Conoscete di sicuro anche voi una persona così.
Gli raccontate una cosa, non la capisce, se la fa spiegare: la volta dopo lui stesso la racconterà a qualcun altro con l’aria sostenuta di chi la sa lunga, ma proietterà la sua lentezza di comprendonio sul suo interlocutore presumendo che nemmeno lui ci possa arrivare al volo, dilungandosi quindi da subito in extra-particolari esplicativi ridondanti.
Quella persona nel nostro caso è Adulto Di Cognome Spiegoni, un consulente specializzato in adattamenti e remake che avevamo già invitato su queste pagine ai tempi del Carrie del 2014, e che abbiamo preferito non chiamare più se no i pezzi diventavano lunghi come la quaresima.
Cimitero vivente, romanzo di Stephen King, non racconta una storia particolarmente complessa: la famiglia Creed (non imparentata con Apollo) si trasferisce in casetta nuova, dietro casa c’è un cimitero di animali col potere di resuscitare gli esseri viventi in modalità “incattivita”, i nostri protagonisti hanno tutti per un motivo o l’altro un conto in sospeso con la morte per cui nonostante le avvertenze ne faranno uso.
Il film dell’89, che King si era sceneggiato da solo per evitare fraintendimenti, era tutt’altro che esente da problemi, ma non era esattamente la terza stagione di Twin Peaks in quanto a oscurità: era pieno di gente che faceva scelte avventate perché sconfitte da sensi di colpa che ne complicavano l’elaborazione del lutto, ma… sul serio, che altro? Cosa c’era di complesso da capire? Era tutto assolutamente semplice e lineare.
Procedeva – questo sì – con una cattiveria micidiale, una cosa ormai del tutto sparita dagli horror mainstream moderni, con l’unica eccezione forse di Hereditary.
Ti urlava il terrore in fazza, ti sbatteva sensi di colpa a forma di mostro, ti raccontava il lutto con litigi fuori controllo. Era davvero stronzo. Meravigliosamente stronzo.
Ma era talmente elementare che fatico a capire dove esattamente uno potesse confondersi e rischiare di non seguire.
Eppure, non accreditato, il nostro amico Spiegoni ha lavorato anche al nuovo Cimitero vivente.
Da cosa lo si riconosce?
Facile: per non rischiare neanche il più piccolo degli inghippi, il tema della morte e di come affrontarla viene annunciato con una conferenza stampa, esplicitato a parole e sbandierato continuamente ai quattro venti.
Ma perché esagero? Non ce n’è bisogno: di base alla bambina protagonista sono stati sostituiti i dialoghi direttamente con le F.A.Q. dello spettatore presunto disorientato. Un continuo “perché?”, “cos’è?”, “com’è?”. Beata ingenuità salva-sceneggiature dei bambini.
Faccio una mezza confessione: il libro non ce l’ho freschissimo. Ma il film originale sì, e vi posso garantire che le differenze vanno unicamente in due direzioni: 1) martellare e raddoppiare gli spiegoni e le didascalie su situazioni e concetti che erano già tranquillamente chiari nella quantità originale; 2) rimuovere la stronzaggine, rassicurare, sconvolgere meno.
C’è una scena in cui moglie Creed chiede a marito Creed se crede nella vita dopo la morte, e marito Creed dichiara di essere ateo: è abbastanza goffo pensare che domande del genere saltino fuori dopo anni di vita insieme e due figli, ma era evidentemente importante dare un contesto morale alle azioni poco ortodosse che il marito compirà per tutto il secondo tempo.
E per non lasciare nulla di inspiegato c’è persino una scena in cui la bambina vede il cartello “pet sematary” e la madre le dice “ma non si scrive mica realmente così eh”, che non capisci se è la didascalia definitiva o se è un servizio realmente utile per quegli analfabeti degli americani che potrebbero confondersi.
Offre davvero pochissimo questo recupero kinghiano da parte di Kevin Kölsch e Dennis Widmyer, due registi che tenevamo d’occhio perché il loro precedente Starry Eyes era effettivamente una bombetta. Ma la loro è la classica situazione degli sbarbatelli alla loro prima gita a Hollywood in cui vince la timidezza, la scarsa libertà, il mettersi alla prova per vedere se si riesce a giocare con le regole dei “grandi” in cui forse erano troppo occupati a non morire soffocati dagli ingranaggi delle produzioni mainstream per fare qualcosa di più del compitino, e per fortuna che possono lasciar sorreggere tutto a un leader professionalissimo come Jason Clarke e a un fuoriclasse totale come John Lithgow.
