Vi ricordate quando Leo DiCaprio se n’era stato fermo per un po’ per scegliere accuratamente il suo primo progetto dopo il successo stratosferico di Titanic?
Ci aveva messo tre anni e infine aveva scelto The Beach di Danny Boyle, che di base era diventato un film evento solo perché le regazzine non ce la facevano più ad aspettare e si sarebbero bevute quasi qualsiasi cosa con la sua presenza.
Finì che “quasi” era la parola chiave: entusiasmo iniziale grandissimo, ma poi – il nome “Danny Boyle” vi ha sicuramente già fatto scattare l’allarme – il film era troppo insulso per generare vero interesse.
Leo reagì rimanendo fermo altri due anni, e ritornandosene con una doppietta micidiale che riscrisse la definizione di “giocarla sul sicuro”: un film con Spielberg e uno con Scorsese.
Shah Rukh Khan, una delle star più amate d’India sin dagli anni ’90, è stato di recente fermo per cinque anni.
E poi ha inscenato uno dei comeback più devastanti che io abbia mai visto: prima una comparsata/teaser nel kolossal supereroistico Brahmastra, poi un ruolo da eroe classico a inaugurare il nuovissimo Spy Universe nel film-evento Pathaan, subito entrato nella Top 10 di sempre degli incassi in India.
E infine questo Jawan: atipico, ambizioso, esplicitamente politico.
La classica mossa che programmi dopo aver messo un bel successo in cassaforte, quando puoi permetterti di rischiare e di dire qualcosa dal cuore.
Tranne che ha finito per incassare persino più di Pathaan.
SIGLA!
Se siete completamente a digiuno di kolossal indiani non è questo il più indicato con cui iniziare, ma seguitemi lo stesso che la storia è intrigante.
Sostanzialmente, Shah Rukh Khan (da qua in poi SRK) si gioca il tutto per tutto e ritaglia per sé il ruolo dell’eroe popolare definitivo.
Dopo un prologo semi-fantasy, la prima volta in cui lo vediamo fa già ribaltare dal ridere perché, in piena sindrome da Donnie Yen, SRK è un 58enne che ci tiene a spacciarsi ancora per 35enne per cui, quando deve interpretare un 58enne, si fa truccare in modo platealmente posticcio che sia mai che la gente pensi che abbia davvero 58 anni. La versione di SRK di un 58enne normale consiste in un goffo ingrigito con gli acciacchi plateali e… vabbè, ci sta, è uguale a me a 46, solo che tu lo vedi e lo sai che sta in realtà nascondendo addominali fantascientifici, per cui ti viene da mandarlo a quel paese.
La vera svolta è che dopo una serie di momenti rocamboleschi SRK prende in ostaggio la metropolitana come in un’improbabile versione Bollywood di Pelham 1 2 3: a quel punto inizia a fare le proprie richieste sorprendentemente altruiste, e la faccenda si fa intrigante.
Jawan è un tipo di operazione che ancora non avevo visto in un kolossal di Bollywood, e che fuori da lì ha pochi equivalenti.
A Hollywood ad esempio bisogna andare ai tempi di Billy Jack, tranne che Jawan è appunto un kolossal e non, come il seminale cult di Tom Laughlin, una produzione squattrinata che aveva centrato il jackpot. Oppure bisogna andare al suo famigerato emulo spirituale Sfida tra i ghiacci, quell’imbarazzante flop di Steven Seagal che non perdo mai l’occasione di citare su queste pagine.
In Italia, ci si avvicinano molto di più le opere più ambiziose/pretenziose di Adriano Celentano, se – oltre a cantare, ballare e predicare – il Molleggiato avesse saputo anche tirare i calci volanti.
Il protagonista di Jawan si chiama Azad: guardia carceraria in una prigione femminile nelle ore lavorative, specie di controverso Robin Hood nei giorni liberi.
Azad fa sostanzialmente terrorismo a fin di bene spacciandosi per Vikram Rathore, un nome che evoca una leggenda misteriosamente scomparsa svariati anni prima.
Lo scopo di Azad è raddrizzare i problemi del Governo indiano al grido di “cazzo ci vuole”.
Ad esempio: prende in ostaggio la metropolitana, e ricatta le autorità chiedendo loro di pagare i debiti di tutti i contadini rimasti indietro con le rate del trattore. Fine. Problema della crisi dell’agricoltura risolto, con bonus dimostrazione istantanea che il Governo ha tranquillamente tutti i fondi che servono per risolvere ogni magagna del Paese, e il problema è che non li spende. Cazzo ci vuole?
Azad agisce con la complicità di una squadra di carcerate, cosa che dovrebbe essere a suo modo empowering/populista ma che ricorda piuttosto lo stereotipo dell’eroe tipico della blaxploitation che ha al suo servizio un plotone di sexy pupe esperte di karate, da Johnny lo svelto a Dolemite. In una delle scene più surreali del film, Azad vince il premio di Miglior Secondino dell’anno mentre tutte le detenute applaudono, si commuovono e gli dedicano un balletto.
