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Amarcord punk hardcore: la rece di Freaky Tales

Terrence Maverick
di Terrence Maverick | 29/05/202516

È sempre interessante vedere che succede quando un autore – o in questo caso una coppia di autori – passa dal circuito medio/indipendente al blockbusterone che deve fatturare come il PIL del Burmini. Se prendete uno come Rian Johnson probabilmente vi dirà che è stato bellissimo far incazzare il fandom di Star Wars con Gli ultimi Jedi ma ora lasciatelo giocare con Knives Out, che è una roba tutta sua e nessuno può dirgli nulla (a me il primo era pure piaciuto parecchio). Uno come James Gunn quasi sicuramente vi dirà che dipende dalla major, c’è chi all’inizio ti dà fiducia per poi trattarti non proprio benissimo fino a farti venire un giramento di coglioni tale che non vedi l’ora di sparare l’ultima cartuccia piena di rancore e andartene, che da un’altra parte ti hanno promesso pieni poteri e la possibilità di rimettere in piedi un cine-universo alla deriva. Infine uno come Jon Favreau potrebbe dirvi: «Guarda, questo era l’appartamento dove vivevo quando facevo robe tipo Zathura, questa invece è la mega villa con piscina, luna park, black jack e squillo di lusso dove sto adesso grazie ad Iron Man, Mandalorian e i remake in live action dei classici Disney».

Jon Favreau in una delle sue attività ricreative preferite

Non so bene dove collocare Anna Boden e Ryan Fleck, in giro non ho trovato interviste in cui si lamentano di eventuali pressioni subite durante la realizzazione di Captain Marvel e almeno sui social sembrano aver preso molto sportivamente l’annuncio che il suo sequel, The Marvels, lo avrebbe diretto Nia DaCosta. Quello che so è che questi due vengono da film mooolto più piccoli, dramedy da festival come Half Nelson o It’s Kind of a Funny Story, roba che con i pigiami, le botte e le esplosioni c’entra pochissimo. Ma ora che in quella dimensione ci sono tornati con questo Freaky Tales, sembra che Boden e Fleck abbiano contaminato il loro modo di raccontare storie piccole, dallo sguardo molto indie, con il cinema supereroistico e che quindi lo stage presso la Kevin Feige Industries si sia rivelato utile. L’approccio è diverso, più ricco, c’è molta più locura in quello che fanno e chissà che in futuro – ma dovranno affilare la lama di parecchio – questa non possa diventare una loro efficace cifra stilistica.

Se Captain Marvel è un film talmente impressionante che l’ho dimenticato 10 minuti dopo averlo visto, questo Freaky Tales non è niente di incredibile ma al confronto pare Orson Welles. È semplicemente un buon film, senz’altro con i suoi difetti, ma fatto come si deve. Stando alle parole di Boden, Fleck ha lavorato al soggetto per 15 anni perché i quattro segmenti tutti collegati tra loro che compongono il film sono i ricordi della Oakland in cui Fleck è cresciuto (Boden invece è del Massachusetts) trasformati in fantasie d’avventura escapiste. Grazie ad esse i due autori hanno potuto creare leggende metropolitane su personaggi realmente esistiti, mescolare realtà e finzione in un amarcord anarcoide e colorato, e soprattutto – e questo si vede tanto – divertirsi come mai alla Marvel ti verrebbe concesso.

SIGLA!

Come detto le storie raccontate sono quattro, si svolgono tutte nello stesso lasso di tempo e il loro apice accade simultaneamente, proprio quando il cielo è attraversato da lampi color verde elettrico, che fa molto Twilight Zone se consideriamo che è tramite quell’elettricità aliena che quella notte a Oakland accadono cose fuori dall’ordinario. In Freaky Tales vedrete punk che prendono a mazzate skin-head neonazisti, rap battle in cui ragazze sfidano il rapper misogino di turno, criminali a un giorno dalla pensione che devono fare i conti col passato e giocatori di basket con superpoteri. Giusto per farvi un’idea generale.

