Sono a Boston, c’è BOMBOGENESI che non è un autobot ma una tempesta di neve, le temperature si aggirano sui – 15 centigradi e là fuori ci sono 30 cm di neve. Il mio cane Nebbia mi guarda sconsolato e non ho neanche un videogioco da finire. Questo per dire che nella stesura del pezzo che stai per leggere, forse, e dico forse, mi sono lasciato un po’ prendere la mano. Insomma, ho scritto tanto. Ma, hey, hai da fare?
Strane coincidenze. È da un po’, almeno da quando è arrivato il Covid, che giro attorno a questo film, alla voglia di parlarne, di scriverne. Lo comunico al Boss, il quale però mi fa notare che: “Ok, nonno indie, ma ci sono cose nuove da coprire, altri film da recensire”. Nanni, nella sua infinita saggezza, me ne assegna uno d’ufficio. Il giorno dopo, inaspettatamente, mi manda il seguente telegramma: “Hey – STOP – ho appena visto (Omissis) – STOP. Se preferisci Ebola Syndrome, vai pure – STOP”. Sì, che vi devo dire, il Capo manda ancora i telegrammi…
Una volta avuto il via dal Capo, mi metto alla scrivania a fare quello che faccio sempre quando devo cominciare a scrivere un pezzo per i Calci: cazzeggiare forte su internet col rischio di ritrovarmi quattro ore dopo impantanato in una serie infinita di video in cui Chilly Gonzales spiega per quale motivo Dance Monkey di Tones & I funziona alla grandissima. Ecco, è qui che scatta la coincidenza pazzesca. Mentre ero lì a salvarmi foto di “dinosauri” nella mia apposita cartella XXX_Dinosauri_XXX, ecco spuntare una notizia che colpisce subito la mia attenzione: “È spuntato il primo episodio di una serie ambientata nel vecchio Link”. Wait, what?
Allora, la faccio semplice, forse troppo, ma rischiamo di perdere ancora più tempo di quello che andremo a smarrire. Nel decennio che va dal 1994 al 2004 il Link di Via Fioravanti a Bologna, dietro la stazione, è stato uno dei centri culturali più attivi di tutto il paese. “Non un centro sociale, neanche un centro culturale, nè tantomeno un centro giovanile o post-adolescenziale o pre-senile. Potremmo dire un piano quinquennale […] il tempo di una concessione (comunale, ndr) entro la quale verificare un’ipotesi difficoltosa: riuscire nel complesso gioco della convivenza dei diversi”. Questa è uno stralcio tratto dalla presentazione del progetto fatta nel lontano 1993 e che ho ritrovato seguendo le briciole di link (ops) da un articolo all’altro.
Il Link era il posto figo della Bologna di fine ’90 inizio ’00 per eccellenza: ci si andava per vedere i concerti (cito almeno una doppietta devastante come Neurosis + Breach. Ora che ci penso un altro double bill piuttosto clamoroso fu Cannibal OX + Aesop Rock. O ancora: Amon Tobin, Pansonic, RZA e balotta varia del Wu-Tang Clan, Red Snapper e mille altri), si andava a ballare, c’era il Café des Ignorants che era una libreria slash bar dove si trovavano volumi pazzi, ci si andava anche semplicemente per bere una birra. Insomma, al Link succedevano le cose. Finito quel decennio d’oro le cose sono un po’ cambiate: il Link ha cambiato sede, per andarci ci voleva la macchina, s’è concentrato su una proposta musicale personalmente un po’ distante dai miei gusti, dopo un po’ io sono tornato a Milano. Insomma, end of an era. Ora in Fioravanti 14 c’è tipo una roba del comune e tutto rischiava di scomparire come lacrime sotto la pioggia eccetera eccetera. E invece, da nulla, dagli archivi del regista Lino Greco, spunta questo episodio pilota di un progetto poi mai realizzato. Una testimonianza di quello che era il cinema amatoriale fatto a Bolo Town Baby di quegli anni, con tutte le buone intenzioni e le ingenuità del caso (il mio perfido amico Manu disse: “Il sonno del cinema genera cortometraggi”), ma soprattutto un’inattesa occasione di poter rivedere quelle stanze dove ho passato innumerevoli ore. Soprattutto una, quella del cinema. Anzi, non un cinema normale, ma il mitologico Nuovo Cinema Inferno. E qui ci mettiamo un classico rumore di flashback.
Il giovedì sera i miei amici andavano al Link per limonare. Di giovedì, perché il giovedì – la Notte Vidal – si entrava gratis. Anche io ci andavo di giovedì sera, ma essendo un grande artista non ci andavo certo per limonare. Giammai! Ci andavo per consultare i libri al sopracitato Café des Ignorants (ed erano tutti libri tipo sulle droghe, sui travelers, gente nuda coi capelli lunghi di fronte a Stonehenge) ma soprattutto per godere della programmazione del Nuovo Cinema Inferno. C’era questo tipo, molto più grande di noi, per altro anche ufologo (True Story), che viveva con la madre e organizzava queste visioni di film matti, mattissimi. Scopro adesso, grazie ad amici che con me evitavano saggiamente i limoni per farsi una cultura cinematografica, che il tizio adesso organizza “incontri per disadattati in piazza, in pieno lockdown“. Comunque… All’epoca non c’era la possibilità di scaricare tutto quello che ti passava per l’anticamera del cervello e per vedere certi film dovevi avere: 1) un amico che ce l’aveva in videocassetta, magari registrato a notte fonda grazie a Ghezzi, 2) la tessera di Balboni video, luogo mitologico che si diceva possedesse TUTTO ma che non faceva la tessera ai fuori sede 3) comprare DVD dal mercato estero a prezzi tipo rapina al treno col fazzoletto a coprire il volto.
Ora, io non so come l’ufologo disadattato riuscisse a mettere le sue mani su questi film, fatto sta che al giovedì sera potevi andare al Link a vederti dei film incredibili. Eravamo come dei supereroi: al mattino eravamo in classe al DAMS a studiare i film di Carmine Gallone. Alla sera, col favore delle tenebre, scoprivamo i recessi più assurdi del cinema. Si iniziava sempre a degli orari folli: verso mezzanotte e mezza, l’una, le due, in una salettina minuscola, col soffitto basso, imballata di gente che fumava la qualunque e si scolava lattine di Hollandia calde da mezzo litro, si spegneva la luce, si accendeva un proiettore e partivano i film. Il più delle volte si andava a scatola chiusa: registi e attori mai sentiti, titoli che manco comparivano sul Mereghetti. Qui, tra le altre cose, ho scoperto il cinema orientale. Ho visto i miei primi film di gente come Tsui Hark, Takashi Miike, Hideo Nakata e del mitologico Herman Yau.
