In occasione del suo 40esimo anniversario, vi abbiamo raccontato del seminale Superman di Richard Donner e dei suoi tre sequel, incluso lo spin-off Supergirl. Poi vi abbiamo raccontato com’è proseguito il rapporto tra il cinema e i fumetti dopo quel rivoluzionario successo fino a ricongiungerci con gli ultimi film usciti prima che nascesse la nostra gloriosa rivista. Infine, imbrogliando un pochino sull’ordine cronologico, abbiamo deciso di chiudere il cerchio con il film che quasi vent’anni dopo riprendeva l’opera di Donner per donargli un’inaspettata conclusione. A voi l’ultimo numero della nostra rubrica #EroiDiCarta:
Ma voi ve lo ricordate il 2006?
Io inizio a far fatica.
Ad esempio: a un certo punto sulla scrivania di Perry White compaiono dei cd-rom, proprio quelli di una volta che dietro erano blu, e fin qui ok, ci sta.
Ma poi una scena chiave viene risolta da Lois Lane che manda un fax.
Nel 2006 potevi ancora risolvere una scena chiave con un fax?
Io ormai guardo le scene in cui qualcuno manda un fax come le scene in cui qualcuno va all’ufficio postale a dettare un telegramma e dice “stop” dopo ogni frase.
Eppure evidentemente nei blockbuster hollywoodiani del 2006 esistevano ancora, come se fossero un paesino di provincia italiano qualunque.
Incredibile.
Sigla d’epoca:
Si riesce a girare e distribuire Superman Returns soltanto nel 2006, ma in realtà ci si stava provando almeno da metà anni ’90.
La sola storia di come si arriva a questa versione meriterebbe almeno tre o quattro pezzi separati: c’è stato lo script tradizionale e leggero di Kevin Smith, quello folle di Tim Burton con Nicolas Cage, quello ancora più folle e selvaggiamente revisionario di J.J. Abrams, e mi fermo qui così gli altri li potete citare voi nei commenti dicendo che me li sono “dimenticati”.
Alla fine Hollywood insiste con la sua carta preferita, la carta “diamolo a quello lì, sì, a quello lì che ha già fatto una cosa che ci assomiglia e ci ha guadagnato dei soldi”, e gli va grassa: Bryan Singer, già regista della saga degli X-Men, è interessato.
Il piccolo intoppo sarebbe che Singer era appunto in procinto di girare X-Men 3, dedicato all’attesa storia di Jean Grey che diventa Phoenix, ma è lui il primo a decidere di tradire il franchise che egli stesso aveva lanciato per dedicarsi al padre di tutti i supereroi.
Questo fa scattare una serie di buffe reazioni a catena e coincidenze: il terzo X-Men finisce in mano a Matthew Vaughn, che all’ultimo rinuncia e viene rimpiazzato da Brett Ratner; Brett Ratner, insieme a McG, era uno dei registi in corsa per dirigere la versione di Superman scritta da J.J. Abrams; Matthew Vaughn finirà per dirigere X-Men: First Class cinque anni dopo; fra gli attori in corsa per interpretare il Superman di Brett Ratner c’era il giovane Henry Cavill, che arrivò fino alla prova costume; J.J. Abrams sta in questo momento preparando un nuovo Superman, che in tutta probabilità non sarà Henry Cavill. Aggiungeteci che a Singer bastarono tre anni per pentirsi pubblicamente della sua scelta, e capirete anche voi che in tutta probabilità non siamo nella timeline migliore possibile.
Dopo oltre dieci anni passati a cercare l’idea migliore per ripresentare Superman al grande pubblico, lo spunto della nuova riscrittura ordinata da Bryan Singer è semplice quanto mortificante: riprendere le cose da dove le aveva lasciate Richard Donner, e girare un sequel di Superman II.
Sembra ovvio, no?
Oggi è quello che fanno tutti: un reboot camuffato da sequel per non infastidire troppo gli affezionati alla vecchia versione.
Una storia che ricomincia, per attirare un pubblico nuovo, mentre contemporaneamente si succhia il cazzo a quello vecchio mostrando reverenza, citando i momenti preferiti, ripescando qualche vecchio attore. Star Wars: Il risveglio della forza, Jurassic World, Halloween, Terminator: Dark Fate, l’imminente Ghostbusters: Afterlife.