Quasi tutto deprime: aldilà degli spiegoni, c’è forse il peggior fake jump scare di tutti i tempi nel momento in cui vogliono farti credere che i protagonisti possano farsi cogliere di sorpresa da un maledettissimo tir su rettilineo. Chi conosce il libro/film sa già dove si vuole andare a parare: qui in almeno un paio di occasioni pretendono di venderci che i camion lanciati a tavoletta su strada statale possano essere silenziosi come gatti fino all’ultimissimo istante, allo scopo di pre-avvisare, preparare e quindi smorzare lo shock nel momento in cui la loro presenza combinerà un danno determinante alla svolta del racconto.
Concedo due scene, a Kölsch e Widmyer (una a testa?).
Una riguarda i flashback sulla sorella malata di moglie Creed, risolti con un’intuizione coreografica davvero niente male che è anche l’unico slancio di cattiveria dell’intero film.
L’altra riguarda l’unica vera novità di questo nuovo adattamento, una svolta che sarebbe teoricamente a sorpresa se non l’avessero piazzata bella in chiaro già nel trailer e in tutto il materiale di marketing, per cui ve la svelo, e non tanto perché sono stronzo ma perché altrimenti ero completamente a secco di spunti di vago interesse: a passare a miglior (peggior?) vita a questo turno non è il figlio piccolo ma la sorella maggiore.
La parte positiva è: per cinque minuti si ha l’impressione che questa trovata abbia davvero un senso. Il padre la seppellisce nel cimitero maggico, lei ritorna e c’è questa meravigliosa sequenza di tensione/imbarazzo con lei disorientata, piena di domande e mega-sinistra (bravissima la piccola Jeté Laurence), e il padre indecisissimo fra il sollievo, l’amore cieco e il cagarsi violentemente sotto.
Ma presto si svela il vero motivo dello swap: non tanto che lo zombi di 10 anni è meno traumatizzante e più facile da dirigere di quello di 3, ma soprattutto che lo zombi parlante può sparare un sacco di spiegoni in più.
E cala la depressione, verso un finale che può soddisfare soltanto chi non ricorda la meravigliosa botta di nichilismo dell’originale.
Probabilmente ormai l’avrete capito da soli, ma la cosa che spaventa maggiormente di tutta questa operazione è il fatto che a Stephen King sia piaciuto.
DVD-quote:
“I don’t wanna be buried in this pet sematary”
Nanni Cobretti, i400Calci.com
Sono spaventato perché ho letto che a king è piaciuto anche it capitolo 2.. Io qualche aspettativa ce l’avrei
Boh, io penso che il king personaggio pubblico sia un semplice ingranaggio di una macchina del marketing enorme alle cui regole deve sottostare. Lo Stephen king uomo, le sue vere opinioni semplicemente se le tiene per sé. Per me.
In parte è anche secondo me una questione di personalità. King parla bene di quasi tutto, anche di prodotti dai quali non prende nemmeno indirettamente soldi.
E’ brutto dirlo, ma secondo me semplicemente è proprio buono lui. Poi per carità, varrà anche la questione del marketing, intendiamoci.
King è buono, per due motivi, è buono lui, e usa la bontà esasperata come rete di luce contro il buio, per citare Gandalf nel Lo Hobbit quando commenta che Saruman vuole solo prendere il Male a mazzate ma secondo lui basta essere sempre tutti buoni e il male nemmeno nasce.
Stephen King oramai dice che gli piace TUTTO, ma proprio tutto ciò che è tratto dai suoi libri. Qualche anno fa, quando ha dichiarato di apprezzare addirittura quella merda di The Dome, pensavo parlasse per avidità. Oggi credo ci sia una clausola nel contratto col quale cede i diritti, altrimenti non si spiega, dal momento che oramai ha assicurato una vita agiata a nche ai trisnipoti.
Questa è una di quelle volte in cui mi batto la spalla da solo per la mia fissa di non guardare (o per lo meno il meno possibile) trailer e materiale pubblicitario: il “plot twist” (il correttore del cellulare mi stava facendo scrivere plot trist… ormai li fanno troppo smart questi cosi) mi è quasi arrivato inalterato.