Herman Yau è un povero pazzo che nella sua vita ha diretto più di 70 film. Da mezzo artigiano che lavora ai margini dell’industria (ma con degli ottimi ganci, amicizie che gli hanno permesso di avere attori del calibro di Andy Lau, Gillian Chung, Danny Lee e soprattutto il suo BFF Anthony Wong) ha fatto di tutto, ovviamente: commedie, film di arti marziali, polizieschi, horror… Il suo film più famoso rimane The Untold Story (di cui magari parleremo un’altra volta e che prende spunto da questo vero fatto di cronaca), ma quella sera in cartellone al Nuova Cinema Inferno c’era Ebola Syndrome. Ecco, ricordo distintamente che quella sera, una volta che si riaccesero le luci nella saletta piccola e fumosa, ebbi la netta sensazione di aver visto qualcosa di assolutamente incredibile… forse pure troppo. In che senso troppo? Tento di spiegarmi meglio. Con un altro flashback.
È il 1992 e ho 15 anni. Fulminato sulla via del Metal da Killers degli Iron Maiden, il loro secondo album, quello con ancora il mitologico Paul Di Anno alla voce, sono un bravo ragazzo con la riga a destra, vestito per benino che sogna di avere i capelli lunghi e che disegna compulsivamente sanguinolenti loghi di band su ogni superficie disponibile. Metallica, Megadeath, Testament. Lo spread tra il me “fuori” e “dentro” è altissimo: “tenerone” inside, “croce ribaltata de fuoco e metallo” outside. Passo la vita facendo mixtape – compilando a mano come un piccolo amanuense le copertine- e a leggere riviste specializzate: Metal Shock, Flash, Hard. In una di queste trovo una recensione a dir poco entusiastica di un disco. Decido che devo assolutamente averlo. Metto insieme i soldi di più paghette, vado alla vecchia Virgin di Milano, quella in piazza Duomo, compro il CD. Vado subito a casa del mio migliore amico Carlo, l’unico con cui condivido la passione per la musica forte. La copertina è pazzesca: un pugno in faccia. Non metaforico, eh? C’è proprio una foto di un pugno in faccia a uno. Sbam! Sopra il logo della band in bianco, sotto il titolo del disco in rosso: Vulgar Display of Power. Che è un titolo a dir poco perfetto: un’arrogante dimostrazione di potenza. Che è esattamente come suona il disco. Infatti: parte la quarta traccia, Fuckin’ Hostile e il pugno in faccia arriva a me e a Carlo. Mai ascoltato nulla del genere: è l’equivalente musicale di un macigno che rotola giù da una montagna, il motore di un Boeing 747 che si accende, il Krakatoa che erutta. Ero abituato a dei suoni velocissimi, aggressivi ma alla fine “puliti”. Le voci dei cantanti che imitavo davanti allo specchio, quelli vestiti di pelle, attillatissimi, con capelli lunghi e sempre pettinatissimi, erano “melodiche”. Qui c’è uno col fisico da pugile, dei tatuaggi da galeotto, rasato a zero, che ad un certo punto urla così forte nel microfono che questo va in distorsione e poi fischia impazzito. Ricordo di aver pensato, quasi spaventato: “Forse è troppo. Ho trasceso: va bene i Metallica, i loro assoli, le copertine col sangue, ma qui sto esagerando. Forse è il punto di non ritorno”. Ecco, la visione di Ebola Syndrome mi fece lo stesso effetto del primo ascolto di Fuckin’ Hostile dei Pantera. Va bene tutto, eh? Vanno bene gli horror, i film col sangue, gli ammazzamenti, la violenza a caso… ma qui abbiamo trasceso. Forse è il punto di non ritorno.
Che facciamo, raga? Parliamo del film? O vogliamo ciurlare ancora un po’ nel manico? Va bene, ok, ok. Vediamo un po’ di cosa parla Ebola Syndrome. Allora, potremmo dire che è un attualissimo film sulla diffusione di un virus. Un po’ come Contagion, che è stato il film più citato in era pandemica. Si parla di paziente zero, di superdiffusori, di contagi per via aerea, ci sono le mascherine, le tute da ospedali che sembrano dei palombari. Non sarebbe sbagliato inquadrarlo così, ma non gli renderebbe giustizia. Potremmo allora dire che Ebola Syndrome è il ritratto di un uomo cattivo. Ed effettivamente, anche in questo caso, non faremmo errori. Anthony Wong porta in scena uno dei villain più matti ed estremi del cinema tutto. Ma non è solo quello. Alla fine penso che Ebola Syndrome racconti di quanto tutto e tutti facciano schifo. Di come il mondo, il nostro mondo, sia condannato a morire in maniera orribile. E mentre noi saremo lì agonizzanti, impegnati a perdere sangue da ogni orifizio, puzzando, producendo gorgoglii disgustosi, ci sarà tipo un Osservatore, un essere divino che ci guarderà schiattare. E nel frattempo si gratterà le palle. Perché anche lui sotto sotto fa schifo.
Sì, no, vabbè, ho capito, ma di cosa parla il film? Grazie per la domanda! Adesso ve lo racconto abbastanza nel dettaglio. Se volete arrivare vergini alla visione potete saltare i prossimi quattro periodi. Da qui in avanti è… SPOILER!