Il problema è che all’epoca era il 2006: questo approccio era nuovo e l’unica sensazione che dava era la necrofilia.
Va anche detto però che Singer non lo stava eseguendo correttamente: il trucco funziona quando puoi ambientare la storia 20/30 anni dopo e incentrarla su nuovi personaggi mentre i vecchi sono interpretati dagli stessi attori dell’originale; Singer aveva ambientato la storia dopo circa cinque anni e aveva di conseguenza rimpiazzato tutti. Tutti tranne – ironia gigantesca, se si pensa al casino che fece a suo tempo quando scoprì che le sue scene girate per Superman sarebbero state usate anche in Superman II – Marlon Brando.
Fa davvero strano riguardare Superman Returns oggi, quando questo tipo di operazione è diventata prassi.
Fa strano rileggere alcune recensioni dell’epoca, nello stesso modo in cui sarà strano rileggere la mia recensione dello Snyder Cut fra 15 anni quando guardare un film in streaming sarà come ordinare un burger e si dovrà specificare quale regista vuoi, quale durata, quale colonna sonora e quale color palette, e se vorrete potrete guardarvi Il cavaliere oscuro di Nolan ma con la skin del costume coi bat-capezzoli di George Clooney, e rideranno dietro al pirla che si compra una copia fisica al day one senza aspettare la patch.
In piena autonomia, Bryan Singer aveva deciso che voleva fare un film in cui per almeno metà si sarebbe comportato come se fosse un manovalante agli ordini dello showrunner immaginario Richard Donner, riprendendo Brandon Routh come se se stessimo guardando un deep fake di Christopher Reeve – cosa che probabilmente avrebbe fatto di corsa se la tecnologia gliel’avesse permesso, e invece nel 2006 eravamo ancora fermi a quel livello di CGI che trasforma tutto in un cartoon di Wallace & Gromit non appena Superman stacca i piedi da terra.
Lo fa comunque con strano tatto, consapevole che non si poteva essere troppo plateali o il pubblico nuovo non avrebbe seguito: i personaggi sono gli stessi ma non si fa riferimento a nessun evento in particolare dei film precedenti, richiamati unicamente nello stile, in qualche gag o easter egg sparso e nel forzare il povero John Ottman a nascondersi dietro al tema leggendario di John Williams.
Di più: si pone come specie di sequel di un film che in realtà non abbiamo visto, un capitolo in cui la relazione fra Lois e Superman era continuata e che finiva con Superman che silenziosamente abbandonava tutto e tutti per andare nello spazio a visitare i resti di Krypton.
È un grosso esercizio, in larga parte, che fa doppiamente specie nel momento in cui ci si ricorda che nessuno era costretto a farlo.
Funziona finché si chiede a Kevin Spacey e Parker Posey di rifare rispettivamente il Luthor di Gene Hackman e la Miss Tessmacher di Valerie Perrine: al primo viene naturale come fare se stesso, la seconda è quasi meglio dell’originale (manca Otis perché, se ricordate, in Superman II era rimasto in galera).
Funziona meno quando Superman torna dal suo viaggio con una fazza che non abbiamo mai visto – quella del povero spaesato sconosciuto Brandon Routh – a cui ci viene chiesto di affezionarci all’istante.
Funziona ancora meno in Kate Bosworth che non ha un terzo del carisma travolgente di Margot Kidder, e persino in Perry White che è dato in mano a un attorone come Frank Langella senza che possa farne gran ché.
E poi quando appare James Mardsen nel ruolo nuovo di figlio di Perry White e moroso di Lois, il perfetto ragazzone americano senza manco la decenza di essere stronzo, praticamente un Superman senza poteri che sta lì a dimostrare quanto Lois cercasse un surrogato e fosse una viziata incontentabile, vorresti ribaltare la scrivania.
La “mano autoriale” di Singer sta qui: nel dilungarsi in una metafora cristologica che sembra raffinata soltanto se paragonata al Superman di Snyder, e nel mettere al centro la frustrante storia d’amore tra Lois e Nostro Signore Kal-El il Kryptoniano. La tragedia dell’amore che non si poteva consumare (o sì?), mentre Metropolis deve affrontare il Salvatore che viene, va, torna, muore per i suoi peccati, resuscita, lascia che le sue storie vengano tramandate dal Vangelo secondo Siegel e Shuster in comodi fascicoli illustrati.
