E benvenuti a un nuovo episodio della mia serie spreferita, “donne di menare affogate nel neon”. Erano quasi 15 giorni che non ne usciva uno, stavo iniziando a preoccuparmi.
Per chi si fosse sintonizzato solo di recente: stiamo parlando di un sottogenere molto specifico ma molto frequentato dell’action contemporaneo i cui elementi, presi singolarmente, non hanno mai fatto nulla di male a nessuno. Donne di menare? Yes please. Neon come se piovesse? Alla grande! Ma insieme… Beh, diciamo che, come il nazismo, l’oroscopo e la frenologia, la storia non li ricorderà con gentilezza. Riuscirà Furies a correggere la pessima traiettoria descritta da Gunpowder Milkshake, Kate, The Protégé e Jolt? C’è un solo modo per scoprirlo, ed è continuare a leggere dopo la sigla!
Se vi ricordate Furie, il film del 2019 con Veronica Ngo che menava mezzo Vietnam per salvare la figlia rapita dai trafficanti d’organi, siete già un passo avanti a me, perché io Furie non l’ho mai visto. Mi fido però del Toshirone nazionale quando scrive che “è un film” e proseguo sprezzante parlandovi del suo prequel, che si intitola “Furies” ed è su Netflix da qualche mese anche se nessuno se n’è accorto perché, diciamolo, che titolo del cazzo.
(Ok ok, questi sono solo i titoli internazionali, in originale i film si chiamano Hai Phượng quello del 2019 e Thanh Sói – Cúc dại trong đêm quello di cui parliamo adesso, ma che ce ne facciamo? Voi lo sapete il vietnamita? Sapete fare tutti quei simbolini strani sopra le lettere? Io ho imparato a fare la e accentata maiuscola l’anno scorso e ogni tanto devo ancora andare a controllare il post-it su cui mi sono segnato la combinazione)
Ambientato negli anni 90, Furies segue la storia di Bi, una bambina che se dovessi descrivere in due parole probabilmente direi “non fortunatissima”: nello stesso giorno viene violentata da un cliente della madre (che ovviamente fa la prostituta), poi la madre viene ammazzata davanti ai suoi occhi e la baracca dove vivevano di stenti data alle fiamme. Finisce quindi sotto i ponti nella periferia di Saigon, dove sopravvive mendicando e rubacchiando, col rischio costante di essere ammazzata di botte o, di nuovo, violentata, dalla piccola criminalità che popola i bassifondi della città. (Non pensavo che lo avrei mai scritto ma… trigger warning? La violenza sessuale sui minori è un elemento della trama abbastanza ricorrente, niente di grafico per carità, ma accade e se ne parla con una leggerezza e una disinvoltura che sinceramente mi hanno spiazzato – e insomma, viviamo in anni in cui se ‘sta roba dà fastidio è buona educazione avvisare). Tuttavia, la sorte di Bi sembra finalmente cambiare per il meglio quando una sera viene salvata da Miss Jacqueline, uno di quei personaggi così carismatici che quando entrano in scena compare una didascalia col loro nome.
Miss Jaquelin, interpretata dalla sempre eccellente Veronica Ngo, ha messo in piedi questa operazione in cui raccoglie orfane dalla strada e le addestra con un approccio pedagogico fortemente ispirato a Tana delle Tigri, affinché possano crescere sane e forti e ripulire le strade di Saigon dalla feccia che la infesta, i criminali, gli stupratori, i papponi e gli spacciatori.
Tra un training montage e uno stacchetto musicale in cui si provano tanti outfit diversi, Bi forma un sodalizio personale e artistico con altre due orfane, “la dura” Thanh e “la sgallettata” Hong, e insieme, guidate da Miss J, dichiarano guerra al tatuatissimo boss della zona e ai suoi pericolosissimi sgherri metrosessuali.
Se vi state chiedendo in che modo Furies sia il prequel di Furie, sappiate che Thanh (la dura) si chiama come la cattiva finale del primo film… Cosa potrà mai significare? Tirando a indovinare, direi che questa è la sua origin story, ma non è così semplice (neanche così complicato, eh) (ma nel caso vi tenesse svegli la notte: no, non serve aver visto il primo per capire questo, sono qui, vivo e vegeto, per dimostrarlo). Non fosse per un paio di twist che possiamo anche non anticipare, la trama di Furies sarebbe uno dei canovacci più piatti e prevedibili mai esistiti, un picchiaduro a scorrimento in cui le protagoniste non devono fare altro che procedere in linea retta eliminando uno a uno tutti gli avversari che le si parano davanti con occasionali pause per curarsi, salvare e cambiare costume. La qual cosa non è particolarmente entusiasmante ma neanche malvagissima, se fatta con mano ferma e voglia di far casino.