Ma per chiarirvi il grado di sottigliezza del film è sufficiente descrivere il villain: un potente trafficante di armi che, uhm, vende armi che non funzionano. Capito? C’è la critica sia al criminale truffatore, sia al Governo che appalta i fondi a lui per risparmiare, e ti si vuole far credere che questo tizio sia uno dei trafficanti d’armi più potenti del Paese pur vendendo armi che non funzionano. Ma non nel senso che sono mediamente più difettose di quanto ci si aspetterebbe: intendo proprio nel senso che due intere scene drammatiche sono costruite attorno alla certezza che le sue armi non funzionano e quindi non spareranno. Il Governo compra un prodotto per risparmiare; il prodotto letteralmente non funziona; continuano a comprarlo perché hey, sarà pure vero che non funziona, però costa meno! Questi sono gli scenari che si danno da bere al pubblico di riferimento.
Ma insomma: mentre gli atti di terrorismo di Azad risolvono gradualmente tutti i problemi strutturali della nazione, l’intricata mitologia del film si dipana passo per passo.
Jawan fa effettivamente questa cosa molto furba di passare la prima parte del film a rendere i suoi messaggi politici espliciti da subito ma, soprattutto, a intrattenere con diversi cambi di scenario, flashback sovrapposti, simbologie ricorrenti, nomi che volano e personaggi che si incrociano e che non sai subito dove piazzare.
Sembra voler fare solo dei gran predicozzi ma ha in realtà l’accortezza di tenere impegnati con un puzzle, costose scene d’azione piene di splosioni e di auto che si ribaltano in autostrada, un pugno di canzonette abbondante, qualche twist nascosto nella manica, un registro che non disdegna anche l’umorismo.
C’è la scaltrezza di sapere come intrattenere, e di saperlo fare bene, prima di far “pensare”.
Però è inutile negarlo: metà dello spettacolo è ammirare la faciloneria con cui una delle star più ricche dell’intero Paese decida di colpo di vendersi come pseudo-Che Guevara, come voce del popolo, come leader della rivoluzione dal basso, dove “dal basso” si intendono i suoi miliardi nel conto in banca, un budget di quasi 40 milioni di dollari e un incasso di 150 nessuno dei quali donato per pagare i debiti dei contadini o roba simile.
L’intensità con cui SRK spara i suoi sermoni di sconcertante superficialità è allucinante. Non è sognante ingenuità alla Gal Gadot: sono piuttosto i vaneggi di una persona che sembra avere avuto una botta di coscienza politica così, per noia, nelle ultime due settimane, e che una volta finito di promuovere il film tornerà a giocare a golf con la sua collezione di mazze in oro. Siamo a tanto così da una parodia alla Tropic Thunder.
Eppure, dalle sue parti, se lo sono bevuti con gran gusto.
Shah Rukh Khan è tornato, e ora non lo ferma più nessuno.
Una volta conoscevo questo tizio che aveva avuto una vita piuttosto travagliata, fatta di diversi arresti per risse e/o ubriachezza molesta. Lo chiamavano “il Carabiniere” perché, per motivi ignoti, rifiutava categoricamente di farsi arrestare dalla polizia e pretendeva che arrivassero i carabinieri.
Lo incontrammo in un periodo in cui ormai si era dato una calmata, e lo invitammo a cena.
Per qualche motivo finimmo incautamente a parlare di politica e – erano gli anni ’90 – uscì fuori che era un berlusconiano convinto.
Provammo, folli arroganti che eravamo, a spiegargli le nostre preoccupazioni sul fatto che Berlusconi possedesse diversi media e praticamente tutti i canali televisivi, con cui poteva fare il lavaggio del cervello alla nazione.
Lui rispose “Ma quale lavaggio del cervello? Se dice qualcosa che non ti piace, basta cambiare canale”.
Non so che fine abbia fatto, ma credo che questo film gli sarebbe piaciuto.
Te lo dedico, Carabiniere.
Volantino-quote:
“Jawan fa rima con Adrian”
Nanni Cobretti, i400calci.com
E questo, caro Nanni, conferma in pieno quello che mi avevi scritto riguardo l’approccio indiano al blockbuster, che fa sembrare la parola con la A. un residuo di tempi ingenui in cui i mulini erano bianchi (anche se l’euforia generale degli spot della mia infanzia aveva indotto più di un sospetto sull’effettiva natura delle polverine prodotte nei suddetti). I toni da parodia involontaria dei film come Radhe, Singham e compagnia non sono il frutto di una fase transitoria adolescenziale, piacciono (un sacco) così e così continueranno a farli, con sfumature più o meno nette (ma in genere del tutto assenti), comunque marcate col pennarellone fluo. E del resto, allargando lo sguardo, sembra che il mondo abbia parecchia voglia di seguire il trend, per cui devo rivedere il mio giudizio sul fatto che questi film siano praticamente impossibili da esportare. Se c’è chi guarda i film marcati Daily Wire, buon ultimo Lady Ballers, significa che anche negli USA i prodotti come questo Jawan con il giusto marketing potrebbero incontrare i gusti di quel pubblico. E, con buone probabilità, del loro prossimo presidente. Si prospettano tempi interessanti.