Dico quasi perché lo screentime di Gage era così basso da farci sospettare che ci fosse sotto qualcosa.
Con mia moglie, appassionata kinghiana, non appena capita la deriva “in vacca” di questo film (aka: la visione del morto profetizzante), abbiamo cercato un senso commentando il film scena per scena. Tanto in sala eravamo in 6 ben distanti.
Il commento che ha tenuto banco più a lungo è stato appunto il toto minor screentime vinto secondo noi a parimerito da Gage ed il bambolotto felino più kitsch della storia, solo perché l’altro grande contendente (il portavivande) è uscito presto dalla competizione: tra un po’ oltre ad un maggior screentime aveva anche un numero maggiore di battute, sentiti tutti quei sussurrini incomprensibili, scricchiolii e quant’altro.
Ultima nota: il grande amore ed attaccamento per il proprio gatto domestico… non pervenuto.
SPOILER (si fa per dire):
Nella seconda scena già se lo stavano dimenticando tutti in macchina… alla faccia :S
E’ che il vecchio “Pet Sematary” e’ figlio di un’epoca il cui massimo ruolo sociale previsto per l’horror era intrattenere in profonda seconda serata su Italia Uno. Ora, come per ogni cosa, si punta alla famiglie.
Se ci si pensa sono film fatti per genitori cresciuti col libro di King (capolavoro) e il film della Lambert (dignitosa B). Adulti che al piu’ presto vogliono poter condividere la stessa storia con i loro migliori e unici veri amici, i figli. Anzi neanche la visione, ma la semplice condivisione di “vedi, bambino mio, il tuo papa’ leggeva e guardava storie come questa”.
Forse ci troviamo davanti a un nuovo tipo di remake. La metafora iniziale della recensione e’ vera: sono ri-narrazioni (con tutto l’annacquamento che cio’ comporta) che piu’ che dire qualcosa di nuovo o diverso sulla stessa storia servono per poter dire “io c’ero, la prima volta che hanno raccontato questa storia”. Come i film Disney riproposti par-pari in live-action. O, ancora meglio, come il film sui Queen: il prolungamento di una vecchia passione, il poter dire “io c’ero” o “ci sarei potuto essere” quando la musica/il cinema erano cosi’ “e c’erano ancora le mezze stagioni”.
Interessante riflessione!
Interessante punto di vista davvero. L’ondata revival/sequel/remake effettivamente sembra rivolta più al pubblico di quaranta-cinquantenni nostalgici, come pure i prodotti alla Stranger Things, che sì, vengono chiaramente guardati anche dal pubblico di bambini e ragazzi che è per il 90% il fruitore di Netflix et similia, ma che possono far rimanere anche mamma e papà sul divano perché “guarda! sono vestiti come i Ghostbuster! Figata! Te li ricordi i Ghostbuster amore?”. E in effetti sembra andare in questa direzione pure l’alleggerimento generale del cinema horror, ossia film vagamente dell’orrore che può vedere tutta la famiglia. Comprensibile pure, pensando alle sale piene per It e al fatto che quando invece ho visto Hereditary e Ghostland eravamo forse in 10 persone sommando le due sale. Anzi 9, perché uno ero sempre io.
Alla fine deve essere per forza così, anche perché ad un ragazzo nato nel 2000 cosa stracazzo gliene può fregare delle citazioni alla cultura anni 80 e 90 o a remake di film di 30 anni fa? Penso a questo, ma anche a Poltergeist, a Robocop eccetera. Film rivolti quasi esclusivamente a chi conosceva già l’originale e troppo mosci per creare un nuovo cult attorno allo stesso materiale.
Io invece mi sono fatto un’idea un po’ diversa, purtroppo. Sì, c’è un effetto nostalgia molto palese, ma la motivazione per cui viene sfruttata in modo così smaccato è che ormai anche nell’horror si sta affermando l’assoluta avversione al rischio dei produttori. Rivelatosi da qualche anno come la vera gallina dalle uova d’oro del cinema, nel senso che costa poco e rende tanto, il genere horror sta cominciando a venire colonizzato da gente che ha fiutato il rinato interesse – anche autoriale – per “i mostri” e vuole soltanto fare cassetta garantita. E quale modo migliore che non assicurarsi fin da subito una bella fettona di pubblico che verrà in sala solo per poter fare il paragone con la vecchia pellicola e/o col libro?