Anthony Wong è Kai, una mezza calzetta di una zona malfamata di Hong Kong. Ha la brillante idea di portarsi a letto la donna del ras del quartiere che ovviamente lo becca. Kai riesce a evitare di farsi tagliare il pistolino con delle cesoie arrugginite, reagisce e fa una carneficina molto brutta. Ma veramente brutta. L’unica che risparmia, ma solo per mancanza di tempo, è la figlia della donna con cui poco prima stava scopando. Cioè, l’aveva già cosparsa di benzina e stava per darle fuoco, eh? Ma poi è arrivato uno e niente, Kai scappa a Johannesburg, dove comincia a lavorare in un ristorante cinese tenuto da una coppia piuttosto improbabile. Lui è un geometra culturista, lei è una bellona stronza e perfida che passa le giornate a vessare Kai, che dal canto suo non fa niente di niente se non scaccolarsi mentre serve ai tavoli. La notte Kai li origlia mentre questi ci danno dentro come matti. E qui c’è uno dei momenti più alti del film. Uno dei primi, uni di quelli che setta il mood. Kai corre verso il frigo del ristorante, prende un pezzo di carne, ci si masturba per poi farcire il suddetto pezzo di carne del suo seme. Poi che fa? Lo rimette in frigo. Questo un po’ per dirvi il livello. Seguitemi per altre ricette. Un giorno, vedi le coincidenze della vita, entra proprio in quel ristorante la bambina che lui aveva risparmiato. Sulle prime non lo riconosce ma la ragazza sente (proprio nel senso di odorare) che qualcosa non va. Quell’uomo puzza di sangue. Insomma, prima o poi lo sgama…
Un giorno, insieme al geometra palestrato, Kai si spinge fino a una tribù di Zulù per comprare della carne di maiale per il ristorante. Vanno lì perché al negozio la carne costa troppo e agli Zulù basta che gli rifili due pizze di fango e ti danno delle carcasse di maiali. Certo, magari non sono proprio di primissima qualità, sono marce, putrescenti, ma qui nessuno si formalizza. Il geometra si mette a contrattare sulla carne di porco col capo del villaggio mentre sono in corso dei riti funebri. Sì, perché negli ultimi giorni sono morti un sacco di zulù. I corpi dei defunti non sono bellissimi, anzi: qui è chiaro che c’è qualcosa che non va, una malattia, un virus qualcosa (spoiler: è l’ebola del titolo). Nel frattempo Kai si mette a passeggiare attorno a un laghetto. Qui vede una Zulù che sviene. Non sapendo come aiutarla, decide di violentarla mentre queste agonizza in terra. E si becca l’ebola.
Una volta a casa (vivono tutti insieme nel ristorante) Kai non sta proprio benissimo. Sai tipo quando alle elementari avevi gli occhi lucidi e la mamma ti metteva a letto dicendo: “Uhmmm, qui mi sa che stai covando qualcosa”?. Ecco, Kai sta covando l’ebola. Però, ce lo dice un dottore in un momento di montaggio parallelo notevole, esiste anche la possibilità che chi si ammali non sviluppi pienamente la malattia ma diventi un superdiffusore. Una volta pronunciata questa magica parola, vediamo Kai svegliarsi tutto sudato ma in forma. E cosa fa? Decide che arrivato il momento di stuprare la moglie del geometra palestrato. Mentre è lì con lei, con le mani legate dietro la schiena, piegata a taccuino su un tavolo, arriva il geometra. Inutile che vi dica che finisce a 1) stuzzicadenti negli occhi 2) teste divelte in mezzo a delle porte 3) bocchini forzati 4) occhi risucchiati e mangiati 5) hamburgherini di carne umana
Dopo aver servito i suoi precedenti datori di lavoro sotto forma di paninetto a metà della gente di Johannesburg, Kai ha la polizia col fiato sul collo. Per cui ruba dei soldi, si fa un passaporto finto e vola a Hong Kong. Qui decide di fare per un po’ la vita di un affiliato del Truceklan: coca, alcool e mignotte a tutto spiano. E comincia ad infettare un po’ di gente a caso: mette le mani nel cibo altrui, starnutisce in fazza alla gente, sputa una birra mezza bevuta in faccia a uno. Insomma, i classici rischi del mestiere di avere l’ebola. Una volta finiti i soldi, torna dalla donna del ras del quartiere della prima scena. Che nel frattempo si è fidanzata con un tossico, uno messo talmente a pezzi che va in giro coi pantaloni pisciati. Questo sempre per aumentare la dose di disagio generale. Poi, con un twist un filo forzato, arriva ancora la polizia. E in un crescendo rossiniano, dopo aver capito di essere infetto, Kai rapisce la figlia della sua donna e comincia a girare per le strade di Hong Kong scatarrando in faccia a tutti, compresi gli sbirri in tuta da palombaro. Poi il film finisce, con una bella sequenza in cui una bambina carina divide un gelato con un cane rognoso e infetto.
FINE DEGLI SPOILER: Ora, è chiaro che le mie parole non sono sufficienti a rendere giustizia al grado di violenza del film. Anche se vi ho raccontato alcune delle sequenze clou, ne mancano tante, tantissime. Ma soprattutto, raccontando il film così, a parole, non si riesce a porre l’accento sullo stile scelto da Yau. Si ha costantemente l’impressione di essere di fronte a uno di quei vecchi film a luci rosse che vedevamo croppati a notte fonda su Italia7 Gold negli anni ’90. Non proprio dei porno ma quasi. Non proprio dei film improvvisati ma quasi. Yau si muove con intelligenza su questo sottilissimo crinale, riuscendo così a aumentare il grado di fastidio provocato dal film. Anche nelle poche sequenze di raccordo – anzi, soprattutto in quelle – si ha sempre l’impressione che ci sia qualcosa di sbagliato. Ma Yau sa quello che fa e ogni tanto riesce ad infilare delle prodezze degne del miglior artigiano del cinema. Un esempio su tutto, la soggettiva da dentro la bocca di Anthony Wong, con i germi pronti a infettare e a uccidere quelli con cui parla.
I protagonisti del film, tutti, dal primo all’ultimo, sono degli esseri abietti, schifosi, mossi dai più bassi istinti: rubano, truffano, uccidono, scopano, vessano chi hanno di fronte pensando solo e sempre al proprio tornaconto personale. E si muovono in set che malcelano sempre una sozzeria di fondo. I cadaveri degli animali appesi per i vicoli di Hong Kong, la cucina lercia del ristorante cinese, i bordelli dove Kai tenta di pagare delle prostitute che lo schifano… E Anthony Wong in queste latrine ci sguazza. È incredibile pensare che lo stesso attore, capace di incutere timore reverenziale in Infernal Affairs, sia qui in grado di suscitare profondo disgusto con ogni suo piccolo gesto. Lo vedi che gli puzzano le ascelle, che ha l’alito tipo fogna di Calcutta, che non si lava i capelli da mai. Si gratta, si scaccola, ha la faccia da scemo… ma poi è pronto a degli scatti di cattiveria cristallina. Ci vuole coraggio a interpretare un personaggio del genere. Coraggio da vendere.