Il primo capitolo, Strength in Numbers: The Gilman Strikes Back, è il mio preferito. Che ci posso fare: mi ricorda troppo i miei 16 anni, i concerti punk, i centri sociali, le borchie. Solo che qui siamo nel 1987 (che è tra l’altro l’anno di nascita del vostro affezionatissimo) non negli anni Duemila, ci troviamo a Berkeley non tra la Romagna e le Marche e quello che vediamo non è un centro sociale ma un alternative music club. Ma non uno qualsiasi, quello è il leggendario 924 Gilman Street, lì dentro ci hanno suonato tutti gli alfieri del punk hardcore californiano, parliamo di un posto che ha visto nascere Green Day, The Offspring, Operation Ivy (presenti nel film, interpretati dagli Aphids!), Rancid e NOFX. Il tempio di quel tipo di punk rock che sarebbe poi esploso nei Novanta (con tanto si successo commerciale assolutamente malvisto dai duri&puri™), un rifugio per tutti coloro che volevano ascoltare qualcosa di diverso, nuovo, energico, qualcosa che difficilmente avrebbero trovato altrove, e che al tempo stesso abbracciavano i principi fondativi del locale: un grosso NO al razzismo, al sessismo, all’omofobia e alla violenza. Ma cosa fai quando un gruppo di skin-head neonazisti viene ripetutamente a rompere i coglioni, rovinando la serata a tutti? Beh, è lì che capisci che la violenza ogni tanto ci può stare, immagino.

Gran colpo di classe quel sangue che esce dal frame

Arriva un po’ out of nowhere questa violenza molto – concedetemi il termine tra mille virgolette – “fumettosa”, piena di baloon, scritte, onomatopee, che non è male ma a dirla tutta fa un po’ l’effetto Scott Pilgrim dei poveri. Forse se questa scelta stilistica fosse stata più presente per tutto l’episodio (e magari anche per tutto il film) non risulterebbe così posticcia, ma al di là di questo il sangue c’è e si gode parecchio nel vedere queste teste di cazzo rasate prenderle di santa ragione. Boden e Fleck glorificano i loro amati punk al punto che non solo vincono* ma c’è pure una love story che nasce proprio dall’aver combattuto fianco a fianco per difendere principi sacrosanti, mentre in sottofondo c’è Rise Above dei Black Flag (suonata dai Gulch) e un nazi prende fuoco. Dite quello che vi pare, ma a 16 anni questo sarebbe stato uno dei miei film preferiti.

C’è anche lui, per un breve cameo. Ci ho messo un po’ a riconoscerlo ma quella voce mi ha accompagnato per tutta l’adolescenza, mi è inconfondibile

Il secondo capitolo, Don’t Fight the Feeling, è la storia di un duo hip-hop di nome Danger Zone formato da due ragazze, Barbie e Entice, che devono partecipare ad una rap battle contro Too $hort, pioniere dell’hip-hop californiano anni Ottanta, qui interpretato da DeMario Symba Driver. Ora, io non conosco Too $hort ma se abbracci un film dove la tua versione fittizia fa la figura del rapper sessista che viene messo al suo posto da due donne, al punto che di quel film non solo fai la voce narrante, non solo ti ritagli un piccolo cameo proprio in questo capitolo, ma addirittura ne sei il produttore esecutivo, oh, mi stai automaticamente simpatico. È un modo molto brillante di ironizzare da adulto sul te stesso da giovane, perché Too $hort è stato uno dei primi a spingere la figura del “pimp” (pappone) nella scena hip-hop. Ma curiosità a parte, questo è il capitolo di Freaky Tales più spettacolare dal punto di vista performativo perché la rap battle ce la fanno vedere TUTTA ed è una figata! Se ti è piaciuto 8 Mile ma pensi che la trama attorno alle performance di Eminem e soci sia una merda, bravo, vuol dire che ne capisci di cinema. Qui invece anche la trama è coinvolgente e quando Normani e Dominique Thorne iniziano a rappare spaccano il culo a tutti**.

«Vi siete fatte male? No dico, quando siete cadute dal cielo vi siete fatte male? Questa ve la dedico, stelle»

Il terzo capitolo, Born to Mack, si chiama come il quarto album di Too $hort, uscito proprio nel 1987, dove per altro è presente la traccia Freaky Tales che ovviamente non solo dà il titolo al film ma è anche presente in soundtrack. Questo è il capitolo più compatto perché, inutile girarci attorno, è tutto sulle spalle di Pedro Pascal e Tom Hanks, il cui incontro dentro il videonoleggio sembra uscito da un film di Kevin Smith. Qui le citazioni e i riferimenti si sprecano, a cominciare dal fatto che un secondo prima dell’entrata in scena di Hanks, in macchina Pascal stava parlando di Casa, dolce casa?, uscito nel 1986 e con protagonista proprio Hanks. Parlano dei cinque migliori film sugli underdog (ovviamente viene citato subito Rocky), sottolineando per bene col pennarellone il tema di tutto Freaky Tales (a un certo punto Hanks riassume la trama di Quella sporca dozzina come «underdog in missione suicida contro i nazisti» wink wink, gomitino gomitino) e chiudono con Hanks che lascia in sospeso sia Pascal che noi su quale sia il primo della sua top 5, dicendoci solo l’anno di uscita del film e citando una frase da una recensione di Roger Ebert. Se una volta visto Freaky Tales pensate di averlo indovinato tornate qui e scatenatevi nei commenti.