È vero quello che si dice: Superman Returns parte divertente e diventa via via sempre più malinconico (con punte creepy di super-stalkeraggio), rallentando il ritmo fino a comportarsi come il finale epico di una trilogia semi-immaginaria e sostanzialmente chiudersi in un vicolo cieco mentre il pubblico inizia a sbadigliare. Altro che reboot.
La seconda parte prende una lunga rincorsa durante la quale diventa inspiegabilmente importante il figlio cinquenne di Lois, per poi svelare che il piano malvagio di Lex Luthor è curiosamente, in anticipo, lo stesso del Generale Zod in Man of Steel, ovvero ricreare Krypton sulla Terra (ma in puro stile Luthor, lo scopo è la speculazione edilizia). Poca azione, lo stesso avversario dei film precedenti: qualcuno inizia a sbadigliare e non ha tutti i torti.
Però, che piaccia o meno, Singer ha mestiere da vendere e – lo dimostrerà ancora nel proseguimento della sua carriera –sa nobilitare anche le storie più insulse componendo immagini e sequenze con un’eleganza che hanno in pochi.
Quando decolla, il film fa il suo dovere: levando la CGI datata, la scena in cui salva l’aereo è ancora oggi impeccabile, così come lo sono diverse intuizioni visive puntualmente esaltate dall’immortale tema di John Williams.
Superman non combatte nessuno, per cui lo si mette alla prova con cose sempre più grosse da sollevare, che è una scelta dall’ovvia funzione metaforica ma anche a suo modo una sfida interessante che non sempre paga ma porta a momenti notevoli. E persino quando si decide di rifare il volo romantico di Superman e Lois si rischiava la pacchianeria in qualsiasi istante e invece funziona. Spesso, in generale, si ha l’impressione che bastava avere sotto una storia più interessante e la voglia di ricominciare davvero e avremmo avuto un ottimo film.
Superman Returns, a voler essere buoni e guardarla con gli occhi di chi è cresciuto con i film con Christopher Reeve ed è rimasto perplesso col terzo e depresso dal quarto, è purtroppo l’idea giusta al momento sbagliato, quando è troppo tardi per rimediare e ci si era ormai rassegnati a voltare pagina.
Ti costringe a fare confronti diretti, che è sempre la tattica peggiore quando non puoi letteralmente riavere gli stessi elementi dell’originale, e ti chiede di fingere di essere capitato in una specie di 1987 alternativo (il che in effetti potrebbe spiegare il fax).
Il mestiere di Singer rimedia fino a un certo punto, poi il fan boy che è in lui esce e vanifica tutto con un eccesso di autoindulgenza romantica.
Il film incassa globalmente quasi 400 milioni, ma per motivi che non si vedono a schermo il budget si era gonfiato a 270 milioni, per cui nessuno è particolarmente contento.
Brandon Routh e Sam Huntington, che interpreta Jimmy Olsen, finiranno a fare coppia anche nel famigerato film su Dylan Dog: Routh si riscatterà con la sua particina in Scott Pilgrim e poi interpreterà Atom nei serial tv dell’universo DC (e di nuovo Superman in Crisis).
Bryan Singer tornerà per assurdo a dirigere gli X-Men e di nuovo se ne andrà prima di concludere la trilogia e raccontare la storia di Jean Grey che diventa Phoenix: lui e l’amicone Kevin Spacey infine verranno entrambi banditi, imprigionati in uno specchio rotante e lanciati nello spazio.
Kate Bosworth è più o meno sparita.
James Mardsen, quindici anni dopo, fa ancora il 30enne.
CD-ROM quote:
“Il fan service che nemmeno i fans avevano chiesto”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
Niente… giuro che di questo film non ne conoscevo l’esistenza.
Non “l’ho dimenticato”…
Non ne conoscevo l’esistenza.
Il che qualcosa vuole dire.
Per cui butto lì un commento completamente a caso… Ma a livello di “Phisique du Role”, non facevano meglio ad invertire Mardsen con Routh?
(tutte due scelte orrende, eh… ma uno ha più “mascella” e la mascella fa metà di Superman)
Sicuro che con la storia della mascella non ti confondi con Batman?
@Nanni:
Dipende dal disegnatore, nel corso dei decenni si sono sbizarriti con la mascella di Superman, in alcuni casi con risultati quasi ridicoli (https://www.npr.org/2011/12/01/142935250/truth-jawlines-and-the-american-way-the-changing-face-of-superman)
@Nanni.
