Ed è qua il fatto, per me sto film fa cagare perchè te lo vogliono rendere come filmone pieno di pathos, metafore e momenti stile Hereditary dove la protagonista è scioccata con i lacrimoni e poi via di cagate.
La più grande è farmi credere che dei regazzini si siedono, vedono i morti e proseguono perchè tanto fanno i video.
Notare bene che prima dei regazzini del film ti dicono che il morto c’è scappato.
Il punto poi è che sto film è la copia di altri 50, lo so che anche gli slasher son copie di altri slasher, ma infatti quelli avevano i paletti come i film di Kaufmann, non avevano la pretesa di esser horror ma con stile.
Qua la pretesa è di esser ecclettici e poi?
Ready or Not con meno f**a, meno scene truculente e finale blando.
Unico punto a favore del film è l’ultimissima scena, ma lo ripeto: sto film descrive perfettamente lo stato dell’horror, operette da svendere al grosso pubblico che non ne ha mai visto mezzo.
Rispondo solo perché se qualcuno volesse vedere il film e per disgrazia leggesse questo delirio magari per qualche motivo lo salterebbe…. guardatelo che un’occhiata, soprattutto nel becerume offerto degli ultimi x anni, se lo merita.