Detto tutto questo, possiamo concludere dicendo che Ebola Syndrome è un bel film? Bè, boh, no, direi di no. Per quanto mi riguarda è uno dei film del cuore, ma è sicuramente perché – come avete potuto leggere – è legato a una serie di ricordi. Se non l’avessi visto in quelle condizioni, nella saletta del Nuovo Cinema Inferno, forse non mi sarebbe rimasto così tanto in mente. Se l’avessi visto per la prima volta da solo, a casa, su un computer non sarebbe mai stato lo stesso. Quello che è certo è che Ebola Syndrome è un film unico, forse irripetibile. Un atto rivoluzionario – quasi punk – di un regista folle ma lucidissimo. Una prova d’attore semplicemente inarrivabile, imbattibile. Un livello di violenza e disagio difficile da trovare in altri film. Insomma, se non l’avete mai visto (e vi regge lo stomaco) vi consiglio assolutamente di recuperarlo. Ma fatelo bene: createvi anche voi un trauma adolescenziale.
DVD-quote:
“La solita merenda non la voglio più:
sugli sbirri di Hong Kong ci scatarro su”
Casanova Wong Kar-Wai, i400calci.com
A leggerla così sembra la biografia del paziente zero di Codogno per come lo avevano dipinto all’epoca
Mi sono sentito “male” solo a leggere la recensione, forse farlo durante la colazione non è stata la mossa più brillante della mia giornata.
Non mi stupisce che consultando Just watch per vedere se sta su qualche piattaforma (anche a pagamento) mi sia uscita fuori una grassa risata e un NO gigantesco.
Quasi quasi compro il blue ray a 45 euro su Amazon…
Recensione spettacolare, comunque, digressioni in primis
Ho riso parecchio. Soprattutto per l’autobiografia. :)
Herman Yau è l’Ottaviano Blitch hongkonghese.
bellissima rece, Casanova.
BOMBOGENESI!
Beh di certo la rece (spettacolare) mi ha fatto venire una gran voglia di vederlo. Ed un gran rimpianto per non averlo visto a vent’anni.
P.S.
Ricordo personale: per me lo shock che mi apri gli occhi al mondo fu sentire il discorso di Churchill seguito dal poderoso attacco di Aces High che c’è all’inizio di “Live after Death” degli Iron Maiden. La mia vita ha un prima e un dopo quel momento.
Lo ho nel pc da anni assieme a The Untold Story ,entrambi sub ita.
Se fosse permesso li caricherei su filemail ( tanto durano una settimana) e li linkerei qui.
Giusto per condividere qualcosa di diffocile reperibilità.
Disapprovo fortemente questo genere di iniziative *wink-wink*
Daje Raimondo, siamo con te
È uscito il bd e io ho il dvd
Minchia, il Virgin Megastore in piazza Duomo…
Una Milano che non esiste piu’, davvero.
E che a me piaceva un sacco, a dirla tutta.
La domanda, spontanea, per capire se sia un film impegnato o meno: lui scatarra caricando il colpo e facendo un’ unica pallina che arriva a 15 metri di distanza, o è tipo lo sputo a spruzzo di quando non sei ancora abile e metà ti finisce sul giubbino?
Domanda assolutamente pertinente e che incuriosisce anche me, personalmente credo che si tratti della seconda ipotesi…almeno, dalla foto sembra così.
La balistica dello sputazzo è importante ai fini della trama, urge maggiore chiarezza.
Potrei tacccontarti del risotto di Pinocchio 964 ,o la scena must di Visitor Q . Assolutamente non spoilerabile
Capisco perfettamente cosa intendi.
Quando ho letto il titolo ho subito pensato che fosse uscito un nuovo film con lo stesso titolo, poi ho visto l’immagine… cosa se andato a tirarmi fuori Casanova, ai tempi ero un giovane virgulto convinto di dover diventare regista. Avevo questa idea che per iniziare la soluzione giusta fosse buttarsi su corti horror, visto che generalmente avevano più visibilità e un buon numero di festival in giro per il globo. Il passo successivo fu guardarmi quanti più horror possibile compresi quelli difficilmente recuperabili per cercare di carpine i segreti. Questo me lo ricordo particolarmente, il mulo ci mise settimane a portarmelo, ci persi almeno un amico per la serata del mercoledì “birra e sangue su celluloide”, e mi lasciò il segno. Sono anche io convinto che su alcuni punti sia inarrivabile ancora oggi. Lo metto lì sul podio vicino a ichi ma perché l’ho visto prima e per Miike ho un debole che destabilizza la mia eterosessualità. Quindi 5 alto, ottima recensione, e grazie per i ricordi. La prossima volta che ti vedo te ne offro un paio.
P.s. poi ovviamente sono tornato alla realtà ed ora faccio il commercialista. Almeno il sogno di mettere paura alla gente si è realizzato
Arrivato a metá spoiler mi sono fermato e mi son detto Ok questo lo devo vedere. Tipo adesso.
Quindi l ho trovato e l ho finito ora (sub Eng, ma tanto basta).
Che dire, prima parte pazza quanto basta, seconda a mio parere scema un po.
Poi oh, visto in streaming sul cell, e con qualitá bassa non c erano grandi premesse.
Tornando alla tua esperienza dell epoca, tanta roba. Film pazzi di nicchia a tarda notte al cine, che atmosfera, chissá che ricordi.
Ricordo mio simile:
Vacanze dal cuggino piu grande, zona mare.
Una sera, io quindicenne, andai al cinema a aperto col suddetto cuggino a vedere un film…e che film
Era Arancia meccanica, rimasterizzato immagino.
Che bomba! Settava tutto ciò che pensavo di poter vedere al cinema.
Ogni tanto mio cugggino si girava x controllare che nn fossi troppo shocckato ahah
E niente…ricordoni..ora vado a farmi un bicchiere di latte piú raga
Ahahah, quante cazzo di cit. Ce n’è veramente per tutti. Se uno non ne trova almeno una di suo gusto è un senz’anima che non ha mai avuto passioni (o non ha grossomodo la nostra età – che è evidentemente lo stesso)
Film delizioso, tra i migliori rappresentanti di un filone di cui solo voi potrete forse un giorno spiegarmi per chi diavolo esista. A chi si rivolgono queste pellicole? Teenager con occhi a mandorla in cerca dello splatter? E gli si propinano incesti e copule necrofile?