Ma mica solo nell’horror i produttori non vogliono rischiare…
Ormai al Sig. King piace qualunque cosa tratta da una sua storia.Quelli del marketing lo trattano come un PR
Oddio… si potrebbe anche ipotizzare che Stephen King, con tutti gli indubbi meriti, non capisca una benemerita ceppa di cinema e apprezzi film sciacquetta senza che necessariamente siano tratti dai suoi scritti.
Voglio dire: nessuno è perfetto.
Stephen King ha scritto saggi di cinema in cui dimostra ampiamente che quando vuole ne capisce. Ma la chiave è “quando vuole”. E ormai non ricordo l’ultima volta che ha avuto voglia.
Madonna, mi ricordo ancora la scottatura che presi guardando “Frailty” solo per aver letto la frase di King messa in locandina. Un film talmente loffio che se lo cerchi sui 400calci non appare nessun risultato, neanche nominato per sbaglio in un’altra recensione.
A me Frailty, con Bill Paxton che fa il pazzo, era piaciuto!
Chiaramente non è calciata manco per sbaglio
@Nanni: ti riferisci a Danse Macabre? L’ho letto anni fa. Ricordo che era parecchio focalizzato sui film anni 50-60, materiale a me non troppo vicino, e che se la prendeva con Craven, anche se non ne ho capito bene il perché. Come mai non ti è piaciuto il finale di questa versione?
SPOLIER
A me ha fatto sorridere perché mi è parsa una presa per il culo dell’happy end familista “alla americana” (un po’ come ha fatto John Woo in Face/Off con quella ridicolissima luce messianica che avvolge Travolta quando torna a casa). Della serie: ok, volete la famiglia riunita? Ve la diamo, ma giusto “zombificandola” un secondo.
Sì, Danse Macabre per esempio.
SPOILER
Questo è un po’ il “finale negativo” standard. Sono tutti zombi, è andata di sfiga, morta lì. Il film originale si chiude sul marito ancora salvo che nonostante quanto abbia appena vissuto proprio non riesce a superare il lutto (argomento centrale della storia), non impara un cazzo e resuscita anche la moglie. Più potente e stronzo di così era difficile. Un finale negativo “volontario” che in quanto tale è molto meno rassicurante di quello “inevitabile”.
Chiarissimo.
SPOILER
Ho presente il finale del film del 1989, va di pari passo con quello del libro, anche se, vuoi per il trucco che non mi ha mai convinto, mi ha fatto sorridere la moglie col viso mezzo maciullato. Però lui che la sbaciucchia, con la mdp sbilenca, non è male. Piuttosto ricordo perfettamente il clima delirante che respiri quando leggi le pagine di lui che si ammazza di fatica per seppellire la moglie, dopo il figlio. Totalmente folle, ma incredibilmente tangibile, se posso dir così. Ecco, quello che è mancato al film 2019 è il “peso” delle azioni dei personaggi. A cominciare dallo scavare una cazzo di buca, per ore, di notte, con addosso il lutto che ti toglie il sonno. Ma questo è un altro discorso.
SPOILER SPOILER SPOILER
Concordo al 100%. Se possibile il finale del libro era ancora più stronzo di quello del film dell’89. Nel romanzo Louis, nonostante quello che è successo con Gage, decide di seppellire la moglie perché è convinto che essendo appena morta ritorni “normale”. Il libro si chiudeva con Rachel che rientrava a casa, appoggiava la mano sulla spalla di Louis e diceva:”Caro”… lasciando il lettore con il dubbio sulla fine della vicenda.