Veronica Ngo (vero nome Ngo Thanh Van, ve lo dico perché nei titoli di coda viene creditata a volte con un nome e a volte con l’altro!) era la protagonista del primo Furie ma qui, oltre a interpretare un personaggio completamente differente, è anche regista. Parallelamente a una carriera da attrice che dura da quasi 20 anni, e quasi sempre in ruoli d’azione (di recente l’abbiamo vista in The Princess, che era dello stesso regista di Furie, The Old Guard, Bright e Gli ultimi Jedi), Ngo ha iniziato a mettersi anche dietro la macchina da presa e sapete cosa? Ci sa fare! Da Furie (e The Princess), si è portata dietro il coordinatore degli stunt, il francese Kefi Abrikh, e insieme hanno messo su una serie di scenette non male, kitch, chiassose e violente come piacciono a noi. Su tutte, spicca un inseguimento in moto in piano sequenza che inizia omaggiando quello di The Villainess e finisce completamente in caciara, tra esplosioni e salti impossibili che fanno dubitare della forza di gravità o dell’idea di spazio tridimensionale. Chiaro, il piano sequenza è finto come una banconota da sette euro e c’è tanta di quella CGI che a un certo punto non cercano neanche più di nasconderla, ma dopo averci riflettuto a lungo ho deciso che questo è un problema vostro, non mio.
È altrove, se chiedete a me, che casca il proverbiale asino. Un altrove tutto blu, rosso e verde fatto di insegne luminose, sirene, lampioni, lampadine, led, candeline di compleanno tutte rigorosamente al neon. Gente che ha visto due action in tutta la vita ovviamente ha detto “come John Wick”, ma no, amici: rispetto a Furies, John Wick è un film neorealista. È un inno al minimalismo e alla moderazione. In Furies c’è così tanto neon che quando è uscito, Nicolas Winding Refn ha avuto un mancamento – e senza neanche vederlo, ha proprio sentito una perturbazione nella Forza. C’è così tanto neon che Neon Genesis Evangelion ha dovuto cambiare nome in Luce Naturale Genesis Evangelion. C’è così tanto neon che, ve lo giuro, ho interrotto a metà la visione per guardare un pezzo di Eurovision Song Contest perché avevo bisogno di riposare gli occhi con qualcosa di sobrio. Ho sempre sostenuto che è meglio fare scelte estetiche audaci che non farne affatto, ma Cristo santo.
Rispetto a certe cacate fumanti citate in apertura, Furies non si nasconde dietro un dito, non cerca di riempire la mancanza di sostanza con una trovata fichetta e alla moda, un filtro Instagram spacciato per “visione artistica”: poteva serenamente funzionare con una messa in scena tradizionale, con una fotografia normale, perché i suoi punti di forza sono altri. No, quella dei neon è proprio una cosa che Ngo si è detta “dai che con questo svoltiamo”. Convinta, forse, che sarebbe stato l’elemento che avrebbe fatto risaltare il film, l’ha condannato a perdersi in un filone già troppo affollato e che invecchierà malissimo tra pochissimo. Fortuna che ci siamo noi, a darvi le coordinate giuste.
Streaming-quote:
“Bello, ma non ci vedrei”
Quantum Tarantino, i400calci.com
a me Kate non era dispiaciuto..almeno la protagonista era gnagna ma con una certa fisicità da donna americana in un mondo di nani orientali…gli altri oggettivamente inguardabili (a parte Maggie Q, lei si può guardare sempre)
Uno qualsiasi di quei “nani orientali” ti apre un secondo buco del culo, amico…
no ma va? quindi anche l’attrice del film è una vera killer addestrata da woody? pazzesco
bah comunque google dice che mary elizabeth winstead è alta 1 metro e 70, non per fare la punta al cazzo ma sta cosa degli americani che svettano di tre spanne sopra i giapponesi va un po’ rivista
Dai, sto scherzando! XD!!!
E poi, un secondo buco del culo può tornare utile…
è alta rispetto a una donna giappo e agli uomini del cast di menare…la cosa richiede meno sospensione dell’incredulità rispetto al numero dei neon presenti
È
alt+0200
A Valverde la grammatica è importante quasi quanto i calci in fazza.
Nanni ci ha insegnato di ricorrere alla scrittura solo quando non riusciamo a risolvere una cosa con la violenza
Interessante. Conto di recuperarlo assieme agli altri del filone
Anche io sono nella tua stessa situazione con la “E” accentata , ma vedo che sei più furbo di me: io il post-it neanche c’è l’ho 😆😇
Porca troia mi sono reso conto solo ora che mi sono visto tutti i film con donne di menare pieni di neon che hai citato. Vabbe’, aggiungiamo questo e ricordatevi di fare sempre una mappatura dei vostri neon.
Complimenti viventi per la streaming-quote.
Quantum so.pra.ffi.no.
A “luce naturale genesis evangelion” ho riso fortissimo e fatto chiazzetta di piscio. Grazie.
La recensione mi fa venire in mente un altro film asiatico, Rebels of the Neon God, Taiwan…mi farebbe piacere sapere che sono il solo ad averlo visto, ma mi rendo conto che è quasi meno calciabile di un film con Margherita Buy
A me è piaciuto
so che esiste, so di averlo cercato, non ricordo minimamente di cosa parli ma so che ho letto la trama e ho detto ok non è per me
Kate e’ cazzuto e la Winstead e’ la Madonna.
leggere questo capolavoro di verve recensiva e masterclass di sfottò dopo aver visto Neòn non ha prezzo. grazie. mi è un po’ passata la caldana di recuperare il primo però, se è sempre fatto con l’intenzione di raschiarti le cornee provando a inventare colori mai visti.