Pervertiti all’ultimo stadio? E li si innaffia di ironia caustica?
Giovani cinici e postmoderni che Lol u won the internet? E si aspettano minimo dieci anni (e l’epoca d’oro del p2p) per passare all’incasso (peraltro di sole pacche sulle spalle al grido di: ahah lol fa ridere perché è brutto)?
Voglio dire, l’unica cosa che supera la schifosaggine di queste opere è l’aria che hanno di produzioni a scopo alimentare, ma che esista un mercato tale da far proliferare il putridume di cui, è evidente, quelle che ci arrivano non sono che le perle…
Mah, mystery di cui speriamo i400Calci ci sveleranno un dì gli arcani.
Mah Bugo, credo che la risposta sia quella famosa frase di Quentin Tarantino:
“Because it’s a lot of fun, Jane!”
Credo che l’unica ragione veramente valida per fare qualsiasi cosa di creativo sia semplicemente “perché sì”, e a me basta ;)
No, chiaro che questi bastardi si divertono a confezionare queste soavi mattonate sui denti, ma da dove arrivano i quattrini per foraggiare non solo il singolo film, ma tutta l’industria che dà da lavorare e da formarsi a tutti i professionisti che ci stan dietro? Quel che mi esterrefà è che si percepisce chiaramente che questo pazzo film non è che la punta di diamante di una musogiallocittà dedita alla produzione di roba simile. (Favorisco la rece dei Calci che mi ha imparato come funzia la faccenda: http://www.i400calci.com/2014/09/first-action-hero-le-fatiche-di-ercole-1958/)
Capisci? Non mi sembra underground puro, mi sembra roba che nell’insieme macina quattrini! Il WTF è d’obbligo.
…beh, era quasi l’ora che consacraste qualche accorato paragrafo al magico cosmo dei Cat III, che per eccellenza è il giacimento calciabilissimo che fa benissimo.
Però però. Non c’è dubbio che col suo mantecare raviolo-movies e pandemovies portandoli a ripercussive conseguenze che voi maccosari non potete estremizzare il caro vecchio Ibbulàh si aggiudica (e tutt’oggi detiene) scettro corona e trono del più turpe immondo e stomachevole tra gli adorabili catzeggio III (per più di un verso scola i maccheroni in testa anche a Untold story e si mangia e ricaga 20 volte Dr Lamb), ma resta al contempo fuffetta dilettantesca se accostato a Run and kill di Yam, monstrum che risignifica usurati lemmi quali buio, devstante o disturbante, di un’implacabile e invereconda nequizia da mandare a borseggiare nella metro il Park di Mr Vengeance: lo finisci con la voglia di rotolarti nei prati tra farfalle e palloncini colorati, rivederti tutto Heidi e di stare una settimana immerso in una vasca di passiflora.
è peraltro anche l’unico cat III totalmente epurato da quell’agghiacciante insopportabile incomprensibile spirito di patata lessa tipico del cacariso-movie in zona xyz. Altro terreno, più aristocratico e superbo. Resta il mio sogno bagnato vederlo esegesizzato qui. Casanova annotalo per la prossima carta bianca concessati dal boss en manque d’autre, perché è un’opera che strizza l’anima come mocio vileda, oltre che a essere insolitamente classy per una filiera che si ha sempre prediletto quali allori sui quali adagiarsi sleazy cheapo e trash.
Ciò detto, a oltre 20 anni dalla visione ancora me la ghigno della grossa se rievoco lo scaracchiante Wong che reitera “ibbolàh ibbolàh! ptù ptù!”. Ecco, è forse questo il problemino di fondo di un po’ tutto ES: comunque lo giri, è troppo jacksonianamente spassoso, troppo consapevole d’esserlo, troppo compiaciuto nel volerlo essere-eccedere per poterti disgustare davvero o lasciarti ginocchioni. Felice comunque che abbia ricevuto 400 di questi calci. A tutto (raviolo al) vapore, dunque!
P.S. Il Link di via Fioravanti è il vero colpo gobbo della rece. Cazzaroliddio che schicchere all’anima mi hai fatto ripescare dal sacco: Test Department, Franko B, Societas Raffaello Sanzio per dirne appena un paio. Salvifici traumi adolescenziali che di questi tempi non ricapitano più. Non a caso la bellissima direttrice artistica del locus umbris era un’ex collaboratrice di Bene, uno che il cinema l’ha davvero calciato per sempre).
Bella di padella!
Commento un pelo barocco, ma ricco di spunti, che temo coglierò e son certo mi pentirò d’avere eventualmente colto.
Venendo alle perplessità: mettere gente della risma di Park Chan Wook o Kim Ki Duk nello stesso calderone di questi altri bastardi non lo capisco. Chiaramente nascono nello stesso (per me incomprensibile) milieu, ma se quelli fan (grandissimo) cinema da festival pettinato questi altri pazzi underground non capisco a chi cazzo si rivolgono. Capisco tutte le altre trashate cinematografiche: son fatte per il pubblico di bocca buona, boccalone o autenticamente cinefilo che lo si voglia considerare, che si sorbe di tutto purché del genere gradito, ma non posso assolutamente credere che quello stesso pubblico lì si voglia sorbire queste atrocità, non solo iperviolente, ma arci immorali, nichiliste e quel che è peggio divertite di sé.
Figa se scrivi di merda. Io preferisco farmi le seghe vere.
@bugo:
Scacciaperplessità: il raffronto non è tra l’intera filmografia di Park e tutto il Cat III (del quale peraltro Ebola syndrome è una “significativa” parte ma non il tutto), ma tra Run and kill (che del cat III è mosca bianca, dacché rispetto a ES conserva la sostanziale magnitudo di sgradevolezza e brutalità ma non la sporcizia sintattico-formale, anzi è grossomodo vicino allo scopinculismo estetico del Park successivo a Sympathy – o all’esorbitanza cosmetica di Jee-woon Kim, per tirarne fuori uno che accontenta sia il pubblico del Cat III che del cinema catarifrangente) e Mr Vengence di Park. Se ho fugacemente usato quest’ultimo come comparativo di minoranza nel confronto all’americana è per via della trama-tematica affine con annessa parentela di concause narratologiche (il toro della vendetta e della violenza preso per le corna e decapitato) e della mia personale reazione emotiva rispetto alla loro rispettiva shock-value, contestualmente all’ordine cronologico in cui li ho visti.