Il film dell’89 durava giusto 15 secondi in più, con i 2 che si abbracciavano, si baciavano, Rachel che brandiva un grosso coltello da cucina e si accingeva a pugnalare Louis…
Questo remake invece personalmente l’ho trovato totalmente fuori contesto, se in origine chi “tornava” era semplicemente malvagio, qui sembra che chi ritorna abbia come obiettivo la proliferazione della specie zombie… (oltretutto: bambina spatasciata dal rimorchio di un tir che non riporta alcun segno fisico a parte una palpebra leggerissimamete gonfia e delle graffette nascoste fra i capelli…e sulla strada nemmeno una goccia di sangue… D’accordo che anche Gage nell’originale ritornava tutto sommato normale, ma nei 30 anni trascorsi tra i 2 film mi aspettavo qualcosina di più a livello di trucco. Non che ami lo splatter, ma un minimo di credibilità…)
A parte questo, a mio avviso qui si è perso totalmente il focus del romanzo di King; quella che era una storia sulla perdita, sul lutto, su cosa saresti disposto a fare per poter riavere tuo figlio morto sembra sia diventato un banalissimo film sui non-morti…
Purtroppo sembra che in parecchi di questi remake si sia perso il vero significato dell’opera originale, IT ne è un esempio…
Vengo ora a conoscenza che il finale originariamente pensato era diverso rispetto a quello che si vede nel film. Non cambia di molto ma sarebbe stato più interessante.
https://ew.com/movies/2019/06/21/pet-sematary-alternate-ending/?utm_term=BB2D0274-9435-11E9-A93D-39DC984234C2&utm_medium=social&utm_campaign=entertainmentweekly_entertainmentweekly&utm_content=link&utm_source=facebook.com&fbclid=IwAR3xNUPWGTDFeNK1O4A76cBiHFax4z1IB3PqJKABWnozZEIK0dRP5TPqkpw&fbclid=IwAR2tAmNF0ONFuVtm1KY-MWDvsN2z5N1tmf3io3vI_eR5x9AJuSXhESpkEuU
quando fanno trailer, che sono in pratica tutto il film a velocità 120x non è mai un buon segno…
Team Stephen King apprezza per contratto.
Anyway tutto, ma proprio tutto, conferma i miei sospetti: (i) i target dei film sono masse di rinconglioniti e (ii) nessuno rischia nulla, tantomeno negli horror, che si sa mai che qualcuno ti faccia causa (generazione fiocchi di neve)
Confermo che starry eyes é una bombetta (c’é anche chi lo ha preso molto seriamente, tipo il cittadino vigilante :D)
King fa bene, e vorrei vedere. Quando fanno un film su un tuo libro, e tu sei d’accordo, è chiaro che in cuor tuo spererai sempre nel risultato migliore possibile. Ma se così non è, fatta salva la buona fede di tutti, la cosa più sensata è fare buon viso a cattivo gioco, e al più provare a impegnarsi per un risultato migliore al giro successivo. Mi sa che è proprio perché ci ha provato, anche sbattendoci il muso in prima persona, che oggi ha un’attitudine così rilassata.
Ah, comunque la botta didascalica “cimitero degli animali è scritto sbagliato” c’era anche nel primo film. Che ho rivisto di recente con piacere, al netto di un protagonista tonno insuperabile e di una prima parte un po’ così. Quando ingrana, lo fa non provando a farti saltare sulla sedia con moltiplicando i jump scare, ma “semplicemente” assecondando il tono macabro del romanzo. Abituati come siamo al linguaggio degli horror mainstream odierni, sembra quasi una scelta coraggiosa.
Oddio, Stephen King è anche il responsabile di quella cagata mostruosa della miniserie tratta da Shining, che se fino a un certo punto rimane anche fedele al libro, nel finale svacca completamente, andando a finire in una melassa talmente zuccherosa da ammazzare un diabetico.
non l’ho visto e la rece conferma la bontà della scelta suffragata a suo tempo dal trailer e dalla presenza di jason clarke (e cioè una specie di joel edgerton MA ancora più anonimo e che ha infilato il filotto terminator brutto + winchester: il film che ha trascinato in scioltezza nel baratro nonostante interpretasse un medico gravato da debiti per la sua spregiudicata condotta sessuale e quindi meritevole di stima, armi, morti accisi dalle armi, poltergeist e architettura estrosa. Se ha fatto fallire un film così, figurarsi quello con un gatto e una bambina. È chiaro indice di sfiga cinematografica)
ah dimenticavo, era pure in Everest. Jason Clarke garanzia
Ma doctor sleep è bello? So che se ne occuperà Flanagan e dopo Hill house la cosa mi gasa parecchio
Maestro Cobretti sei sempre il recensore migliore…
Ma stavolta la parte col Wendigo l’hanno messa? Era il pezzo più horror del libro, e mi ricordo che mi cagai sotto parecchio.