«A proposito di Rocky… ho un libro molto interessante da consigliarti, hai mai sentito parlare dei 400 Calci?»

Che dire? Per me anche solo l’incontro tra Pascal e Hanks vale il prezzo del biglietto. Per il resto succedono cose in questo capitolo che meriterebbero uno spin-off a parte tutto sul personaggio di Pascal, che anche se quella del criminale che vuole cambiare vita ma il passato bussa alla porta è una storia che abbiamo già visto molte altre volte, qui è proprio il carisma, l’intensità di un attore capace a fare la differenza. Hey, mi sono accorto solo ora che questa è l’unica storia di Freaky Tales che non mischia realtà e finzione. Meglio rimediare subito con lui:

Here we go, baby

Il gran finale, The Legend of Sleepy Floyd, una fan-fiction tra le migliori che troverete. Quella notte, la notte degli scontri al Gilman, della rap battle e del destino del criminale, è anche la notte in cui il giocatore di basket Eric “Sleepy” Floyd ha portato i Golden State Warriors alla vittoria dei play-off contro i Los Angeles Lakers, stabilendo un record ancora oggi imbattuto. Qui Boden e Fleck creano una realtà alternativa in cui mentre Floyd sta giocando la partita della vita, dei ladri fanno irruzione in casa sua, feriscono il fratello e la madre e uccidono la sua fidanzata. Le trame si intrecciano, i ladri sono collegati ai neonazisti e Floyd tramite una soffiata raggiunge la loro abitazione. «Mi hanno reso molto più figo di come sono realmente» commenterà divertito il vero Floyd – che fa pure lui un piccolo cameo nel film – riguardo a ciò che accade dopo: una carneficina a colpi di katana, pugnali e arti marziali, che nel crescendo trasforma Floyd (interpretato da Jay Ellis) in Riki-Oh e conclude con una fatality alla Scanners (citato tra l’altro da Hanks nel terzo capitolo). Azione e splatter sono giocati decisamente bene, botte coreografate con cura e precisione, coolness a livelli altissimi. Niente da dire, finale col botto.

«E ora di corsa in lavanderia che il sangue non si leva facilmente dalle giacche di pelle»

A Freaky Tales gli mancava davvero poco per diventare la bombetta da consigliare a tutti. È vero che da queste parti siamo molto esigenti con le scene di combattimento ma credo che i problemi maggiori risiedano altrove. La direzione degli attori ad esempio può e deve essere meglio di così, spesso c’è come un piattume generale che non coinvolge e rende certe situazioni poco credibili. Per dire, se qualcuno di voi ha mai partecipato ad un’assemblea in un centro sociale o in un’associazione culturale saprà che quella mostrata nel primo capitolo è pura fantascienza: nessuno rimane così calmo e pacato in quei contesti, ci si parla sopra, ci si scanna, volano madonne e si offendono mamme pur di avere l’ultima parola.

Inoltre quando Boden e Fleck vogliono creare una gag o una situazione divertente lo fanno in modo davvero goffo e impacciato, come nel dialogo tra i due punk su quante risse hanno fatto o quando Entice entra nel camerino di Too $hort senza bussare e questi è con la lingua tra le cosce di una groupie. Non c’è ritmo, manca di velocità di esecuzione, di esagerazione, di tutto. Lo stile visivo quello c’è, forse è la componente migliore, la più forte durante tutto il film, pure se in mezzo ci stanno cazzatine animate da filmino indie ma gliele perdono (anche se non ho ben capito perché la grana da VHS in formato 4:3 sia stata usata solo per il primo capitolo mentre per gli altri si torna ad un 16:9 pulito). Il punto è un altro: è che non basta solo quello.

Pazzi visionari che non siete altro!

È davvero un peccato perché sulla carta Freaky Tales aveva tutto per essere molto più di un buon film, poteva essere un grande film, una bomba di film. Però a conti fatti, che vi devo dire? Nei suoi momenti migliori mi ha conquistato, trasuda un amore sincero per Oakland e per le sue subculture, è un sentito e variopinto affresco della East Bay di quegli anni, e al suo interno c’è un rabbit hole di roba che senza l’aiuto di questo e di quest’altro pezzo pubblicati su KQED difficilmente sarei riuscito a fare ordine in questo fantastico calderone.

Spero di ritrovare presto Boden e Fleck al timone di progetti come questo, piuttosto che vederli nuovamente intascare un assegno dal signor Feige.
Anche se mi rendo conto che la mega villa con piscina, luna park, black jack e squillo di lusso fa gola un po’ a tutti.

SIGLA DI CHIUSURA!