Ibbùlah è arrivato prima, me lo riversò da vcd in vhs un noto esegeta-collezionista omonimo del rosicone che dall’alto del suo non-si.sa.cosa sale puntualmente in cattedra a istruirci come andrebbe scritto cosa e perché (al quale digressivamente suggerirei di aprirsi un sito tutto suo dove spadellare i suoi fegatini di pollo esegetici anziché persistere nel fare il cacaubbie qua con la pretesa che questo sito sia a immagine di una critica neutra e mansueta rimasta ferma a Rondi e somiglianza del suo intendere critico-stilistico in punta di forchetta. Lo facesse e ci dimostrasse di cosa e quanta profondità segnico-prospettico-argomentativa e di qualequanto esprit umoristico ed espressivo è capace vossignoria illustrissima, anziché ostinarsi a romperci la fodera del cazzo col suo umarellico urlo di dolore alla dio-mio-quant’è-caduta-in-basso-la-critica-cinematografica. Non glielo prescrive la mutua di continuare a stare tafazzisticamente qui dentro se i contenuti gli fanno tanto recere. Può sempre ammazzarsi di quelle vere seghe che dice di preferire e buon pro gli arrivi in faccia)
…ok mi son smarrito. Dicevo che Ibbulàh è arrivato prima, e a caldo mi parve la scocomeratissima ma simpatica versione a mandorla di un Braindead mixed-up Untold story. Disgustorama, follia a calderelle, sesso laido, sexploitation a strafottere, umorismo dubbio catramoso e sbilenco, il non pus ultra in termini di liquoproduzione corporea e tante risate. Forse troppe risate: 50% quelle che intendeva strapparmi di bocca Yau, l’altro 50% involontariamente suscitate oltre ogni sua intenzione da una tale ricercatezza di ogni eccesso, sopra al quale venivano messi esponenti a tre cifre, da passare la staffetta a quel grottesco pericolosamente vicino alla freddura imbarazzantissima. Choc con la C retoricamente maiuscola? Sentirmi disturbato nell’imo anche giorni dopo? Mah, boh, non ci scommetterei, e non scommetterei nemmeno sul lì per lì (di lì a poco sono incappato in un Kichiku, e là sì che mi son detto “voilà un bel salto significante” con i nervi a soqquadro e la mascella per terra, restando traumatizzato il tanto che basta a non volerlo rivedere prima di altri 6-7 anni). Però indubbiamente un divertente WTF-movie. Poco tempo dopo nella mia personale cine-traiettoria si è fatto largo il primo Park che non si scorda mai. Distantissimo dal Cat III in tutto e per tutto, chiaro, ma capace come pochi di farmi annaspare e mettermi addosso una depressione durata giorni. Un paio d’anni dopo, in seno a una difficilissima ricerca, ho trovato il sospirato Run and kill, tornando al Cat III. Sbriciola sotto il tacco Park (per il tema e per come lo porta oltre ogni più estrema conseguenza), ma butta sotto il rullo compressore anche Yau quanto a scorrettezza visiva-testuale (mi piacerebbe circostanziare precisi esempi, ma significherebbe fare indossare a chi intende vederlo casco ginocchiere e para-gomiti). E prende le distanze da quel dubbio umorismo che tanto annacqua tutto il Cat III – oltre a contraddistinguerlo sistematicamente. Quanto basta a farmi decretare che il vero Cat III che ti spettina i sensi e ti tiene in ostaggio sta qua.
Per farla molto spiccia e semplicistica, è l’I saw the Devil del Cat III.
L’ho segnalato a Casanova a ridosso dell’esaltazione mostrata per ES: se nel genere ha trovato traumatizzante un Yau che quanto a tonnellativa turpitudine non ci va piumato ma che è tutto sommato assai spassoso se visto dalla giusta angolazione (e con un po’ di pregressa preparazione: ma quella credo sia comune a noi tutti, qua dentro), con Run and kill presenterà la parcella dello psichiatra. Senza contare che gradazione grafica a parte (che non è necessariamente il criterio qualitativo primario, altrimenti anche Spasojevic o Six si inzuppano Yau come chiunque altro nel caffellatte), è un film dell’immacolata concezione.
Non so se ho dimezzato le tue perplessità. Temo anzi di avertele moltiplicate. Posso solo aggiungere che le sfere non sono così nettamente separate: il cat III offre spesso prodotti scapocciatissimi (massì, trash, se vogliamo), ma anche copernicani per grammatiche ed estetica. Ergo è in linea di massima rivolto a tutti coloro in cerca di cinema altro che opera per le vie più traverse, misteriose e sbalorditive, comunque appartenente a dinamiche rappresentative, produttive e distributive che oggi possiamo giusto sospirare.
Quanto alla mole nichilismo, immoralità, ultraviolenza che rimarchi, fatti i debiti distinguo credo sia un po’ come non raccappezzarsi che il pubblico italiano riempisse le sale per Lo Squartatore di New York, Zombi holocaust o Addio ultimo uomo… era il medesimo che poi le riempiva per Tenebre, La cosa o La mosca.
Grande!
Hai anche aggiustato di parecchio il tiro rispetto al post precedente. Da dove cazzo spuntano fuori massicci del genere io non so capacitarmene, a meno che tu non sia una vecchia conoscenza risorta nuova e ancora più cazzuta identità.
Tanto per darti un feedback ho particolarmente apprezzato già alla prima (di molte, tutte divertite e ammirate) letture, la chiusa del tuo inciso, (il buon pro in faccia è un cazzotto ben piazzato) e la perifrasi riguardo gli spoiler. Tutta roba di qualità cmq, anche se un paio di cosette non le ho capite. Putacaso sto leggendo L’isterico a metano (conosci?) e tu ti attesti su quei livelli.
Riguardo alla sostanza, sei stato, per assurdo che suoni, chiarissimo, la curiosità poi pei titoli da te considerati più famigerati è tanta.
Sarebbe gradito un excursus (anche di meno impegno letterario, se fossi comprensibilmente stanco) riguardo al percorso di scoperta, tuo personale e collettivo, della cinematografia in esame.
Spero di rileggerti.
Cristo, ma stai messo male.
“Lo facesse e ci dimostrasse di cosa e quanta profondità segnico-prospettico-argomentativa e di qualequanto esprit umoristico ed espressivo è capace vossignoria illustrissima”.