…ne fanno un accenno talmente breve e buttato lì per caso che potevano farne a meno.
De La torre nera King disse che gli era piaciuto perche ne avevano preso lo spirito dei libri. Dovunque l hanno demolito, io lettore della serie ho paura a guararlo x la troppa delusione dopo tante promesse
A me il film della torre nera era piaciuto: mi aveva trasmesso compiutamente (senza bisogno di sbandierarlo) che fosse una delle tante iterazioni della loro storia.
Poi i cambiamenti ad alcuni possono non piacere, mentre per me sono stati essenziali e necessari.
Ecco questo pet semetery invece in confronto è “na merda” ^_^”
Se è piaciuto a King bisogna starne alla larga! X–D
Oppure lo hanno pagato molto per dire che gli è piaciuto…
Sia la recensione che i commenti sono molto interessanti, c’è parecchia carne al fuoco e spunti di discussione.
Partendo dal rapporto complicato di King con le trasposizioni dei suoi lavori, credo che bisogna risalire a Shining. Pochi ricordano che (credo negli a fine anni ’90, o inizio 2000) King volle una miniserie TV che fosse più fedele al suo materiale rispetto al film di Kubrick.
Poi sono parecchio interessanti sia il discorso di Tommaso sul continuo riciclo di idee e personaggi vecchi destinati ad un pubblico sempre più avanti con gli anni sia quello di Nanni sull’horror moderno che non riesce ad essere più “cattivo”.
Chissà, il nuovo film di Pupi Avati secondo me ha le carte per essere una sorpresa. E il vecchio Pupi quando voleva sapeva essere cattivo eccome
A me il film della torre nera era piaciuto: mi aveva trasmesso compiutamente (senza bisogno di sbandierarlo) che fosse una delle tante iterazioni della loro storia.
Poi i cambiamenti ad alcuni possono non piacere, mentre per me sono stati essenziali e necessari.
Ecco questo pet semetery invece in confronto è “na merda” ^_^”
Scusate, mi ha pubblicato 2 volte il commento…
Visto ieri. L’aspetto che più mi ha colpito è la totale assenza di tempo. Sebbene il film duri 1 ora e 40 scarsa non c’è un momento in cui i personaggi agiscano dopo aver avuto il tempo per rendere credibili le decisioni che hanno preso. Ogni snodo narrativo si sussegue per accumulazione, nel senso più letterale di “mettere insieme” del materiale narrativo. Ho un ricordo nitidissimo delle decine di pagine spese per raccontare il lutto per la perdita di Cage, soprattutto da parte di Rachel, così da rendere credibile il riesumarlo. Qui la madre si fa un mezzo pianto, e poi via, come niente fosse. Lithgow sprecato come non mai. Però ho molto apprezzato il finale. Ecco, durasse gli ultimi 10 minuti sarebbe un buon film. E’ stupefacente come del materiale “di serie B” nelle mani di King diventi “di serie A” (almeno in questo caso), mentre al cinema non riesca ad emanciparsi. Almeno il film del 1989 aveva una bella spietatezza nel bambino-killer. Mah.
scusate ma, anche in una rece come questa, “aldilà” invece di “al di là” non si può proprio leggere.
La cosa non cui mi trovo più d’accordo è chi dice che avviene molto tutto troppo in fretta.
Ma secondo me la tensione c’è, e la scena delle paludi, con quel luogo terrificante, mi è piaciuta tantissimo.
Complessivamente, secondo me non è per niente un brutto horror, e sarò sincero, l’idea di non voler rischiare… non sempre porta a brutte cose.
Esempione? Parliamo di un film che non mi ha fatto impazzire. Sì, esistono pure film che non amo/difendo, eppure un ospite di tutto rispetto poco più su lo citava come bel film, quindi forse verrò calciato 400 volte pure io, nel culo.
Ghostland. L’ho trovato astuto come plot, inconcludente come emozioni. Un film dell’orrore non deve per forza essere Martyrs (che mi ha emozionato per la cattiveria ma è vuotino, e si salva solo alla fine con il supermegaultra finalone) o “anti-mainstream” per essere bello.
A volte una persona vuole solo veder narrata una storia paurosa.