VHS quote:

«Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a Oakland nel 1987. Gesù, ma chi li ha?»
Scritta sul muro del Gilman

>> IMDb | Trailer

* la storia raccontata nel primo capitolo fa riferimento a fatti realmente accaduti al Gilman, come testimoniato nel documentario Turn It Around: The Story of East Bay Punk e in questo scatto del fotografo Murray Bowles, dove un gruppo di skinhead neonazisti irrompe nel locale e scatena una rissa durante un concerto:

**i personaggi interpretati da Normani e Thorne erano un duo hip-hop realmente esistito e si chiamavano davvero Danger Zone; il pezzo che fanno insieme a Symba, la rap battle stessa, è infatti la sesta traccia del quinto album di Too $hort, Don’t Fight the Feeling (da qui il titolo del capitolo), in cui il rapper duetta proprio con le Danger Zone. In pratica la battle nel locale è una cover dal vivo di quel pezzo messo in scena come se fosse freestyle improvvisato. Nello scatto qui sotto le vere Danger Zone:

Dove guardare Freaky Tales
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Terrence Maverick
Autore del post: Terrence Maverick
"Visto che non posso buttare giù questo film di merda divertiamoci un po’!"
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16 Commenti

  1. Assegno Marvel postdatato 29/05/2025 | 08:11

    Tutta la notte..
    Lasagne precotte !

    Rispondi
  2. Giocher 29/05/2025 | 09:51

    Mo soccia se me l’hai passato come un ciccioso ciciùleo.

    Rispondi
  3. Mereghettitumifaimpazzire 29/05/2025 | 09:55

    Beh anche cap Marvel sembrava una cosa fatta con due soldi…e una delle cose pigiamose più soporifere mai incontrate…daremo loro una chance se e quando si potrà.

    Rispondi
  4. Landis Buzzanca 29/05/2025 | 10:23

    Amhardcore?

    Rispondi
    • radiocarlonia 29/05/2025 | 10:37

      hai vinto. tutto.

  5. Jean-Luc Gottardo 29/05/2025 | 11:38

    Comunque Amarcord è anche un marchio di birre😝

    Rispondi
  6. Sir 29/05/2025 | 12:53

    Comunque io non lavorerei mai per la Marvel perché non mi servono né la villa con piscina, né il luna park, né il black jack.

    Rispondi
  7. Sisqo 29/05/2025 | 14:16

    Solo per dire che il miglior film sugli underdog citato da Tom Hanks è Breaking Away, per i titolisti italiani All American Boys..
    In effetti in questo film ci sono troppe chicchette per non amarlo nonostante gli evidenti difetti

    Rispondi
    • Terrence Maverick 29/05/2025 | 21:07

      Grandissimo Sisqo
      https://www.rogerebert.com/reviews/breaking-away-1979

  8. Ubik 29/05/2025 | 15:53

    Ultimamente il prezzemolo è come Pedro Pascal.

    Rispondi
    • Toki 29/05/2025 | 16:01

      Ecco io non capisco il successo di Pedro Pascal.
      Quando ha fatto il cattivo in quel film demmerda con Wonder Woman era inguardabile.
      In Mandalorian parla e basta e pure poco.
      In The Last of Us è giusto passabile ( mentre la ragazzina è una bomba).
      Poi ho capito: è immanicato perchè e WOKE

    • GGJJ 30/05/2025 | 09:02

      Immagino tu non abbia visto “Narcos”.

    • Capitan Ovvio 05/06/2025 | 13:18

      O Game of Thrones, che in tre scene da Oberyn si mangia tutta la stagione

  9. tommaso 30/05/2025 | 09:22

    Ma ‘sto ritorno dell’indie-pulp anni 90 (indipendentemente dall’albientazione 80s di questo) come ce lo spieghiamo?

    Rispondi
  10. Ga 31/05/2025 | 10:46

    Appena recuperato, apro in un punto a caso per vedere se è tutto a posto (qualità video, sottotitoli ecc) e apro ESATTAMENTE la scena in Gillman Street con gli Operation Ivy. Gente in fila, parte il sax di “Bad Town” in zero secondi sono nella culla della civiltà a cui appartengo (punk anni ’90) che a parte i video scrausi di Youtube non avevo mai avuto modo di vivere. Risultato: occhi lucidi e groppo in gola.
    Ok, forse scena un po’ pulitina….nei posti così c’è sempre uno strato di schifo sul pavimento, sul soffitto, sui corpi, sul palco, sugli strumenti…però molto emozionante. Pomeriggio mi guardo anche il resto del film.

    Rispondi
  11. Capitan Ovvio 05/06/2025 | 13:06

    Dalla locandina sembra ambientato nell’universo di The night begins to shine dei Teen Titans

    Rispondi

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