Lo faccio. Ti porgo un giudizio futurista: “Cretino Fosforescente”
Ma vaffanculo Pier! Anche di fronte a un pezzo di bravura cristallina del genere hai il coraggio di gonfiare il tuo ego? Per poi cagar fuori che cosa? Una goccia di scoreggina liquida, la solita risposta preconfezionata, risaputa e boomeresca. La rana è il bue, do you know? tanto per stare su riferimenti al tuo livello.
Ma sì. Mi prendo pure il vaffanculo e non mi offendo. Ma il signore non sa scrivere bene. E’ lui, secondo me, che gonfia il proprio ego ipertrofico scrivendo in maniera finto-complicata per mettere tante paroline complicate e molte inventate in maniera ridicola per….per cosa? A chi scrive? E poi. Ma chi l’ha letto? forse io e te. :) Scrive di merda. E con gli “effetti speciali” ha imbambolato solo te. :)
E nel suo ridicolo stile: manosalutandoti domenicamente commiatomi.
Piernacchia mia,
il naufragar m’è dolce nel mio mal. Sono cioè molto contento di essere-messo-male-cristo se a rappresentare il moviemento Aripijamose (i nostri spazi critici) sei tu. Trovi che scrivo di merda? Me ne farò ogni ragione ma non ogni tuo torto. Sopravviverò. Di più: sarò come tu mi credi. Contento?! Per te che non la calpesti (e di nuovo: qua nessuno ti paga per farlo o per avvicinarci il muso e inspirare a pieni polmoni) ci saranno sempre due tre coprofagi coi quali interloquire. E interloquire di cinema, del quale sembra te ne impippi meno del ripresentarti a ogni pezzo che la redazione manda in rete col tuo bignami del vero bravo recensore (d’altronde predica solo chi non può più dare il cattivo esempio, cantava quel tale). Il cosa parliamo quando parliamo del parlare di cinema onestamente non è affar mio. Te lo lascio volentieri tutto.
Di cosa ti picchi, insomma? Qual è il tuo problema? Lo stile? Davanti al Nulla non resta che quello, nessuno te l’ha mai sussurrato all’orecchio?
I neologismi, gli effetti speciali ultravivaci, l’ego ipetrofico che diventa lego ipertrofico? Che roba, davvero te ne lagni? Mi vieni a dire tu cosa resta della forma se questa non è spregiudicata e non esorbita i contenuti? Tu? Dio mio se ci sei dammi un modello migliore di scrittura ricreativa! Eggià che Dio nessuno l’ha mai visto. E io non sono forte abbastanza per farmi dire da un paramecio come dovrei esprimere cosa.
E a parte me che qua dentro conto meno del 2 a briscola, mirabili penne come Cobretti o Stanlio dovrebbero rintanarsi tra le ascisse e le coordinate del tuo intendere? Ma pier carità!
Guarda che è davvero elementare, sai: vuoi altro? Very simplex, và altrove. Tracima il web di portali critici come li vorresti tu, pronti a darti immensa gioia nell’anima e magari a imbarcarti e chissà passarti pure una paghetta semestrale di 20 euro in buoni spesa eurospin. Non ci crederai ma chicercatrova vale persin per te, dopotutto.
No, tu di post in post devi rimanere sempre in mezzo come il giovedì a dimostrare di non avere abbastanza intelligenza per capire quanta te ne manca, strozzato dal vorrei ma non posso e siccome proprio non posso pesto i piedi a terra e ve la do io l’america critica. Illuso magari che così facendo le sorti del sito cambino linea editoriale e stilistica, o chissà che il destinatario dei tuoi rimbrotti da mocciosetto invidioso se ne abbia a male o resti ferito e si ravveda mitigando il proprio modus letterandi e dislivellandolo verso quella linea da 6 politico che sembri amare tanto. Devo darne una bruttina alla volpe che maledice l’uva perché non arriva a mangiarla: hai decisamente sbagliato cassetta postale.
La mia proposta però resta aperta: perché non ci scodelli una tua recensio praecox e poi vediamo quanto ci si diverte e che standing ovation scatta. Lo fai? Dai dai dai. Faccio il tifo per il cervello che ti manca e te ne assegno uno facile su cui meta-disquisire: Vai avanti tu che mi vien da ridere. I miei dubbi che tu possa superare in profondità la vaschetta di un cesso permangono, però sono molto possibilista e i miracoli talvolta possono accadere anche con nonnulla del tuo calibro.
Tuo fosforescente cretino.
Guarda Caro, o Cara. Io capisco ogni cosa che tu scrivi. Ogni parola, anche la più assurda e inventata. Tutto il mio essere però soffre e ribolle a leggere parole come: “esegesizzare”. Non è , caro, che a fare giochetti con le parole si diventa grandi scrittori. Io ti leggo perchè ho tempo e pazienza, ma è molto più difficile scrivere in lingua italiana, e molto meno pretenzioso, che fare ciò che fai tu: gli effetti speciali. E ti ho imboccato in un post precedente e proprio l’hai capito: sei il vecchio spot della telefunken. “Potevamo stupirvi con effetti speciali e colori ultravivaci… Basta così grazie….Questa è scienza, non fantascienza”. Ti ci sei ritrovato da solo.
https://www.youtube.com/watch?v=tFXd1LS5_A0
se ho ben inteso hai un problemino con ogni forma e sfaccettatura dello stilnovismo, a fronte del quale se dipendesse da te 3/4 almeno di produzione letteraria andrebbero incontro a un secondo 9 novembre 1938.
se soffri e ribolli così tanto perché con lo scibile terminologico uno fa il cazzo che gli pare, di nuovo, la via è piana ed è quella del riservarmi una calda indifferenza. non è perché trovi che scrivo-scriviamo di merda (non ci posso fare niente e non m’interessa, sia chiaro) che smetterò di produrre merda ed essere il testimonial della telefunken. quindi cui prodest pascersi dello zero a zero? che vantaggio ottieni nel mettere 0 sul registro al prossimo? credimi non hai motivo di leggermi se non quello di continuare a soffrire ogni pena dell’inferno sintattico (ma se trovi ricchezza nello star male o ti fa sentire un essere superiore, accomodati) né io ne vedo alcuno a risponderti. spasso a parte, ma mi sento meschino a divertirmi sparando dentro il tuo obitorio.
peraltro il 99% delle tue pretestuosità ruota attorno a quello che si può o non può o deve o non deve fare con la lingua italiana. sarebbe ora che ti accorgessi che qua si parla di cinema, e ciascuno lo fa come può e come vuole con o senza il tuo benestare. mettitela via, che è l’ora.