Mi è bastata una ricerca Google Immagini con chiave “Superman: Jerry Siegel” per confermare che, no, non mi confondo.
“Sti americani disegnano i personaggi tutti uguali!” (semicit.)
Gran pezzo (e gran sigla). I Superman di Reeves (sì, pure il terzo, perché ero abbastanza piccolo da farmelo andar bene) mi hanno fatto scoprire i supereroi e tutto un mondo che mi si sarebbe dispiegato a breve inizialmente su carta, quindi a questo strano tentativo di recupero archeologico non son riuscito a volere del tutto male, pregi, difetti e fascino sono già spiegati benissimo nella rece. Se non sbaglio fra i suoi estimatori c’è pure Tarantino.
“Se non sbaglio fra i suoi estimatori c’è pure Tarantino” è una frase che si potrebbe buttare lì in qualsiasi contesto e avere un buon 70% di probabilità di indovinare…
Ahahah in effetti…
Mi ricordo due cose di sto film:
Superman che snocciola statistiche sulla sicurezza dei viaggi aerei dopo il salvataggio aereo, Spacey che fa una marea di faccette a caso divertendosi un botto.
Il resto è nebbia, non credo sia un buon segno, ma è un problema che pare ho in generale con Singer: ricordo che ha fatto dei bei film ma non ricordo nulla dei suoi film, se non frammenti a caso tipo Tom Cruise versione Harlock nazista
Gran pezzo. Grazie Nanni <3
E' un film che amo odiare, perché ogni volta che sento qualcuno frignare sulle differenze tra la visione di Donner e quella di Snyder in Man Of Steel (film che ha ben altri problemi rispetto alla presunta mancanza di aderenza al proprio canone personale), ho sempre la risposta pronta: vuoi la ripresa di Donner? Ti senti tanto defraudato da un'interpretazione diversa del personaggio?
Tieniti Superman Returns e ringrazialo.
E' quella stessa nostalgia necrofila verso Donner che ha portato al film di Singer.
E che di rimbalzo ha creato lo Snyderverse.
Superman al cinema per colpa dei suoi tradizionalisti (ma anche del fallimento cinematografico di mantenerlo rilevante negli anni '80) non si è mai potuto evolvere, dopo il fallimento di Superman Returns l'unico modo possibile era dare un colpo di spugna violentissimo sfruttando il successo del Cavaliere Oscuro di Nolan.
Giusto o sbagliato che fosse per il personaggio (non è il punto della discussione) era un passaggio obbligato, perché nell'immaginario collettivo la ripresa ossessiva e autistica di un'estetica e di una narrazione (datatissime, non per semplici questioni anagrafiche) del 1978 aveva già avuto la sua chance e l'unico modo per scrollarsi di dosso il suo puzzo di vecchio e di fallimento era far finta di niente e ripartire da zero.
I franchise funzionano così.
Con qualche limata il Superman di Abrams avrebbe potuto essere una buona occasione per presentare un personaggio rinnovato ma non snaturato.
Si è scelto Singer e il suo Donner-boner.
Ben vi/ci sta.
Eh come no, questo lo vidi al cinema mentre ero in vacanza estiva…ero tutto contento, esaltato…ne uscii perplesso, molto perplesso. Forse lo sono ancora oggi. La storia, come dice Nanni, proprio non decolla quasi mai. Peccato. Anche se la scena veramente cristologica nello spazio ancora me la ricordo.
p.s. ho riso veramente molto al destino di Spacey e Singer
E qui che dice “Femmine… ci cascano sempre!” dopo aver abbandonato Louis nello spazio?
Vusto al cinema i soldi peggio spesi secondo solo all innarivabile “il cataio” fi argento….
I soldi peggio spesi al cinema babadook la talpa e suspiria del 2018 bob
Io e mia moglie l’abbiamo recentissimamente rivisto in un passaggio tv.
Dice tutto il fatto che io mi ricordavo che l’avevamo gia’ visto, ma non ricordavo assolutamente niente della storia, mentre mia moglie neanche si ricordava di averlo visto, e solo la scena dell’aereo gli ha risvegliato un fumoso “ah, si’ forse mi sembra…”
In effetti sembra il puntatone di una serie tv. Manco il pilot, ma la prima puntata di una stagione di mezzo, che fa ripartire le cose dando pero’ per scontato che i personaggi gia’ li conosciamo.