Condivido tutto tranne, in ultimo, la scelta ottimista del termine “interessanti”…
Ottimismo? Quello è il modo cinese per dire che stanno per arrivare grossi casini. O così si diceva da noi, solo che probabilmente i cinesi non l’hanno mai usato. Il che ci insegna quanto siamo bravi a intenderci. Appunto.
A’complottari!
In realtà tempi demmerda li stiamo vivendo da un bel po’.
Giuro che nell’immagine del fantasma del musicarello mi è sembrato Paolo Rossi (attore) e la mente ha cominciato a volare.
Ahah, è vero, somiglia un casino.
“Noi a Mumbai facciamo così!”
Non conosco il “Carabiniere” ma secondo me negli ultimi 25 anni:
– Ha fondato un MeetUp di Beppe Grillo;
– Si è candidato consigliere comunale M5S in un paese sotto i 10.000 abitanti, è rimasto fuori per 50 voti e incolpato il PD;
– Ha fatto bancarotta 2 volte;
– È attivissimo su Facebook fin dal 2010, nonostante alcune querele per commenti ingiuriosi sotto post di personalità pubbliche;
– Grande stima per Salvini anche se poi lo ha deluso;
– È convinto che Trump sia stato fatto fuori perché scomodo.
– Durante il COVID… vabbè avete capito.
Fosse stato più giovane, facile che sì.
Ahaha orco diaz quante persone che conosco mi hai ricordato con questa descrizione di un certo fenotipo italiano che è tanto stereotipata quanto accurata
Hai dimenticato: “non si perde un aggiornamento di Qanon”
Recensione inspiegabilmente velenosa, con punte di paternalismo, di un film inoffensivo e divertente. Quando invece che tirare in ballo il Che e i deliri d’onnipotenza di Celentano, bastava pensare a Mr Smith Goes to Washington, con l’attore “bravo ragazzo” dalla faccia pulita (SRK ha costruito il suo status di star proprio con questi ruoli), avatar del miglior spirito liberale di una nazione, che va nella Capitale per portarvi la voce del cittadino comune. Tanto più che qui finisce con l’attore che si toglie il trucco da Vikram Rathore (=esce dal ruolo) e invita il pubblico a… votare responsabilmente, perché il mondo non può contare sui Vikram Rathore. Non certo il messaggio incendiario nel quale cercare una presunta ipocrisia
Felice che tu lo consideri innocuo, ma sinceramente non so se un film che spende un buon quarto d’ora su una donna incinta da impiccare si possa considerare inoffensivo e divertente. C’erano momenti simili anche in Mr. Smith Goes to Washington?
Non so se lo vedrò, ma so che se mai faranno un biopic su Paolo Rossi (l’attore), dovrà per forza interpretarlo
Shah Rukh Khan.
Visto e piaciuto poco.
Visto Leo su Netflix,fotse il film che si avvicina di più a RRR per la sia figaggine. Ost grandiosa ,tempo 3 minuti era già nel telefono.
stavo per scrivere “passo”, poi mi si è riaffacciato che qualche mese fa stavo per andarlo a vedere alla cieca (sperando nell’effetto “RRR”…) salvo scoprire che il multisala vicino a casa – probabilmente a causa della durata di “sette terzi di Esorciccio” – chiedeva la cifra blasfema di 18€. Felice di aver ceduto alla tirchieria (anche perché solo a leggere la trama nella rece mi è montata un’orticaria furiosa).
complimenti per la DVD-quote: a “se […] il Molleggiato avesse saputo anche tirare i calci volanti” il pensiero è volato subito ad “Adrian” (di cui, grazie ai miracoli della CGI nord-coreana, continuo a sperare in un live-action)
comunque vista dalla finestra dei 400calci Bollywood mi sembra sempre più una ucronia fantastica che si chiede “what if la DC italiana degli anni ’50 fosse stata a rota perenne di coca e ossessionata dalle arti marziali acrobatiche”
(pvuppa la fava “Abraham Lincoln vampire Hunter”, noi ciabbiamo “Alcide De Gasperi lo sterminatore di adultere” e “Giulio Andreotti contro le abortiste zombi”)
Aldo Moro che mena come Singham in “MORO – SE TE PIJO TE SFORO”
[su cover al piano malinconica intimista di “La pappa col pomodoro]
“…this summer… they kidnapped the *wrong* man… they just don’t know… *YET*….”