Caro il mio Marina, perchè sei maschio…si capisce… Seppelliamo l’ascia di guerra ( e mi dimentico degli epiteti). Per me scrivi male. Cosa devo dirti? L’ho scritto e lo ripeto. Di grandi autori che possono scardinare il lessico e la metrica ce ne sono pochi: non sei Carlo Emilio Gadda! E se scrivi così ti leggerano solo pochi ( sfigati) tra cui IO. Io poi, nel mio infimo, ho espresso il mio pensirero su film e su recensioni, e mi sono ( e mi prenderò) la mia dose di vaffanculo.
Ma Tu, togliti questa pesante maschera, questo stile pesante e incomprensibile, che fa scappare ogni lettore. Sii semplice. :)
Gadda, nientemeno: ma chi ha mai detto d’esserlo o di volerlo essere, specie considerato che l’ho frequentato poco e senza troppa soddisfazione.
il fatto è che – ti piaccia o dispiaccia – lessico e metrica possono scardinarlo tutti, in lungo e in largo, in alto e in basso. o per diletto o perché ce l’hanno nel dna. chiunque può comunicare per neologismi crasi calembour poliglottismi slang inventati e sfondamenti di senso continui. chiunque può fare della maschera il volto e del volto una maschera. chiunque può fare dell’errore una virtù e della virtù un errore. chiunque può essere iperminimalista o barocco fino all’autismo. il linguaggio, come il cinema, non è una scienza esatta. e uno stile, una vis o chiamalo come meglio ti torna è giocoforza una divisa: avvicina gli indispensabili e allontana i superflui. talvolta calamita troll e rompicoglioni. il mio fa scappare te (che però sei ancora qua a predicare sui sani valori letterari), ma non ogni lettore. meglio: fa scappare tanti lettori quanti ne farà arrivare. ma questo va e viene da sé: non è qualcosa di cui mi preoccupo io, non vedo perché dovresti preoccupartene tu. quanto all’ascia di guerra, non sono certo io qua dentro che a gamba tesa me ne esco con lapidari “figa se scrivi di merda”. che diciamolo è un vuoto e volgarotto birignao da social che fa paradossalmente attrito con quanto professi. io invidio i semplici, ché congenitamente semplice non sono e di riflesso neanche il cinema lo è. sintetico nemmeno, ché è come dire finto. non mi va di esserlo su richiesta. è la mia onestà che me lo impone. scusa. se per te è merda va benissimo. dal letame nascono i fior.
se sei davvero coerente con te stesso vedrai che piano piano salterai a pié pari i miei interventi.
Vulgar display of power
Quello che il diavolo de L’Esorcista replica a padre Kerras quando gli chiede se non possa liberarsi da solo.
Giusto per stare in tema.
@bugo
>>>a meno che tu non sia una vecchia conoscenza risorta nuova e ancora più cazzuta identità.
nah; seguo da quasi sempre ma per la gioia del maestrino pierino porcospino (wanna-be flamer chiaramente più interessato a chi risponde ai suoi travasi biliari da frustrato invidiosetto che al cinema e con le cui risentite provocazioni da mezza lira falsa e bucata mi sciacquo i peli del pube) intervengo solo di recente e solo nella dismisura del mio stretto necessario e in diretta proporzione alla passione per l’opera o il tema/genere in esame (vedi candyman). con un terzo del mio moniker mi spreco gioiosamente da lustri altrove.
>>>Putacaso sto leggendo L’isterico a metano (conosci?) e tu ti attesti su quei livelli.
non conosco l’opera né il suo autore ma la cruna del mio ego ipertrofico accoglie sulla fiducia, proponendosi un futuro recupero.
>>>Sarebbe gradito un excursus (anche di meno impegno letterario, se fossi comprensibilmente stanco) riguardo al percorso di scoperta, tuo personale e collettivo, della cinematografia in esame.
il Cat III è un continente vastissimo che più lo esplori e approfondisci e più centiniaia di dissesti e diramazioni conta, non basterebbero 30 speciali da queste parti a bignamizzarlo, figurarsi a esaurirlo. se consideri che appartengo in parte alla pigrizia e in parte alla prosa più felicemente degenerata e che effettivamente la sintesi è una qualità che non possiedo e che nemmeno m’interessa corteggiare, per un mio excursus a tema ci vorrebbe forse un server personale. forse il favore migliore che posso farti è segnalarti a latere una dozzina dei titoli più folli e formalmente schizofrenici (la frangia horror-fantasy è costituita perlopiù da kursaal colpiti da un katrina, un toccasana per la libido specie se si è immarcescibili weird-junker).
posso però dirti che per certo i pochi titoli fin qui scomodati sono un addentellato della zona più sismica, borderline, radicale, viscerale e virulenta della filiera.
con la tripletta ibbulàh-untold story-run and kill (cui aggiungerei il delirantissimo boxer’s omen) ti garantisci un calcio di taglio che ti spezza irreparabilmente i menischi. il resto gli sta più o meno sotto o dietro masticando la polvere, ma aldilà di un approccio esotico o del criterio qualitativo stramerita perché è comunque cinema capace per difetto e/o per eccesso di prenderti percettivamente in contropiede e di lasciarti sempre in balia di un forte spiazzamento logico.
a mio avviso, più proficuo ancora sarebbe un raffronto tra le varie grammatiche dell’horror orientale: cinese, nipponica, indonesiana, thailandese, coreana, indiana. tutte estremamente diverse tra loro ma curiosamente legate da qualche cromosoma comune. ma anche in questo caso porterebbe troppo in là: ci vorrebbe tanto tempo tanto spazio e tanta costanza.
Ma dai! Se non hai paura di ritrovarti anche lì ‘sta canaglia di un asino che mi perseguita, ci spammeresti gli indirizzi delle altre bettole che frequenti? Che una di queste passo magari a buttare un occhio e fare un saluto?
Comunque sia, fa’ il favore di manifestarti più spesso anche qui, che son certo di non essere l’ unico che ti legge con piacere.
Tu dirò poi che davo per scontato che tutte le cinematografie da te citate (esclusa l’indiana, sia per razzismo, sia perché si sa che fa a sé) facessero parte di una stessa scena.
Ciauz
I link imdb e trailer sono sbagliati