Niente di spiacevole, ma nulla che abbia davvero senso di esistere.
Irritantissimo che per gli attori maschili siano stati chiaramente presi attori che in qualche modo richiamavano il cast dei film di Donner (chi per somiglianza, chi per carisma), mentre al posto di Margot Kidder/LL non hanno neanche fatto la fatica di cercare un’altra mora, mettendoci una bionda quasi a caso. Soprattutto perche’ la “soluzione” ce l’avevano li’ a portata di mano: Parker Posey sarebbe stata una LL molto piu’ convincente e avrebbe dato tutta un’altra elettricita’ al rapporto con Superman.
Tra la saga degli X-men, Superman Returns, Enchanted (Come d’incanto) e Straw Dogs per 10 anni James Marsden è stato il typecast del povero becco nei blockbuster hollywoodiani.
Stavo bevendo il caffè. Al “povero becco” dalle risate mi sono soffocato e mi sono macchiato i pantaloni col macchiato… ‘Tacci tua!
@Gigos con Westworld arriviamo a sedici.
Ahahahah Gigos ho riso fortissimo, grazie
Aaaaaaah, fino ai commenti avevo letto James Marsters e quindi lo visualizzavo mentalmente col cappottone di pelle, ossigenato e avvezzo a chiamare tutti “love”
Ocio Nanni, ti è scappato un “Superman di Brett Ratner” invece che di “JJ Abrams”:D
Bella rece, io personalmente non l’ho mai visto perché essenzialmente Superman mi ha sempre dato noia, ma mi ha sempre incuriosito questa spaccatura inconciliabile tra i fanz che o lo odiano o lo amano con la postilla obbligatoria “pur con gli evidenti limiti”
È corretto. Lo script era di Abrams, la regia doveva essere di McG o Brett Ratner.
Ricordo che qualche mese prima vidi il trailer in sala prima di qualche altro film. Ammetto che mi fomentò parecchio e andai a vederlo fiducioso appena uscì. C’era Singer, c’era Spacey, c’era Superman che ritornava dopo anni di buio. Cosa poteva andare storto? Superfluo dire che mi fece cagare, vero? Da allora non ho mai voluto più rivederlo per intero.
@Nanni il titolo del pezzo ha riesumato due cadaveri dal Pet Semetary della mia memoria: Brandon Route ed i Bluvertigo.
Sono contento che abbiate pubblicato anche questa: mi era venuto il dubbio che ve lo foste dimenticato…
Peccato essere arrivati alla fine di Eroi di Carta.
Ma non c’è qualche film di supereroi post fondazione del sito che magari vi era sfuggito all’epoca?
Superman 3 batte Returns 15 a 0
solamente con la scena Superman buono versus Superman cattivo.
Vero
Mi ricordo male io o in una scena c’era un collegamento con Batman Begins (tipo l’inseguimento della polizia con la batmobile passato da un tg)? Perché se non mi sbaglio il piano, se questo Superman fosse andato bene, sarebbe stato un team-up tra i due.
Potrei dire una stronzata,ma credo nella redazione, inquadrino un tg della città di gotham city.
Probabilmente vi riferite al momento quando il tg elenca tutte le città dove viene avvistato Superman e a un certo punto viene citata Gotham. Ma è solo un’easter egg che rimanda un universo DC generico. Come quando nei Batman di Schumacher viene citato Superman ma non hanno niente a che fare con la saga dei ’70.
Dubito difficilmente che la Warner abbia potuto costruire un cross-over tra questo Superman e il Batman di Nolan.
Io (non) lo ricordo come francamente dimenticabile: Superman molla la ragazza incinta per farsi i ‘azzi suoi nello spazio (poi dite che non è umano…) e boh? C’è Kevin Spacey fastidiosamente in overacting… Il resto è nulla…
Comunque la capacità degli studios di scegliere attori esteticamente perfetti ma totalmente carismolesi per il ruolo di Superman è imbarazzante…
solo cuori per sufjan
Tolta la scena strappa lacrime in cui Kal-El atterra sul nuovo Krypton non accorgendosi della Kryptonite verde in esso contenuta, viene pestato ed esclama:”Io sono ancora Superman”, il resto del film non vale un granché. Aggiungo che la bassissima definizione barra ombra su tutto il film favorisce la pernichella!