Il trailer chiude su Andreotti al telefono (volevano ricrearlo in CGI ma gli eredi chiedevano troppo quindi si è ripiegato su Oreste Lionello, sempre in CGI):
“Io so chi siete, so che cosa volete. Se cercate un riscatto sappiate che possiedo denaro, però io possiedo anche delle conoscenze molto particolari che ho acquisito durante la mia lunga carriera che fanno di me un incubo per gente come voi. Se ve lo tenete la storia finisce qui. Non verrò a cercarvi, non vi darò la caccia. Ma se quello riciccia fuori, io vi cercherò. Vi troverò… e vi ucciderò.
via Montalcini 8, interno appartamento.
in tv, il TG1 passa un’intervista al presidente del Consiglio Andreotti, “…. penso che dobbiamo fare un grande appello alla coscienza della non violenza: il modo più degno di rispondere a questo atto terribile…”
Moro fissa la tv immobile, una grossa vena pulsa sulla fronte, le narici fremono.
stacco, Moro è in piedi di fronte al televisore, ripreso di spalle; piega di scatto il collo di lato, destra-sinistra, “CRA-CRAC! … CRA-CRAC!”.
stacco, salotto; l’appartamento è in silenzio, flebile ronzio acuto dello speaker della tv, che ora passa uno spot di “Domenica in”. Moretti e Gallinari, seduti al tavolo, fumano Nazionali senza filtro in silenzio glaciale; altri brigatisti (una ventina, in armamento paramilitare) si aggirano pigramente nelle stanze.
La porta esplode in un uragano di schegge di legno; stacco su esterno appartamento, echi di urla e raffiche di mitra.
[La scena dell’evasione ricalca quella di Harley Quinn in “The Suicide Squad”, gigli e garofani in CG al posto delle esplosioni di sangue, “Non ho l’età” di Gigliola Cinquetti arrangiata per arpa e voce]
stacco. interno ufficio di Andreotti, dossier sparpagliati sulla scrivania di noce: leggiamo “Piazza Fontana”, “Piazza della Loggia”, “Italicus”, “Gladio”.
rumori improvvisi di colluttazione provengono dal corridoio oltre la porta, vasellame in frantumi, ossa spezzate, poi silenzio.
eco di passi sui soffitti alti, incedere lento: quattro, cinque, sei, il suono sempre più vicino. si fermano.
tre colpi pesanti e distanziati alla porta: “BOOM… BOOM… BOOM…”
Andreotti [ripreso di fronte, tre quarti dal basso] chiude gli occhi ed espira profondamente, la mano destra raggiunge qualcosa sotto la scrivania.
dissolvenza al nero.
Ho apprezzato decisamente di più Pathaan, diciamo che il senso di onnipotenza di Shah Rukh Khan, pur presente in tutti i film, qua ha superato il mio livello di guardia.
Comunque il nonno coi quadripettorali a sto punto poteva inserirlo (sempre interpretato da lui ovviamente).
Ma perchè, 28 giorni dopo e Sunshine sarebbero insulsi?
se il Carabiniere era di Carpi, voglio saperne di più.
Un Joan Lui possibilmente ancora più buonista e giustizialista che, al posto di floppare, sbanca al botteghino?
La vedo grigia in quel dell’India
Visto che il contributo che posso dare al film e’ nullo, spendo due parole sul vostro amico.
Chissa’, forse i caramba gli stavano piu’ simpatici.
Del resto qui si fa una diatriba anche su chi deve arrestare chi…
Analisi interessante, la sua. Da uomo della strada che probabilmente non comprende appieno le complesse strategie politiche (ammesso che lo siano. Significherebbe accettare che quella gente abbia un cervello. Pensante, addirittura) ma che si sofferma solo sul lato piu’ evidente. E grossolano.
Alla fine e’ stato l’asso nella manica di quel tipo.
Di fatto non ti ha mai obbligato a far nulla.
O chissa’, forse e’ stato abile a farti credere che non fosse cosi’.
Nessuno ti ha mai obbligato a guardare i suoi canali, a votare per il suo partito o a tifare la sua squadra.
Siamo in democrazia, no? E allora se non ti piace quel che vedi, puoi sempre spegnere.
La trovo per certi aspetti una declinazione dell’opinione che ho a riguardo.
E cioe’ che se certi personaggi riescono a salire alla ribalta, e’ per merito di una classe politica che fa ridere i polli.
E non solo dall’altra parte, ma in generale.
Con politici degni di questo nome e del ruolo che ricoprono, i signori potrebbero presentarsi pur sempre alle elezioni.
Ci mancherebbe, siamo in democrazia.
Ma verrebbero regolarmente trombati a ogni tornata.